I verbali sul passato di Antonio Ciontoli: la denuncia per rapina di due prostitute | VIDEO
Vent’anni fa due prostitute hanno denunciato per rapina Antonio Ciontoli. La vicenda è stata subito archiviata, Giulio Golia ricostruisce quanto accaduto partendo dai verbali con le dichiarazioni delle due ragazze che sembrano gettare ombre sul principale condannato dell’omicidio di Marco Vannini, ucciso il 18 maggio di 5 anni fa
“C’è un fascicolo all’interno della caserma dei Carabinieri di Ladispoli dove è presente ‘Fascicolo personale Ciontoli Antonio’. Riguarda una rapina o estorsione che il Ciontoli avrebbe fatto nei confronti di una mignotta…”. Di questa vicenda che sembra gettare ombre sul passato di Antonio Ciontoli vi abbiamo parlato a fine febbraio (clicca qui per il video). Dopo settimane di ricerche siamo riusciti ad avere i verbali delle due ragazze. Dalle carte emergerebbero dettagli davvero incredibili sul passato di Ciontoli.
È una vicenda di 20 anni fa mai finita a processo e subito archiviata che potrebbe aggiungere nuovi elementi sull’uomo condannato per l’omicidio di Marco Vannini. Subito prima del lockdown ci ha contattato Paolo Gianlorenzo, direttore della testata online Etruria News, il primo a pubblicare elementi su questa storia, ricostruita poi grazie ai nostri servizi in 80 pagine di verbali. “Se fossero uscite queste carte nel momento giusto, il profilo di questo personaggio sarebbe stato diverso perché ammette che a mignotte ci andava ed emerge che Ciontoli è una persona spregiudicata”, sostiene Gianlorenzo.
“Pensavo che almeno dicesse che non c’era stato. Non avrei mai immaginato che confermasse di essersi fatto fare il servizio completo”, commenta Marina Conte, la mamma di Marco Vannini, ucciso il 18 maggio di 5 anni fa. “È allucinante che sia stato archiviato. Visto che lui stava nei servizi segreti, forse se qualcuno lì non avesse tappato può essere che lui queste pistole non le avesse e mio figlio non era morto”. A leggere queste nuove carte, qualche domanda sorge legittima. “Emerge che ha caricato le due ragazze, ha fatto il rapporto sessuale ben spiegato, poi ha mostrato il tesserino e non ha pagato facendo lo sborone”, sostiene Gianlorenzo.
I carabinieri mettono nero su bianco che il 12 gennaio 2000 alle 15.45 vengono fermati da una ragazza di colore. “Denunciava che uno sconosciuto dopo aver avuto un rapporto sessuale con lei e una sua amica, gli mostrava un tesserino militare, si spacciava per poliziotto, si rifiutava di pagare la loro prestazione e si impossessava di 200mila lire”, si legge nel verbale. Le ragazze vengono invitate in caserma per formalizzare la denuncia. La prima a parlare è Marca, originaria della Sierra Leone, priva di permesso di soggiorno, subito dopo è la volta di Silvia, senegalese, anche lei irregolare.
Raccontano che quella mattina percorrono via Settevene palo e fanno l’autostop per recarsi sul posto di lavoro “dove da un po’ di tempo offriamo prestazioni sessuali a pagamento”, precisa Silvia. “Si ferma un’autovettura con a bordo un giovane sui 30 anni, diceva di chiamarsi Marco. Ci chiedeva una prestazione sessuale a pagamento insistendo che avrebbe voluto entrambe. Gli chiedevamo i soldi prima di fare l’amore, lui ci diceva di fare prima l’amore e dopo ci avrebbe pagato, noi chiediamo nuovamente i soldi, ma lui nuovamente diceva di fare prima l’amore e poi ci avrebbe pagato”. Alla fine acconsentono e dicono di essersi divise i compiti. “Ho provveduto a iniziare il rapporto con una prestazione orale mentre la mia amica provvedeva con il rapporto sessuale completo”, sostiene Silvia. “Ultimata la prestazione gli abbiamo chiesto i soldi e per tutta risposta lo stesso ci chiedeva come mai stavamo in Italia e per quale motivo doveva pagarci. Abbiamo insistito e gli ho anche detto che a me non piace il tuo pisello, ma i soldi sì”.
