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Genocidio dei Rohingya, l'Onu: “Non dimenticate la persecuzione degli islamici”

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La missione indipendente dell’Onu, che indaga sul massacro della minoranza musulmana ai danni del governo militare del paese buddista, accusa il Myanmar: “non previene il massacro né indaga sul genocidio avvenuto”. Con il reportage di Gaston Zama siamo stati nei campi profughi del Bangladesh, tra i bambini sfuggiti al massacro dei propri genitori

Lo sterminio dei Rohingya continua: l’Onu lancia l’allarme, con parole durissime, nel rapporto della “Missione indipendente di accertamento dei fatti sul Myanmar”. Che va giù pesantissima nei confronti della giunta militare al potere nel paese asiatico, l’ex Birmania: "Il Myanmar non sta rispettando l'obbligo di prevenire il genocidio, di indagare sul genocidio e di attuare una legislazione efficace che criminalizzi e punisca il genocidio".

Un atto d’accusa, quello di Marzuki Darusman, presidente della missione, che vuole spingere il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a deferire il Paese asiatico al Tribunale penale internazionale dell’Aja, o addirittura a promuovere un tribunale ad hoc, come già avvenuto per il genocidio del Ruanda.

Minoranza musulmana ospitata in un paese storicamente buddista, in particolare nell’area dello stato di Rakhine, al confine con il Bangladesh, i Rohingya sono parte della popolazione birmana da oltre 1000 anni. Una tradizione che tuttavia non li ha preservati, nei secoli, da discriminazioni e vere e proprie campagne di violenza. Come quella del 2017, che ha colpito una popolazione di 800mila persone, costringendone oltre 720mila all’esilio forzato nel vicino Bangladesh. Un esilio che però non è riuscito agli almeno 7.000 uomini, donne e bambini che avrebbero trovato la morte sotto ai colpi dell’esercito birmano e degli estremisti buddisti. E queste stime purtroppo sono aggiornate molto per difetto.

Tutto questo nella terra di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace nel 1991, che in un’occasione pubblica aveva parlato dell’emergenza Rohingya difendendo la giunta militare e spiegando che le forze di sicurezza stavano prendendo ogni misura necessarie per non colpire i “civili innocenti” e per evitare “danni collaterali”.

Una dichiarazione inaccettabile, che aveva portato l’Onu a scagliarsi proprio contro il Premio Nobel, per non aver usato in alcun modo la sua posizione “di capo del governo de facto, né la sua autorità morale, per contrastare o impedire gli eventi nello stato di Rakhine”. 

Noi Le Iene vi hanno raccontato l’emergenza dei Rohingya nel reportage di Gaston Zama, che potete vedere qui sopra. Siamo stati accompagnati da Suor Cristina, resa famosa dal talent tv The Voice, nei campi profughi in Bangladesh, dove i Rohingya si sono stipati per sfuggire alle persecuzioni.

“Ci stavano bruciando le case e siamo scappati qui”, racconta un bambino nei campi profughi. “Sparavano, bruciavano tutto e ci picchiavano”, ricordano altri piccoli. “Siamo venuti via per le atrocità dei buddisti, ci uccidevano, e non eravamo liberi”, racconta un altro Rohingya.

Save the Children in un suo rapporto parla di “circa 500.000 bambini Rohingya in Bangladesh, molti sono fuggiti da soli dopo che i loro genitori sono stati uccisi o dopo essere stati separati dalle loro famiglie”.  

 “Questi bambini sono tra i più vulnerabili del pianeta” ha spiegato il direttore della sede del Bangladesh dell’ong, “e hanno dovuto ricostruirsi in qualche modo un’esistenza completamente nuova nei campi, senza la madre o il padre”. 

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