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Mascherine, le telefonate mai sentite prima dell'ex commissario Arcuri | VIDEO

Con il servizio di Gaetano Pecoraro e Marco Occhipinti vi parliamo stasera a Le Iene dell’inchiesta sui milioni di mascherine che sarebbero arrivate dalla Cina senza certificazioni. Noi vi facciamo sentire l’audio di alcune telefonate mai sentite prima dell'ex commissario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri. In particolare di una del 16 marzo 2020 con l’imprenditore Filippo Moroni che avrebbe tentato inutilmente di fornire dispositivi certificati e a prezzo molto più conveniente, “senza volerci guadagnare e per aiutare il paese”. Tutto questo e molte altre clamorose rivelazioni nel servizio de Le Iene 

1800 morti ma cosa stiamo aspettando? basta!... Ma chissenefrega di come interloquiamo! Ma chissenefrega! C’è la gente che muore e qui stiamo facendo burocrazia!”.

Con il servizio di Gaetano Pecoraro e Marco Occhipinti nella puntata di stasera a Le Iene vi facciamo sentire alcune telefonate mai sentite prima. Una in particolare, di cui sopra vi presentiamo un estratto e sotto la trascrizione integrale, è del 16 marzo 2020. A parlare con l’ex commissario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri, è l’imprenditore Filippo Moroni che avrebbe cercato inutilmente di fornire dispositivi regolari alla metà del prezzo di altre appena finite sotto la lente dei magistrati, che sarebbero anche prive della certificazione necessaria.

Oggi Arcuri è finito al centro delle polemiche e poco dopo l’insediamento del nuovo governo è stato sostituito come commissario straordinario con il generale Francesco Paolo Figliuolo. E c’è appunto anche un’inchiesta della procura di Roma sull’acquisto nel marzo 2020 di 800 milioni di mascherine dalla Cina per 1,25 miliardi di euro, che sarebbero arrivate in parte senza la certificazione necessarie. Arcuri non risulta indagato. Gli intermediari dell’operazione secondo gli inquirenti avrebbero intascato commissioni dalle aziende cinesi per circa 72 milioni di euro e sono indagati per una serie di reati tra i quali traffico d’influenze, riciclaggio e ricettazione. Tra questi c’è il giornalista Mario Benotti, che più volte ha ricoperto il ruolo di consigliere nei passati governi.

Ma torniamo a quel marzo 2020: l’Italia si trova completamente in lockdown e in mezzo al momento più drammatico della pandemia cercando dispositivi sanitari in tutto il mondo. Servono soprattutto mascherine, che sembrano introvabili anche per chi lavora e rischia la vita in ospedale. In questa situazione di emergenza ci si trova di fronte a una miriade di imprenditori che si propongono come fornitori con un alto rischio di truffa e una necessaria prudenza da parte di chi doveva vagliare e poi autorizzare tali proposte.

In quel momento c’è anche chi come l’imprenditore Moroni si sarebbe messo a disposizione per fornirle a prezzo più basso e con la certificazione CE richiesta, “senza volerci guadagnare e per aiutare il paese”. Il prezzo: 1,11 euro per ogni Ffp2, per esempio, contro i 2,20 di quelle non certificate finite ora sotto inchiesta (quelle mascherine Ffp2 da 2,20 euro, analizzate, lascerebbero passare oltre il 70% di particelle quando il limite di legge è al 6%).

Filippo Moroni ha da 4 anni un’azienda in Cina, a Shenzhen, e si occupa di forniture di apparecchi medicali. Mette a disposizione gratuitamente la sua intermediazione, dice, contattando i collaboratori di Arcuri e registrando alcune telefonate. Parla con Roberto Rizzardo, responsabile degli acquisti, dei contratti e della gestione dei fornitori per la struttura commissariale. Ma poi non verrebbe più ricontattato. Parla anche con Silvia Fabrizi, project manager collaboratrice di Arcuri, che a un certo punto gli passa direttamente il commissario. “C’ho pensato molto”, ci dice Moroni, “però ritengo che questa è una telefonata che vada condivisa, ci dà la misura di quel periodo che non va dimenticato, del fatto che 100mila morti oggi sono una follia e in quel momento eravamo a 1.800 morti”.