A questo punto le due ragazze nel verbale aggiungono un dettaglio molto preciso: “Ci mostrava un tesserino dicendo che era un poliziotto e al momento non ci pagava, ma ci avrebbe accompagnato in caserma e lì ci avrebbe pagato”. Silvia riesce a descrivere con precisione il tesserino: “Una foto senza divisa mi sembra senza cappello”. Lo stesso dettaglio viene confermato anche da Marca: “Il tesserino raffigura una persona senza berretto in divisa e su scritto S.M.”.
Circostanza che Ciontoli durante l’interrogatorio nega con fermezza. Anzi, dice che le ragazze avevano un atteggiamento aggressivo: “E io mi ero spaventato della situazione che si era venuta a creare. Presi il portafoglio e feci vedere loro che aveva solo 50mila lire che consegnai a una delle due. Mi allontanai anche se mi urlavano dietro”.
Le due ragazze però hanno un’altra versione come emerge dai verbali. “Diceva che chiamava i suoi amici, scendevamo dalla sua auto e nel controllare la mia borsa notavo che mancava la somma di 200mila lire. Intanto Silvia si segna la targa della macchina e Ciontoli se ne va”, dichiara Marca. Ed è grazie a questa targa che poche ore dopo i carabinieri identificano l’intestatario: Antonio Ciontoli. Sono andati a bussare alla porta di quella casa dove 15 anni dopo sarebbe morto Marco Vannini. “Si vedevano aprire la porta da una signora, chiesto se era in casa il marito, subito si presentava una persona, che alla vista dei carabinieri impallidiva e veniva identificato in Antonio Ciontoli che non solo corrispondeva alla descrizione delle due ragazze ma veniva riconosciuto dalle stesse in caserma”, si legge nel verbale.
Tutto questo è stato poi archiviato probabilmente perché si basava su quanto raccolto quel giorno. “Ci sono stati pochi elementi da parte delle signorine che poi secondo me non sono mai state ritrovate”, commenta Gianlorenzo. Perché poi risulta dalle carte solo un colloquio davanti al pm con Ciontoli, ma non con le ragazze.
Proviamo a cercarle agli indirizzi riportate nei verbali. Ma a 20 anni di distanza quei civici non esistono neanche più. E ogni tentativo di parlare con qualcuno va a vuoto. “Come mai di questa documentazione non si aveva traccia prima che la pubblicasse Giulio Golia?”, si chiede il direttore di Etruria News. “Perché il fascicolo personale di Ciontoli non è agli atti del processo? Sulla base di quali azioni gli è stato dato l’encomio? Non è un signore come invece si vuole far credere dal suo foglio matricolare. Su di lui sono state dette una marea di cazzate”.
E c’è un altro fatto che fa sorgere domande. Un mese dopo la questione delle prostitute, lui è stato imbarcato. “E poi, siamo sicuri che questo sia l’unico episodio messo nero su bianco? Qualcuno dice di no...”, dice Gianlorenzo.
Chissà che cosa accadrà ora con il nuovo processo d’Appello disposto dalla Cassazione che inizierà l’8 luglio. “In questi 5 anni sono diventata tanto dura come donna non riesco più a piangere”, dice la mamma di Marco. “Però ogni volta che vedo le immagini delle tante persone manifestare, mi emoziono. Marco è diventato il figlio di tutti”.
In questi mesi di emergenza sanitaria è venuto a mancare il brigadiere Manlio Amadori (leggi qui la notizia). Aveva rilasciato una testimonianza clamorosa. “Era molto preoccupato e intervenne il maresciallo Izzo e lui disse in quel momento ‘Ora metto nei guai mio figlio'”, ha detto in aula Amadori ricostruendo la notte dell’omicidio di Marco. “A quel punto Izzo gli ha chiesto chi aveva esploso il colpo e lui ha detto ‘Sono stato io’”.
“Queste persone il perdono da me non l’avranno mai”, dice la mamma. “La morte di un figlio non la puoi elaborare. È come se muori anche te”.