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Il coronavirus, il movimento delle “Sartine” e le mascherine donate alla comunità | VIDEO

“Mio padre è morto per il coronaviurs, i medici che sono intervenuti non avevano le mascherine. Tutto è nato da lì”. Andrea Padovan è un imprenditore bolognese che si è messo in gioco per donare mascherine a tutti coloro che ne avevano bisogno: “Ma il merito è delle sarte che si sono impegnate a farle”, racconta a Iene.it. Ecco la sua storia

“Il merito è tutto delle meravigliose sarte che si sono messe a disposizione per realizzare le mascherine da donare”. E’ questa la cosa a cui tiene più di tutte Andrea Padovan, imprenditore bolognese. Da qualche settimana Andrea, insieme a un centinaio di sarte, è impegnato in prima linea per realizzare e donare mascherine a tutti coloro che ne hanno bisogno: istituzioni, forze dell’ordine e sanitarie, cittadini in difficoltà. “Le sarte hanno sacrificato tempo ed energie alle loro vite, sono persone meravigliose che hanno aderito a un appello. E insieme a loro tutti quelli che ci aiutano con la distribuzione”.

Andrea Padovan è, insieme alla moglie, titolare della Sartoria San Lazzaro a Bologna. Un imprenditore che grazie al sostegno di tante e tanti lavoratori ha messo in piedi una grande macchina solidale in un periodo così difficile: “Ma non ho dovuto organizzare niente, è stato tutto spontaneo”, racconta a Iene.it. Il movimento delle “Sartine” in queste settimane di coronavirus ha donato oltre 50mila mascherine nella zona del bolognese. E tante altre vengono ancora consegnate in questi giorni.

Un grandissimo gesto di solidarietà, iniziato purtroppo da una tragedia personale: “E’ nato tutto perché è morto mio padre per il coronavirus. Non lo hanno ricoverato perché non c’era posto in ospedale, se n’è andato in casa il 5 marzo. Quando sono venuti i medici dell’ambulanza, erano tutti senza mascherine. Erano introvabili. Dopo qualche giorno ho fatto fare un centinaio di mascherine alle mie sarte e le ho donate alla croce rossa di Pianoro, dove abito, in memoria di mio padre”.

E da questo bellissimo gesto di solidarietà verso tutti coloro che sono impegnati nella lotta al coronavirus, nasce una vera e propria valanga: “Dal giorno dopo è scoppiato un casino. Mi chiamavano i carabinieri, la polizia, tutti, per dirmi che non avevano mascherine. Io avevo le sarte a casa e quindi ne ho fatto fare loro mille e le ho donate”. Da qui si è innescato un meccanismo per cui tantissime persone e istituzioni hanno iniziato a rivolgersi ad Andrea e alle “Sartine”. 

Nel frattempo, siamo verso la fine di marzo, iniziano a scoppiare gli scandali sulla mancanza di dispositivi di protezione. “A questo punto ho scritto su Facebook: sapete che c’è? Le faccio io”, ci racconta Andrea. “Mi sono messo a cercare delle sarte disponibili a lavorare da casa, io mettevo i materiali e così potevamo produrre le mascherine chirurgiche da offrire a ospedali, polizia, vigili del fuoco e quant’altro”.

Nasce così il “movimento delle Sartine”, ironico riferimento alle Sardine. Un centinaio di sarte si sono messe a disposizione per realizzare e offrire le mascherine: “Abbiamo già donato più di cinquantamila mascherine a chi ne aveva bisogno. E stiamo ancora continuando, anche se per fortuna adesso l’emergenza sui dispositivi di protezione sta rientrando”. Adesso la nuova sfida è quella di produrre mascherine per bambini: “Da lunedì iniziamo la distribuzione gratuita per tutte le istituzioni ed enti che hanno a che fare con i più piccoli”.

“Abbiamo ancora diverse migliaia di mascherine che stiamo donando in questi giorni a varie istituzioni: vigili del fuoco, polizia, all’Usl di Bologna”, ci racconta ancora Andrea. Nel frattempo una parte della sua azienda si è riconvertita a produrre mascherine con certificato dell’isa, questa volta destinate alla vendita: “Ma potete anche non parlarne, non mi interessa. Non è per questo che lo facciamo”, ci dice. “Vorrei solo che fosse riconosciuto il grande impegno di tutte le sarte coinvolte”.

Una bellissima storia di solidarietà e aiuto, nata da una tragedia, in un periodo in cui purtroppo sono molte le cose che sembrano non tornare nella raccolta e distribuzione dei dispositivi di protezione. “E’ il miglior modo per ricordare mio padre”.

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