Il coronavirus e i tamponi venduti agli Usa: perché l'Italia non fa come Francia e Germania?
Mezzo milione di tamponi per il coronavirus è partito da un’azienda di Brescia, una delle zone più colpite dalla pandemia, verso gli Stati Uniti. “Tutto in regola”, assicura l’azienda. Ma perché gli altri Paesi proteggono e trattengono il materiale medico realizzato da loro mentre l’Italia no?
Mezzo milione. E’ questo l’enorme numero di tamponi che una società con sede a Brescia ha venduto agli Stati Uniti, sia a committenti pubblici che privati. Tamponi volati dall’Italia a bordo di un aereo militare. Tamponi che sono stati prodotti in una delle zone d’Italia più martoriate dal coronavirus e che adesso saranno utilizzati per i i bisogni di un’altra nazione. L’azienda ha detto a Repubblica: “Tutto è avvenuto alla luce del sole. Non dovevamo avvertire le autorità italiane: sono prodotti in libera vendita. In Italia non c’è carenza di tamponi”. E noi ovviamente non mettiamo in dubbio che sia stato fatto tutto secondo le regole: è il comportamento del nostro Paese a generare stupore.
Fa strano vedere che, mentre un’azienda italiana vende tamponi all’estero, ai nostri medici e infermieri impegnati in prima linea questi tamponi non vengono proprio fatti. "Trovo inaccettabile che a medici, personale sanitario e medici di base non venga fatto il tampone”, ha detto appena l’altro ieri il sindaco di Milano Beppe Sala. Già, perché per il personale ospedaliero valgono le stesse regole che per gli altri cittadini: tampone solo in presenza di forte sintomatologia. E così un medico potrebbe trasformarsi in un untore a sua insaputa, tanto più vista la cronica difficoltà a reperire il materiale sanitario necessario per proteggersi. L’azienda che ha esportato quei tamponi però chiarisce un punto: “Il grosso problema in Italia è la capacità dei laboratori nell’eseguire la quantità di esami necessaria attualmente”. Quale che sia la necessità in questo momento, viene però da chiedersi: perché in un momento simile l’Italia non si difende e trattiene qui il materiale medico tanto necessario?
La domanda sorge spontanea in un momento in cui altri Paesi - alcuni molto vicini a noi - si stanno comportando in modo differente sul materiale sanitario così importante in questa pandemia. E’ per esempio il caso della Francia: già il 3 marzo, quando sotto la Torre Eiffel si contavano solo 200 contagiati, il presidente Macron aveva annunciato di aver requisito tutte le aziende produttrici di mascherine protettive del Paese e tutte le scorte per “distribuirle agli operatori sanitari e ai francesi colpiti dal coronavirus”.
Già, perché le mascherine sono dispositivi fondamentali per arginare la pandemia, in particolare per i medici e infermieri in prima linea in questa lotta contro il coronavirus: in Italia il fabbisogno di mascherine è attualmente di 90 milioni di pezzi al mese, e per adesso ne sono state consegnate appena 5 milioni. Ve lo abbiamo raccontato qui. E questo è accaduto anche perché altri Paesi si sono protetti in tutti i modi, a volte sequestrando materiale sanitario acquistato dall’Italia. “India, Romania e Russia erano mercati nei quali i fornitori avevano recuperato mascherine Fpp2 e Fpp3 ma poi hanno chiuso all'esportazione”, ha spiegato il commissario Angelo Borrelli.
E c’è ancora un altro caso, molto noto, di Paese che ha fatto di tutto per proteggere il proprio materiale sanitario: la Germania, dove ha sede la società farmaceutica CureVac. La CureVac ha annunciato di essere vicina allo sviluppo di un vaccino per il coronavirus, e gli Stati Uniti - in modo simile a quanto accaduto da noi - hanno provato a impossessarsi della compagnia. Un’offerta shock, sembra un miliardo di dollari, per acquistare in esclusiva il diritto di sviluppare e commercializzare il vaccino. Ma la Germania si è messa di traverso e ha bloccato l’operazione: “Non possiamo consentire ad altri di acquisire in esclusiva i risultati di un lavoro di ricercatori tedeschi”, ha detto il ministro degli Esteri di Berlino.
Una posizione chiara: il frutto del lavoro dei tedeschi, come degli altri Paesi che abbiamo citato prima, resta qui. Perché lo stesso non è accaduto in Italia? Perché mezzo milione di test per il Covid-19 prodotti a Brescia, tra le zone più colpite del nostro Paese e dove c’è un enorme bisogno, è stato lasciato partire senza colpo ferire verso gli Usa? "Gli Stati Uniti continueranno ad acquistare questi tamponi da aziende italiane secondo le proprie necessità”, ha detto l’ambasciatore americano a Roma. “Gli Stati Uniti e l'Italia continuano a lavorare insieme in strettissima collaborazione". Speriamo che questa collaborazione non rischi di mettere a repentaglio qualche vita.