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Il Kanun è un "codice" di comportamento di alcune zone dell'Albania che prevede solo vendetta o può trasformarsi in perdono? Luigi Pelazza ce lo spiega raccontando il caso della famiglia Sicignano

Francesco Sicignano ha ucciso un rapinatore albanese che gli era entrato in casa di notte. Non sa che deve affrontare la vendetta del Kanun, un codice di comportamento terribile e arcaico che ancora oggi esiste in alcune parti dell’Albania, come ci ha raccontato Luigi Pelazza nel suo servizio del 27 gennaio 2019. Secondo questa legge medioevale il sangue va lavato con il sangue. Solo l’intervento di un intermediario può a volte cambiare il destino.

“Vorrei che Francesco giurasse di dire la verità davanti a Dio, così potrò riferirla alla famiglia del ragazzo ucciso sotto la mia responsabilità” gli dice l’intermediario. Sicignano gli mostra che cosa è avvenuto quella notte perché i genitori del ragazzo pensano che in quella notte tra il 19 e il 20 ottobre 2015, Francesco abbia sparato al figlio mentre lui passeggiava lungo la strada. Ma le prove raccolte smentiscono questa versione.

Gjergj con due complici è entrato in quella casa per rubare. Francesco sente dei rumori e lo affronta armato. Lo sorprende in cucina, qui spara. E dopo pochi istanti il ladro muore mentre i due complici scappano. Aveva 22 anni ed è stato trovato con le calze indossati sopra le mani probabilmente per non lasciare impronte digitali.

“Io credo a quest’uomo, la famiglia doveva perdonare ancora prima del funerale”, dice l’intermediario al termine del racconto. “In questo caso il Kanun dice che esiste la possibilità di perdonare. Il padre del ragazzo ucciso potrebbe voler incontrare Francesco in quel caso dovremo andare in Albania. Se verrai con me sarai sotto la mia responsabilità e non potrà accaderti nulla finché non tornerai a casa. Perché se dovesse succederti qualcosa io verrei disonorato”.  

Solo l’intermediario parte per l’Albania e incontra i genitori spiegando la verità. “Non crediamo a quello che mi ha raccontato, la storia è tutt’altra, io non cambio idea”, replicano i genitori. “Se il killer di nostro figlio verrà qui a parlare con noi non gli succederà nulla”.

In questa situazione, Francesco racconterebbe la stessa versione. E allora che cosa gli succederebbe? “Possiamo parlare finché non raggiungiamo un accordo, se non lo dovessimo trovare non garantirò per la sua sicurezza”, replica il padre. “Gli sto concedendo di venire qui, ma se Francesco non verrà per evitare di darmi i soldi che gli potrei chiedere automaticamente non avrà il mio perdono e diventerà colpevole anche di questa offesa. E mi dovrà non una, ma due vendette di sangue”.

La replica insomma è agghiacciante, così lui si sente legittimato ad ammazzargli un secondo familiare. E il cugino rincara la dose: “Se venisse con la polizia saremmo disonorati perché il paese ci disprezzerebbe”. “Se lui non accetta, la vendetta continuerà”, dice lasciandoci.

A quel punto la Iena va a parlare al ministro dell’Interno albanese: “Questo fenomeno non esiste. La vendetta di sangue è un’invenzione di qualche associazione che vuole arricchirsi attraverso fondi e donazioni”. E allora come mai questa pratica nel solo 2016 ha fatto 12 morti di cui 4 bambini?

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