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Coronavirus: “I dati non sono ancora pubblici, ma ora le informazioni arrivano dai whistleblower” | VIDEO

“Il presidente Conte quasi un mese fa ha detto che il governo avrebbe condiviso i dati sull’epidemia di coronavirus con gli scienziati, ma a oggi non ce n’è traccia”: Marco Cappato, leader dell’associazione Luca Coscioni, racconta a Iene.it cosa sembra essersi inceppato nella condivisione delle informazioni: “Stiamo ricevendo dati dai whistleblower su CovidLeaks”

“Conte ha detto quasi un mese fa che il governo avrebbe condiviso i dati sull’epidemia di coronavirus con la comunità scientifica. A oggi non ce n’è traccia, mentre i whistleblower ci stanno inviando informazioni su CovidLeaks”. Informazioni mai rivelate prima e che adesso si sta studiando come divulgare al pubblico. A dirlo a Iene.it è Marco Cappato, leader dell’associazione Luca Coscioni. “Tutti i dati sul coronavirus devono essere pubblici, è fondamentale per decidere come muoversi e per valutare le decisioni del governo”, ricorda. 

Il tema è al centro del dibattito da tempo, come vi abbiamo raccontato nel servizio di Giulia Innocenzi: la comunità scientifica chiede al governo che i dati epidemiologici siano pubblici. È sulla base di questi, categorizzati in 21 indicatori, come la percentuale di tamponi positivi e i ricoveri in ospedale, che l’Italia è stata divisa in regioni gialle, arancioni e rosse. E sulla base dei colori, che segnano il diverso tipo di allarme, si decidono le chiusure di ristoranti, bar e attività commerciali. I dati vengono raccolti dalle Regioni, che poi li trasmettono all’Istituto superiore di sanità.

Dopo l’annuncio del premier Conte, il governo ha stipulato l’11 novembre un accordo con l’accademia dei Lincei per condividere i dati della pandemia. “In realtà nulla è accaduto, non si sa nulla”, ci racconta Cappato: “A ora non è uscito nulla, e l’accordo prevede discrezionalità dell’Iss nel condividere dati e una clausola di riservatezza. Per carità, meglio che niente, ma non c’è un motivo al mondo per non condividere questi dati con tutti gli scienziati e ricercatori. Questa paura di liberare le informazioni è sfiducia nella scienza e nel metodo scientifico”.

Un problema, quello della condivisione dei dati, sollevato anche dal presidente dei Lincei Giorgio Parisi pochi giorni fa su Domani: “La situazione è molto semplice: noi abbiamo fatto due settimane fa l’accordo, ma a oggi non ci sono state ancora comunicate le modalità con cui ci passeranno i dati”, ha detto al quotidiano.

Ma qual è il problema nella diffusione dei numeri della pandemia? “I dati oggi vengono raccolti dalle regioni che li inviano all’Iss che poi pubblica quello che decide di pubblicare”, ci spiega Marco Cappato. “I numeri principali che vengono comunicati a livello provinciale sono i contagi, i ricoverati in terapia intensiva e i decessi. Questi dati sono aggregati e non in formato aperto. Per esempio noi sappiamo il numero totale dei ricoverati in terapia intensiva, ma non i flussi: quanti pazienti escono ed entrano ogni giorno, non sappiamo le dinamiche del contagio e gli scienziati non possono analizzarli”.

“E’ dall’inizio della pandemia che organizzazioni come la Società italiana di statistica chiede al governo di aprire tutti questi dati”, continua Cappato, “perché sono preziosi per condurre studi indipendenti. Per esempio, si potrebbero correlare con l’inquinamento di una determinata area, o con l’affollamento dei mezzi pubblici, anche su piccoli comuni. Oggi questo non è possibile, e significa impedire alla comunità scientifica di analizzarli”.

Per ovviare al problema l’associazione Luca Coscioni ha lanciato una “piattaforma di segnalazioni anonime con il progetto GlobalLeaks, CovidLeaks. Qualsiasi dirigente sanitario, operatore dell’Asl, chiunque lavori con questi dati ha così la possibilità di inviarceli mantenendo il totale anonimato. Sono dati fondamentali per dare ai ricercatori la possibilità di studiare e capire questa pandemia”.

“Ne abbiamo già ricevuti dalla Lombardia e dalla Toscana”, ci racconta Cappato. “In particolare da una di queste segnalazioni risulta come il sistema di tracciamento sia saltato. Informazioni suffragate da comunicazioni in cui si certifica il fatto che tracciamento dei contatti dei positivi sia finito in difficoltà”. Ma non solo: “Le informazioni finora ricevute danno uno spaccato molto più preciso della situazione, come le comorbilità dei pazienti e i dati registrati comune per comune”. Insomma, quello che servirebbe a molti ricercatori. E soprattutto, informazioni che non sono mai uscite prima e che Cappato sta valutando come divulgare al pubblico.

Qual è per i singoli cittadini l’importanza di tutto questo? “Questi dati sono fondamentali sia per decidere con più precisione le misure di contenimento della pandemia, sia per valutare l’efficacia di quelle prese e le decisioni del governo”, spiega Cappato. 

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