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Coronavirus, è allarme varianti ma l'Italia è ultima in Europa per tracciamento | I DATI

In tutto il mondo è altissimo l’allarme per la diffusione delle varianti brasiliana e sudafricana del coronavirus, per il timore che i vaccini siano meno efficaci. Per evitare problemi è fondamentale tracciarne la diffusione, ma l’Italia è il paese che “fa meno rilevazione dell’Ue”. Intanto i primi casi sono stati individuati da Nord a Sud, mentre la discussione è focalizzata sulle prossime riaperture

In tutto il mondo è altissima l’allerta per le varianti del coronavirus. A fare paura adesso non è soltanto quella inglese, responsabile dell’esplosione dei casi che ha portato il Regno Unito in un lungo lockdown invernale: brasiliana e sudafricana sono le minacce numero, soprattutto perché portano in dote il rischio che sfuggano ai vaccini. Varianti che è fondamentale tracciare e isolare subito, per evitare che si diffondano in zona finora poco interessate dalle mutazioni, e su cui purtroppo l’Italia sta facendo davvero poco.

Andiamo con ordine: l’allarme è particolarmente alto in Sud Africa. Il governo ha deciso di sospendere la somministrazione del vaccino AstraZeneca, dopo che da uno studio preliminare è emersa una significativa riduzione dell’efficacia del prodotto nel prevenire i casi lievi e moderati di coronavirus. Una riduzione legata alla variante sudafricana e che, almeno sembra dalle prime analisi, non intaccherebbe l’efficacia del vaccino nel prevenire i casi gravi o potenzialmente letali.

Non ci sono ancora studi sull’efficacia dei vaccini attualmente disponibili sulla variante brasiliana, ma si sa già che quest’ultima - al pari di quella inglese - è più contagiosa della versione originale e potrebbe contagiare anche chi ha già contratto il “coronavirus di Wuhan”.

Dunque per tutti i paesi che hanno iniziato la campagna vaccinale la priorità è diventata evitare la circolazione di queste varianti, per non rischiare di compromettere l’immunizzazione della popolazione. Molti paesi - tra cui l’Italia - hanno bloccato i voli per il Regno Unito, il Brasile, il Portogallo e altri stati per diminuire i possibili punti d’ingresso del virus. Altri, tra cui la Germania e il Regno Unito, hanno optato per un lockdown duro al fine di evitare del tutto la circolazione del virus mutato.

Purtroppo però in Italia le varianti sono già arrivate. A preoccupare è soprattutto la situazione dell’Umbria, tornata quasi interamente in zona rossa: lì stanno circolando contemporaneamente la variante inglese e quella sudafricana. In Liguria, nella provincia di Bergamo e in quella di Bolzano sono invece stati registrati casi della variante inglese, così come nelle città di Palermo, Chieti, Pescara, Macerata, Ancona, Cuneo e Vercelli. In provincia di Varese invece circola la variante brasiliana. 

Sono questi i maggiori focolai in Italia attualmente attivi, ma purtroppo il nostro paese si scontra con un grave problema: identifica pochissimo le varianti che circolano. E così non sappiamo quante persone siano effettivamente contagiate dalle mutazioni del coronavirus, né quanto queste siano diffuse. 

Noi di Iene.it ne avevamo parlato qualche settimana fa con il professor Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, che ci aveva detto: “Serve investire in ricerca genomica: in Italia si fanno i tamponi e i test antigenici, ma la determinazioni delle varianti viene fatta solo in alcuni laboratori. Non c’è una mappatura precisa della diffusione delle varianti”.

Al momento dell’intervista però le varianti non erano praticamente state ancora individuate nel nostro paese. Oggi però la diffusione delle mutazioni è cambiata, ma la nostra capacità di tracciarle apparentemente no. A confermalo è stato lo stesso professor Bassetti in una intervista rilasciata pochi giorni fa all’AdnKronos: “La cosa più importante è che siamo il Paese in Ue che fa meno rilevazione di sequenziamenti: 1 su 1.000 positivi, mentre ci sono Paesi che ne fanno 40-50 e la Danimarca arriva a 150 su 1.000 positivi. Non si può pensare di parlare delle varianti senza sapere che cosa sta succedendo nel nostro Paese. Non abbiamo un'idea chiara su questo problema perché non si è adeguatamente investito sui laboratori per il sequenziamento genetico. Alcune strutture lo fanno molte altre no".

Insomma, l’Italia è in grave ritardo nella mappatura della varianti del coronavirus. E il pericolo di una terza ondata spinta da queste mutazioni è altissimo. Come risolvere il problema? "Servono risorse per fare una mappatura quotidiana: tutti i laboratori devono inviare un certo numero di campioni e devono mandare i risultati al ministero della Salute che poi deve elaborare una mappa della circolazione delle varianti nel Paese. C'è urgenza su questo tema e stiamo perdendo molto tempo".

Complice la crisi di governo che paralizza il nostro paese ormai da un mese, infatti, sembra proprio che nessun progresso sia stato fatto in questo campo. In Emilia Romagna e Umbria, addirittura, si sospetta la circolazione di almeno una tra variante inglese e brasiliana, ma la scarsità di laboratori attrezzati a individuarle non ha ancora permesso di stabilire con esattezza se e quale mutazione stia circolando. Siamo sicuri di essere pronti a riaprire palestre, piscine, bar e ristoranti alla sera?

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