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Siria, fuga dei terroristi Isis. Tornano in Europa? | VIDEO

Migliaia di miliziani dell’Isis sono scappati dalle prigioni curde bombardate da Erdogan. Mentre in Siria torna aessere minacciosa la bandiera nera del Califfato, i terroristi potrebbero riorganizzarsi, e mandare i miliziani fuggiti in Europa, per colpire. Con Marco Maisano abbiamo incontrato un foreign fighter belga, tornato a casa dopo aver combattuto con i tagliagole dell’Isis

L’Isis sta per tornare a colpire? La notizia, allarmante, è di queste ultime ore: centinaia di terroristi dell’Isis, con le loro famiglie, sono scappati dal campo di Ain Issa.

Siamo nel Kurdistan siriano, da qualche giorno sotto attacco da parte dell’esercito turco. E se l’operazione militare di Ankara doveva, nelle parole del presidente Erdogan, “eliminare il terrorismo che minaccia il Paese”, le cose sembrano andate proprio diversamente.

Ain Issa, 70 chilometri a sud est della città “martire” di Kobane, ospitava almeno 12mila persone, tra cui circa un migliaio di membri del Califfato, catturati nell’ultimo anno dalle forze curde.

E proprio i curdi hanno spiegato che, a seguito di un bombardamento dell’artiglieria turca, i miliziani dell’Isis che erano prigionieri sarebbero scappati dal campo. Per fuggire in zone più sicure ma anche per riorganizzarsi, come farebbe intendere la notizia riportata dal New York Times: in una zona tra Siria e Turchia, finora sotto lo stretto controllo curdo, è stata issata una bandiera nera del Califfato. L’Isis sta per tornare?

Intanto si fanno sempre più tragiche le notizie che arrivano dal nord est della Siria, sotto attacco turco.

Mentre l’esercito di Assad ha iniziato a spostare truppe verso nord, per andare in soccorso dei curdi, testimoni raccontano di esecuzioni sommarie. Mercenari siriani filo-turchi avrebbero giustiziato almeno 9 civili nella zona di Tal Abyad, al confine con la Turchia e bombardamenti dell’artiglieria di Ankara hanno colpito mezzi di soccorso e anche un convoglio di giornalisti, provocando la morte di almeno due reporter. Neanche i civili che abitano in quelle zone, come sempre i primi a pagare il prezzo di ogni guerra, sono stati risparmiati.

Solo ieri, riporta l'Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbero stati uccisi 24 civili, mentre ha fatto il giro del mondo la notizia della morte per lapidazione dell’attivista per i diritti delle donne Evrin Khalaf, 35 anni.

David Sassoli, presidente del parlamento europeo, ha twittato: “Hevrin Khalaf è il volto del dialogo e dell'emancipazione delle donne in Siria. La sua uccisione, opera di terroristi islamisti, più attivi dopo l'invasione dei territori curdi da parte della Turchia, è un orrore su cui la comunità internazionale dovrà andare fino in fondo!".

A preoccupare di più adesso è proprio l’allarme sul ritorno dell’Isis, che sembrava del tutto sconfitto. Il Califfato, raccontano alcune testate, starebbe da qualche mese raccogliendo un’enorme quantità di denaro in Turchia, attraverso il sistema della hawala di cui anche Le Iene vi hanno parlato. E questo denaro, hanno spiegato, servirebbe sia per far uscire di prigione i miliziani bloccati in Siria sia per riorganizzarsi e progettare nuovi attentati. Forse anche in Europa.

Tra i miliziani fuggiti dal campo di Ain Issa, raccontano fonti curde, ci sarebbero anche decine di foreign fighter, combattenti stranieri venuti in Siria per cercare la morte da martiri.

Noi de Le Iene avevamo incontrato in Belgio uno di loro, nel servizio di Marco Maisano, che ci aveva fatto entrare “nella mente di un terrorista”. “Younnes”, questo il nome del giovane che di lì a poco sarebbe andato in prigione proprio a causa della sua militanza siriana nell’Isis, aveva raccontato a Marco Maisano la sua personalissima e agghiacciante visione (che potete ascoltare nel servizio che vi riproponiamo sopra).

“Ogni musulmano è un soldato. Gli attacchi terroristici di Parigi sono la risposta ai vostri attacchi, per aver bombardato milioni di musulmani negli ultimi 20 anni. Noi siamo stanchi”, ci ha raccontato Younnes.

E questo giovane, convertito all’Islam  andato a combattere in Siria, kalashnikov e cintura esplosiva sempre con sé, aveva detto di quella esperienza: “È stato il periodo migliore della mia vita”.

Della questione, spinosa, del ritorno a casa in Europa degli ex mliziani dell’Isis catturati in Siria, vi avevamo parlato con Giulio Golia, che ha raccontato la storia di Monsef El Mkhayar, il più giovane combattente italiano partito per combattere con i terroristi.

Nel 2015, a 20 anni, lascia la sua comunità di Milano e in compagnia dell’amico Tarik arriva nello Stato islamico.

Monsef, per aver combattuto con i tagliagole dell’Isis, è stato condannato in Italia a 8 anni per “associazione con finalità di terrorismo internazionale”. E adesso, stanco di marcire in un centro di detenzione curdo, ha espresso il desiderio di ritornare a casa sua. In Italia. 

Solo pochi mesi fa l’Interpol aveva lanciato un allarme: almeno 12 sospetti terroristi islamici sarebbero arrivati in Europa via mare. Li ha individuati l’operazione di polizia internazionale “Neptune II”, coordinata dall’Interpol.

Si tratta di 12 foreign fighter, cioè combattenti stranieri impegnati nei teatri di guerra mediorientali al fianco dell’Isis. L’operazione ha riguardato, oltre al nostro, altri 5 paesi (Algeria, Francia, Marocco, Spagna e Tunisia). In Italia sono stati messi sotto strettissima osservazione gli ingressi nei porti di Genova e di Palermo, che durante la stagione estiva sono approdo di decine e decine di collegamenti marittimi dal Nord Africa.

E se fosse solo l’inizio di un ritorno massiccio "a casa" degli uomini dell’Isis fuggiti dalle prigioni siriane?

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