Lite con i Ferragnez sulla raccolta fondi, il Codacons: “Quereliamo Fedez e i follower che ci minacciano”
Dopo aver ascoltato le parole della piattaforma Gofundme e quelle di Fedez, Iene.it ha parlato con il presidente del Codacons Carlo Rienzi: “Niente da dire sulle donazioni agli ospedali, ma chiediamo che queste campagne vengano fatte con trasparenza e con il controllo delle autorità pubbliche”
La querelle tra il Codacons e la raccolta fondi sponsorizzata dai Ferragnez su Gofundme a favore del San Raffaele di Milano (e che ha permesso di attivare una nuova sezione di terapia intensiva dove si curano i malati di coronavirus) continua a tenere banco: noi di Iene.it vi abbiamo raccontato cosa è successo negli ultimi giorni a colpi di tweet e stories su Instagram, come potete vedere nel video qui sopra. Abbiamo anche intervistato Elisa Finocchiaro, manager del sud Europa di Gofundme, che ci ha spiegato la loro posizione sul tema.
Per capire meglio cosa abbia spinto il Codacons ad agire così, e anche a seguito di una loro richiesta di precisazioni al nostro lavoro, abbiamo chiesto un’intervista al loro presidente Carlo Rienzi: “Ho visto il vostro pezzo, vi posso dire che vi abbiamo fatto una querela”, esordisce. Probabilmente esistono modi più tranquilli di iniziare una conversazione, ma noi abbiamo un solo obiettivo: raccogliere la voce di tutte le parti coinvolte in questa diatriba social e che minaccia di spostarsi velocemente in tribunale. E dopo aver accettato l’intervista, ecco che cosa ci ha detto.
Cosa è successo in questi giorni tra voi, i Ferragnez e Gofundme?
“Tra noi, Fedez e Chiara Ferragni non è successo niente. E’ 8 anni che ci occupiamo delle donazioni quando ci sono disastri come questo, e abbiamo ottenuto anche risultati importanti. Ogni volta che succede qualcosa del genere noi facciamo un elenco delle raccolte fondi in corso e scriviamo a tutti quanti per avere la dimostrazione di dove sono andati a finire quei soldi. Vogliamo informare i donatori che i loro soldi sono stati usati in modo corretto. Se non succede, la generosità si ferma”.
Quindi voi non volevate attaccarli? Volevate solo verificare la raccolta fondi?
“Ci hanno segnalato che quando si donava alla colletta da loro organizzata la piattaforma si teneva il 10%. Allora abbiamo fatto un esposto all’Antitrust, noi questo facciamo: l’Antritust ha fatto un provvedimento cautelare di sospensiva immediata, una cosa importantissima. L’autorità ha scritto che non si può fare questa cosa e ha dato un giudizio molto negativo. Sul fondo ovviamente, non su Fedez o la Ferragni. Noi abbiamo fatto una diffida per far togliere quel 10% e loro lo hanno tolto immediatamente. Un grande risultato di cui noi siamo felicissimi. Fedez e Ferragni forse dovevano avere un po’ più attenzione”.
Qui è necessario però fare una precisione: Fedez aveva già chiarito di aver chiesto e ottenuto alla piattaforma di devolvere la cifra agli ospedali impegnati nella lotta al coronavirus.
Ma cos’è successo quindi tra di voi?
“Probabilmente quando abbiamo scoperto questa cosa loro si sono risentiti e hanno cercato di inventarsi una serie di bufale per andarci contro. Solo che c’è un problema: siccome loro hanno tantissimi follower, quando lui ha aizzato contro tutte quelle persone ci sono arrivate cose come ‘devi morire’, ‘Codacons deve morire’. Naturalmente le abbiamo raccolte e dovremo procedere. Poverini dovranno andare a pagare l’avvocato perché saranno denunciati uno per uno”.
Comunque voi non ce l’avevate con la raccolta fondi in sé, ma su come veniva gestita dalla piattaforma?
