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Coronavirus, curva dei casi costante: perché in Cina è scesa prima?

Da giorni l’aumento dei casi di coronavirus in Italia è stabile ma non scende ancora: siamo sul plateau, la diminuzione dei contagi dovrebbe essere vicina. In Cina è arrivata molto più in fretta, dopo una quarantena molto più dura della nostra. Con qualche dubbio sui dati reali

“Abbiamo raggiunto il picco dei contagi da coronavirus, ora siamo sul plateau”. In questi giorni moltissimi esperti, tecnici ed epidemiologi hanno ripetuto questa frase come un mantra. Il picco dei nuovi casi del coronavirus è stato raggiunto e adesso siamo in fase di consolidamento dei risultati ottenuti con il lockdown del Paese

In effetti i dati di questi giorni mostrano esattamente questo: la curva del contagio ha via via rallentato la sua crescita fino al 29 marzo, quando si è stabilizzata intorno al +4% di nuovi casi. Erano 4,0% il 30 marzo, sono stati +4,0% il 3 aprile con leggerissimi scostamenti nei giorni precedenti. Un risultato molto importante se pensiamo che il 22 marzo, meno di due settimane fa, l’aumento dei casi era stato del 10,4%. Le misure di contenimento disposte dal governo dunque funzionano, ma fanno risaltare anche un’altra cosa: siamo fermi su un plateau, un tratto della curva essenzialmente pianeggiante in cui i casi non crescono più linearmente ma nemmeno diminuiscono. Perché? E cosa è successo in Cina, che è uno dei pochi paesi del mondo più avanti di noi nel contagio?

Alla prima domanda è piuttosto semplice rispondere: il plateau è, per cosi dire, un effetto collaterale delle misure di contenimento. L’obiettivo del lockdown è infatti doppio: abbassare l’altezza massima della curva di diffusione del virus e allungarla nel tempo, per permettere al sistema sanitario di reggere il peso dei nuovi contagi senza andare in crisi. Facendo così si salvano tantissime vite di chi, in assenza di misure di contenimento, non avrebbe potuto ricevere le cure sanitarie necessarie. Per dare l’idea, secondo uno studio dell’Imperial College di Londra in italia senza il lockdown sarebbero già morte 38mila persone in più: è come se una intera città delle dimensioni di Voghera, o di Pomigliano d’Arco, si fosse salvata.

Questa misura ha però anche un altro effetto, cioè “spalma” maggiormente nel tempo il contagio creando il plateau di contagi su cui ci troviamo adesso. Questo è evidente guardando il grafico pubblicato dall’Iss il 2 aprile per spiegare l’obiettivo delle misure di contenimento.

L’obiettivo è adesso iniziare la fase discendente, in cui ancora non siamo entrati, fino a che il virus avrà un fattore R0 inferiore a 1: cioè un malato di coronavirus contagerà meno di una persona, e quindi la diffusione del virus tenderà a esaurirsi. Con le dovute accortezze ovviamente, perché una riapertura improvvisa potrebbe portare il contagio a estendersi nuovamente a macchia d’olio: è per questo, come ha detto e poi si è parzialmente rimangiato il capo della protezione civile Angelo Borrelli, che sarà difficile un ritorno parziale alla normalità prima di maggio. 

Questo rischio è evidente in Cina, dove a pochi giorni dalla riapertura della provincia dell’Hubei i casi di nuovi contagi sono tornati a salire e le autorità hanno invitato i cittadini a uscire di casa il meno possibile. Già, la Cina: cosa è successo a Wuhan e cosa possiamo vedere dai loro dati?

In Cina la curva dei contagi ha iniziato la discesa intorno al 25° giorno dall’inizio del contagio: raggiunti i 68mila casi in quella data, l’incremento dei positivi è sempre stato inferiore ai 2mila fino a essenzialmente fermarsi nell’ultimo periodo a un totale di 82.500 contagiati. In Italia invece al 41° giorno dall’inizio dell’epidemia la crescita è ancora superiore ai 4mila nuovi casi e sembra essere stabile, non ancora in fase discendente.

Si può quindi dire che la pandemia sia stata portata sotto controllo più rapidamente in Cina che da noi. Non è facile capire perché questo sia accaduto e saranno necessari studi approfonditi per capirlo con certezza. Già adesso però si possono fare alcune considerazioni: nelle regioni più duramente colpite dal coronavirus, la Cina ha applicato una quarantena molto più rigida di quella italiana. Per fare un esempio, nell’Hubei poteva uscire di casa un solo membro di una famiglia per andare al supermercato o in farmacia, e solo una volta ogni due giorni. Ogni altro tipo di attività all’aperto, escluse quelle produttive essenziali, erano duramente proibite. E’ possibile che la maggiore severità delle misure abbia contribuito a fermare più velocemente il contagio.

E’ però possibile che ci sia un’altra spiegazione: che i dati pubblicati dalla Cina non siano particolarmente affidabili. La prestigiosa rivista Time ha messo in discussione la raccolta delle informazioni da parte del governo cinese, criticando in particolare il modo in cui i nuovi casi sono stati conteggiati da una certa data in poi: e stranamente, notiamo noi, è proprio lì che la curva epidemica ha cominciato rapidamente a scendere. Ovviamente non ci sono certezze che questo abbia davvero contribuito agli ottimi risultati ottenuti dalla Cina nella lotta al coronavirus.

Quello che invece sappiamo per certo è che le nostre azioni stanno ottenendo ottimi risultati nella lotta al coronavirus, e che mai come adesso è importante continuare a rispettare le imitazioni per poter tornare a vivere una vita normale il prima possibile.

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