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Coronavirus, non solo Cina: ieri in Nuova Zelanda un solo caso | I DATI

Non c’è solo la Cina ad aver contrastato con successo il coronavirus: nel servizio di Roberta Rei che potete vedere qui vi abbiamo raccontato di come Pechino ha vinto la sua battaglia. Adesso vi raccontiamo del caso della Nuova Zelanda, paese democratico che ieri ha registrato un solo nuovo contagio: ecco il segreto del loro successo

Un solo caso di coronavirus in ventiquattr’ore. Ci sarebbe da gridare al miracolo, se non fosse che ormai da giorni la Nuova Zelanda registra numeri simili: il paese immerso nell’oceano Pacifico sembra vinto la sua battaglia contro la seconda ondata della pandemia.

Nella scorsa puntata con Roberta Rei vi abbiamo portato a Wuhan, dove la pandemia di coronavirus è iniziata, per mostrarvi come la Cina abbia ormai vinto la sua battaglia contro il virus. Un trionfo ottenuto però a prezzo di una grande intromissione nella vita e nella privacy dei suoi cittadini, anche grazie agli amplissimi poteri che il regime cinese ha sui suoi cittadini.

Non è questo il caso della Nuova Zelanda, che è invece una democrazia matura che ha ottenuto però gli stessi risultati della Cina: com’è stato possibile? Intanto partiamo dai dati: il 30 ottobre il paese come detto ha registrato solo un nuovo caso di coronavirus, portando il totale a 1.957. Un numero molto basso, guardando ai paesi europei con una simile popolazione: Norvegia e Finlandia, che hanno abitanti paragonabili, hanno registrato rispettivamente 20.062 e 15.910 casi totali da inizio pandemia.

Nell’ultimo mese, inoltre, la Nuova Zelanda solo tre volte ha registrato più di dieci casi al giorno: il primo ottobre con 12 nuovi contagiati, il 21 ottobre con 25 e il 24 ottobre con 11. Nell’ultima settimana per ben tre volte ha fatto registrare un solo caso. E le cose vanno ancora meglio guardando al numero dei decessi: sono solo 25 da inizio pandemia, con una letalità calcolata sui casi totali di appena l’1.3%. Per fare un paragone, in Italia è del 6.2%, in Svezia (paladina del no alle restrizioni) del 4.9%, nel Regno Unito del 4.8%. L’ultimo decesso con il coronavirus è stato registrato in Nuova Zelanda il 16 settembre, ormai un mese e mezzo fa.

Com’è stato possibile un simile successo? La Nuova Zelanda, nella prima ondata, ha risposto con fermezza alla crisi: il 23 marzo con appena 102 casi confermati e nessuna vittima, la premier Jacinda Ardner ha scelto il lockdown duro. Una decisione apparsa inizialmente esagerata, ma che ha salvato la Nuova Zelanda da uno scenario come quelli vissuti in Italia e Spagna.

Non solo il lockdown però ha salvato la Nuova Zelanda: il governo ha subito messo in campo una chiara e coerente strategia per fermare la trasmissione del coronavirus. E’ stata lanciata un’app simile a Immuni per tracciare i contatti, molti hotel sono stati trasformati in strutture d’isolamento per i positivi così da evitare il contagio in famiglia e i confini del paese sono stati chiusi (in questo ovviamente agevolati dall’essere composto da isole lontane da ogni altro paese del globo).

In agosto poi la più importante città Auckland, dove vive circa la metà della popolazione, ha visto l’esplosione di un nuovo focolaio di coronavirus: una quindicina di contagi al giorno. E il governo ha subito reagito con durezza, imponendo un nuovo lockdown nella capitale e testando in modo massiccio la popolazione: oltre 20mila test al giorno nella settimana di Ferragosto, in un paese che non arriva a 5 milioni di abitanti. Per fare un paragone con l’Italia, è come se noi avessimo fatto più di 200mila tamponi al giorno appena i nuovi casi hanno ripreso a crescere. L’1 ottobre, quando i contagi giornalieri hanno superato le duemila unità, eravamo fermi a meno 120mila test.

Insomma, la Nuova Zelanda ha mostrato al mondo che anche una democrazia può sconfiggere il coronavirus con misure chiare e seria organizzazione. E non è la sola ad esserci riuscita: anche Taiwan ha ottenuto straordinari risultati. Taipei ha adottato una strategia simile a quella neozelandese, con chiusura rigida dei confini e tracciamento a tappeto dei contatti dei positivi, arrivando a tracciarne 30 persone per ogni contagiato e imponendo la quarantena anche a chi risultava poi negativo. E inoltre, memore delle pandemie di Sars e aviaria a inizio millennio, ha subito rafforzato la produzione e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale come le mascherine.

Tornando alla Nuova Zelanda, comunque, il successo nel combattere il coronavirus è valso alla premier Jacinda Ardern la rielezione il 17 ottobre scorso, ma non ha fatto cadere le precauzioni prese dal governo: "Vogliamo tutti evitare ulteriori restrizioni, per questo dobbiamo restare vigili”. Un messaggio che da noi purtroppo non è stato recepito.

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