“Abbiamo scritto anche al ministero e alla Protezione civile dicendo che devono controllare queste raccolte, se possibile potrebbero anche farle confluire sui loro conti correnti con l’impegno poi a darli per il motivo per cui sono stati donati”.
Quindi voi avete chiesto di bloccare le raccolte fondi?
“No. Abbiamo chiesto di controllare là dove non c’è trasparenza per evitare che i soldi vengano rubati. Serve un controllo pubblico che ora non c’è: il privato con fini di lucro fa il suo mestiere ma deve farlo con trasparenza”.
Quella raccolta fondi però ha destinato al San Raffaele oltre 4 milioni di euro e permesso di aprire tanti posti in terapia intensiva…
“Tutte le raccolte fonde per generosità consentono cose meravigliose, ma noi non ci occupiamo di questo. Ci occupiamo di tutelare il cittadino donatore, è il nostro dovere statutario. Ovviamente ben venga la generosità”.
Però anche voi chiedevate donazioni al Codacons per aiutarvi nella lotta al coronavirus
“E’ vero, è verissimo. Abbiamo spiegato che, come sempre facciamo in queste occasioni, facciamo delle azioni in queste situazioni che trovate sul nostro sito”.
Può farci qualche esempio?
“Abbiamo fatto mettere in sperimentazione il farmaco antiartrite, una cosa importantissima: abbiamo fatto una diffida all’Aifa e al ministero della Salute, una delle cose che costa e per cui chiediamo donazioni, e subito l’Agenzia ha fatto mettere in sperimentazione quel farmaco. Poi abbiamo denunciato a 104 procure gli aumenti ingiustificati dei prezzi dell’agroalimentare in questo periodo. Monitoriamo su tutto il territorio nazionale cosa sta accadendo. E poi abbiamo fatto anche quattro esposti per costringere la Protezione civile a dare il numero dei morti in casa per il coronavirus, una cosa complicatissima: loro non lo vogliono dare. Per fare queste cose chiediamo le donazioni.”.
Ma quanto avete raccolto con quell’ormai famoso banner?
“Praticamente niente, pochissimo. Nell’ordine di qualche centinaio di euro. A noi non donano, pensano sia più utile dare i soldi per comprare un ventilatore all’ospedale che per fare una diffida all’Aifa. Noi questo lo capiamo, siamo comprensivi. Infatti abbiamo lanciato una promozione per iscriversi al Codacons a 2€ anziché a 50: sono gli iscritti la nostra fonte di entrate. Noi abbiamo chiesto nel nostro appello di destinarci il 5x1000, speriamo che ci sia una massa di nuove iscrizioni”.
E perché dopo le polemiche il banner è stato sostituito?
“Non abbiamo sostituito il banner, visto che non si è capito cosa abbiamo fatto abbiamo deciso di aggiungere l’elenco delle cose fatte”.
Sul vostro sito però il banner non appare più
“Adesso si trova l’appello alle iscrizioni. Noi ribadiamo che le donazioni che purtroppo non sono arrivate servivano a stare al fianco dei cittadini nella lotta al coronavirus, di questo siamo fieri. Ci hanno detto di essere pragmatici e comprare le mascherine, ma come abbiamo spiegato noi non ci occupiamo di quello: trovate l’elenco delle cose fatte sul nostro sito”.
Sulla questione del banner è intervenuto anche il sottosegretario Sibilia, che ha detto di averla riferita alla polizia di Stato…
“E pure lui si è beccato una querela, visto che ha scritto come sottosegretario a favore di un soggetto privato. E’ un abuso d’ufficio. Infatti poi ha scritto una correzione dicendo di averlo fatto come privato cittadino. Lo hanno sfruttato, è uscito sui giornali: fanno danno, ma tutto sommato per noi è stata una grande visibilità”.
Su dove stia la ragione in questa querelle, lasciamo a voi il giudizio.