Secondo Moroni, come trovate sopra nell’estratto e sotto nella trascrizione integrale, Arcuri prima dimostrerebbe di sapere poco della possibilità che stava offrendo con preventivi, lettere e email, di una fornitura di due milioni di mascherine al giorno, richiedere un’autorizzazione dell'Iss che non sarebbe necessaria essendoci già la certificazione europea CE e in generale, secondo Moroni, “fare burocrazia” mentre centinaia di persone stanno morendo.

Come potrete vedere dalle ulteriori telefonate e indagini nel servizio sembra che l’ok dell’Istituto superiore di sanità non ci volesse e non si comprenderebbe come poi possano essere arrivate quelle mascherine senza marchio CE su cui sta indagando la magistratura romana, se questa era la condizione posta dalla struttura commissariale. Le condizioni dei pagamenti inoltre non sarebbero mai state mandate per iscritto a Moroni. Ognuno si farà la sua idea. 

Arcuri si negherà ai microfoni delle Iene, ma il suo ufficio stampa prova a spiegare perché la proposta di Moroni fu scartata: cliccando qui potrete trovare la risposta. Alla fine per Moroni sarebbero andate a buon fine forniture di mascherine in Stati Uniti, Venezuela, Brasile e Messico, non in Italia.

Gaetano Pecoraro ha parlato poi con Mario Benotti, uno degli indagati dell’inchiesta romana, e ha incontrato di nuovo Moroni, che ora vende le sue mascherine privatamente anche in Italia. Tutto questo e molte altre clamorose rivelazioni li troverete nel servizio de Le Iene in onda stasera dalle 21.10. Qui sotto trovate intanto, il testo della registrazione della telefonata del 16 marzo 2020 tra Arcuri e Moroni.

