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Coronavirus, 39 medici morti. Il più giovane aveva 49 anni

“Non ci fanno i tamponi se non dopo aver manifestato sintomi gravi”, ha denunciato a Iene.it un medico in prima linea contro il coronavirus. Eroi moderni, che fino ad oggi piangono 39 colleghi. Il più giovane, un odontoiatra, aveva solo 49 anni

Continuano a morire, per cercare di salvare altre vite. È salito a 39 il bilancio dei medici italiani deceduti dopo avere contratto, sul lavoro, il COVID-19. 

Sono medici di famiglia e ospedalieri, infettivologi, odontoiatri e sanitari in pensione, che si sono offerti di tornare in servizio per dare una mano nell’emergenza.

Gli ultimi decessi riguardano 3 medici del bergamasco, a cui si aggiungono gli altri 34 deceduti negli ultimi giorni, soprattutto medici di famiglia, categoria che comprende oltre il 50% delle vittime tra i sanitari. Tra chi ci ha lasciato poco fa anche Vincenza Amato, responsabile Igiene e Sanità del Dipartimento di prevenzione sanitaria a Bergamo.

Il primo a cadere è stato Roberto Stella, 68 anni, presidente dell’ordine dei Medici di Varese, mentre il più giovane a perdere la vita è stato Ivano Garzena, 48 anni, dentista.

L’Istituto superiore di sanità, come vi abbiamo raccontato ieri in questo articolo, ha calcolato in 5.800 i professionisti sanitari contagiati, oltre l’8% del totale degli ammalati italiani.

Quello dei sanitari è un grido d’allarme per le difficili condizioni di lavoro, come ci racconta un medico intervistato da Iene.it: “Se non hai sintomi evidenti, il tampone non te lo fanno. C’è stato un infermiere al pronto soccorso che ha avuto la polmonite da coronavirus, nessuno dei suoi colleghi ha ricevuto il tampone. E lo stesso è successo a me: ho fatto il turno la mattina, ho sviluppato i sintomi e ho fatto il test nel pomeriggio. A nessuno dei colleghi che ha lavorato con me quel giorno è stato fatto il tampone. I miei colleghi continuano a infettarsi – ha spiegato il medico - perché non si fanno i tamponi a tappeto. Li riceviamo solo se stiamo male”.

Un allarme confermato anche da Filippo Anelli, presidente della Federazione dei medici chirurghi e odontoiatri, secondo il quale l’indicazione di effettuare i tamponi al personale sanitario in prima linea non viene rispettato se non da pochissime regioni, come il Veneto. Fra i trentasei medici italiani morti finora, ma forse sarà solo un caso, nessuno operava in Veneto.

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