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News | di Matteo Gamba |

“Rispetto Davide ma io, malata di sclerosi multipla, sono contro il suicidio assistito”

“Anch’io ho scelto: di accettare la mia esistenza per quella che è, in mezzo a questi dolori pazzeschi” ci dice Cinzia Occhino al telefono. Malata di sclerosi multipla come Davide Trentini ci ha contattato dopo il servizio di martedì scorso di Giulio Golia sul fine vita e sulla decisione di Davide di andare a morire in Svizzera 

“Ho pianto guardando il dolore di Davide, ho il massimo rispetto per lui ma non sono d’accordo con il suicidio assistito”. Cinzia Occhino, malata di sclerosi multipla come Davide Trentini, ci ha contattato dopo il nostro servizio di martedì scorso 16 giugno che potete rivedere qui sopra. Giulia Golia ci aveva raccontato e mostrato con il suo ultimo video la decisione di Davide Trentini di andare a morire in Svizzera. Nel rispetto delle idee di tutti ospitiamo l’opinione e la scelta diverse di Cinzia.

“Dopo quel servizio mio nipote ha chiesto alla mamma: ‘Ma è la stessa malattia della zia?’, mia sorella gli ha mentito. Quando l’ho saputo ho deciso in di contattarvi per offrire un contraltare: la mia visione. che è quella di tanti altri malati”, ci dice al telefono Cinzia Occhino. Siciliana, 46 anni, soffre di sclerosi multipla “ufficialmente” da 16 anni ma convive con questa malattia, con i primi disturbi, fin da quando aveva 8 anni. Ci parla accompagnata ogni tanto dall’abbaiare del suo Pippo: “È un cane vecchio, l’ho preso perché l’avevano abbandonato, non lo voleva nessuno”.

Perché non condivide la scelta di Davide?
“Io sono contro ogni accanimento terapeutico ma contraria al suicidio assistito perché non siamo noi che possiamo decidere sulla nostra vita. È la vita stessa che deve farlo o Dio. Ma, anche senza porre la questione dal punto di vista religioso, secondo me c’è un altro aspetto fondamentale”.

Quale?
“La sclerosi multipla non è per forza mortale anche se si soffre continuamente e in maniera terribile, con quei dolori che trafiggono come lame che raccontava il povero Davide. È accompagnata anche da disfunzioni cognitive e da depressione con tendenze al suicidio che non vanno assecondate. Non dobbiamo ‘armare la mano’ di chi ha queste tendenze. O pensiamo di allargare questo ‘diritto a morire’ in futuro anche a chi soffre primariamente di disturbi psichici? Io di certo non lo vorrei mai. E in tutto questo le colpe sono anche della società”.

Perché?
“Perché i malati vengono lasciati soli nel dolore e nella depressione con un’assistenza che spesso li dimentica assieme ai familiari e che non copre tutto nemmeno finanziariamente. Quando invece bisognerebbe fare rete attorno a chi soffre. Questa società sta stabilendo dei parametri di vita standard: se non sei all’altezza delle tue aspettative o di quelle sociali, allora la tua vita non è degna. Diventa una cultura di morte: non siamo solo un corpo, c’è anche un’anima, uno spirito, una somma di pensieri e esperienze di una vita. Certo, anch’io ero sposata, ho un figlio di 17 anni: si soffre terribilmente e si perde quasi tutto, relazioni, amici e lavoro”

Lei come sta ora?
“Tutta la mia vita è stata scandita dalla malattia. Negli ultimi anni lo è da dolori allucinanti. Devi imparare a mangiare e a bere senza soffocarti, devi imparare a restare calma quando il diaframma rallenta, devi reimparare a contare, a riconoscere le persone. Io ho crisi epilettiche, non controllo sfintere e vescica, la mia mano destra è quasi chiusa, dormire è difficilissimo, non esco quasi più. Prima di questa intervista, che ho voluto fortemente, ho preso un farmaco per restare lucida. A volte mi dimentico come si allacciano le scarpe e perfino il nome di mio figlio. Ogni volta devo sperimentare il nuovo limite che mi pone la vita. Come dice Medea nella tragedia di Euripide, mi ripeto: comunque vada ‘ho me stessa’”.

Lei ci dice: io voglio vivere?
“Sì, voglio vivere, noi vogliamo vivere. Anche questa malattia terribile fa parte della vita. Ho conosciuto, facendo fisioterapia, una signora che ha la sclerosi multipla da 46 anni, ne ha 73. È letteralmente piegata in due, ma dice sempre che ‘la vita è bella’. Anch’io ho scelto: di accettare la mia esistenza per quella che è, in mezzo a questi dolori pazzeschi di cui parlava il povero Davide. E lo so benissimo che è avvilente e logorante, che è mostruoso. Cerco lo stesso di continuare a sorridere, quando posso. Nessuno è inutile. Noi malati possiamo dare un messaggio di speranza a tanti altri: vi ho contattato nel mio piccolo per questo”.

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