MORONI: “Allora io ho appena ricevuto la comunicazione, ve l’ho anche girata, noi abbiamo trovato le maschere CE, 2 milioni al giorno, le posso bloccare, la stessa azienda che è, che oggi ha montato le macchine, ha ottenuto la CE 5 giorni fa, ce l’avete, c’ha dato la possibilità di avere un milione e da domani due milioni di maschere al giorno, mi hanno appena chiamato, vi ho mandato il messaggio hanno un ordine di 200 milioni di maschere per il Brasile”.
ARCURI: “Aspetti aspetti aspetti, piano piano, dove stanno queste mascherine?”.
M.: “A Shenzhen in Cina”.
A.: “Ok quindi noi potremmo ordinarle, questi quante ne fanno?”.
M.: “2 milioni al giorno”.
A.: “Benissimo e quindi noi tra 5 giorni potremmo averne 10 milioni?”.
M.: “Fra 5 giorni ne potete avere 10 milioni certo”.
A.: “Perfetto e… cosa serve perché questo accada?”.
M.: “Mi dovete firmare immediatamente l’ordine e io devo bloccare l’ordine da… da questi signori perché…”.
A.: “Certo, io voglio…”.
M.: “Mi faccia parlare la prego mi scusi se la interrompo e… 2 minuti fa mi è arrivato il messaggio e ve l’ho mandato, ce l’ha Silvia davanti a lei, il messaggio è: ‘Abbiamo 200 milioni di maschere, richiesta di maschere per gli stati uniti e 250 milioni di maschere per il Brasile’. Questo significa che loro di fatto saturano la capacità produttiva della…”.
A.: “Dottore, la devo fermare, allora le devo chiedere un minuto di ascolto. Noi gestiamo l’emergenza più grave degli ultimi 60 anni in Italia, compresa la guerra”.
M.: “Saltiamo la retorica, mi dica quello che mi deve dire”.
A.: “Aspetti un secondo, aspetti sennò”.
M.: “Mi dica quello che mi deve dire perché il suo tempo è più prezioso del mio”.
A.: “Ecco allora se lei ci chiama ogni minuto non risolviamo niente, se noi facciamo un ordine risolviamo tutto. Siccome dobbiamo fare l’ordine, se siamo lineari e precisi capiamo che dobbiamo fare. Io mi sto occupando di lei con il quale ho piacere di parlare adesso da stamattina perché non sa quante telefonate hanno avuto questo argomento. Allora se queste telefonate conducono alle mascherine io… lei è un angelo e io ho risolto un problema. Se ne parliamo tra di noi non risolviamo niente, lei ha mandato un ordine una lettera di offerta?”.
M.: “Sì ve l’ho mandata ieri sera è nelle vostre mani da 20 ore”.
A.: “Ok, seconda domanda. Perché bisogna aspettare l’Istituto superiore di sanità?”.
M.: “Perché l’istituto superiore di sanità non sa leggere cosa vi ho mandato, io vi ho mandato un’offerta”.
A.: “Se l’istituto superiore di sanità non sa leggere io non ci posso fare niente, perché se non dice… Se non mi bolla quello che lei ha mandato io vado in galera, punto. Se non sa leggere… se vuole le do il telefono del professor Brusaferro e lei gli insegna a leggere, possiamo andare avanti perché se no dice che io spreco il tempo e lo faccio sprecare a lei”.
M.: “Lei mi ha fatto una domanda io le ho risposto commissario”.
A.: “Eh non mi può rispondere che non sa leggere capisce?”.
M.: “No, io le rispondo”.
A.: “Perché… l’Istituto superiore di Sanità esiste per legge. Per me quello che dice l’Istituto superiore di Sanità vale, e non… non mi è sufficiente per risolvere il problema sapere che non sa leggere. Che cosa deve fare l’Istituto superiore di sanità chiedo ai miei che sono qui davanti”.
M.: “Non deve fare nulla perché ha già legge. Io come privato le posso importare domani mattina queste maschere e non me lo potete nemmeno fermare, è legge”.
A.: “E quindi?”.
M.: “E quindi io le porto in Italia, la domanda è: ‘Le volete portare voi in Italia con un aereo militare e fare prima di quanto faccia io?’. E le diamo al sistema pubblico invece che infilarle nel sistema privato e le mandiamo a 60 euro l’uno? Che gioco vogliamo fare?”. 
A.: “Queste mascherine sono pronte o ho capito che ne fanno 2 milioni al giorno?”.
M.: “Ascolti… no lei non ha nemmeno forse capito che le mascherine appena sono pronte vengono vendute, via, partono via, non arrivano nemmeno allo stock di 10 milioni”.
A.: “E quindi?”.
M.: “Lo volete questo stock? C’è una capacità produttiva di 2 milioni al giorno…”.
A.: “Se l’Istituto superiore di sanità che è del governo italiano, che ha nominato me, mi scrive che le posso prendere è chiaro che io le prendo se lei mi risponde che l’Istituto superiore di sanità non sa leggere”.
M.: “Non sa leggere perché c’è scritto che le mascherine sono CE e è tutto bloccato perché questi hanno pensato che le mascherine che vi vorremmo mandare non sono CE”.
A.: “Perfetto, c’abbiamo la possibilità di fargli vedere che sono CE?”.
M.: “Ve l'ho mandato! Ve l'ho mandato!”.

A.: “Ok va beh senta dottore, facciamo così, io adesso le ripa…”
M.: “1800 morti ma cosa stiamo aspettando? basta!”.
A.: “Da me ha tutta la rassicurazione, mi dispiace averle parlato perché questo diciamo non è il modo di interloquire, adesso le…”.
M.: “Ma chissenefrega di come interloquiamo! Ma chissenefrega! C’è la gente che muore e qui stiamo facendo burocrazia!”.
A.: “Va bene, le passo i miei, grazie”.
M.: “Mi dia qualcuno che sappia fare un bonifico, mi basta questo, vi voglio aiutare, vi voglio aiutare c***o! Datemi qualcuno capace a fare un bonifico…”

(la telefonata viene chiusa)

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