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Coronavirus: “Abbiamo una malattia rara, aiutateci contro l'incubo contagio in ospedale” | VIDEO

Nina Palmieri incontra alcuni dei 200 malati italiani di una patologia rara e senza cura, la mucopolisaccaridosi. Una malattia che possono affrontare solo con un farmaco salvavita, che però alcune regioni obbligano ad assumere solo in ospedale: “Lì abbiamo paura di prendere il coronavirus e se lo prendiamo noi siamo spacciati

Si chiamano Veronica, Laura, Jessica, Matteo, Romina, Ismaele, Riccardo e Michael. Sono solo alcuni degli oltre duecento ragazzi che in Italia sono affetti da una tremenda malattia rara, difficile perfino da pronunciare: la mucopolisaccaridosi o Mps.

Ce ne parla Nina Palmieri nel servizio che potete vedere sopra, incontrando questi ragazzi e le loro famiglie. Si tratta di una malattia genetica che, a causa dell’assenza di una proteina chiamata “enzima spazzino”, impedisce di avere un organismo sempre ripulito in maniera efficiente dagli elementi tossici.

È una malattia già terribile e diventa ancora più difficile da affrontare in tempi di coronavirus. “Non c’è una cura ma solo una terapia”, spiega il papà di Michael. “Da dieci anni ogni settimana gli facciamo una flebo di circa 4 ore, una sorta di infusione che ripulisce il suo organismo da ogni tossicità”.

Matteo e Ismaele sono “fortunati”, perché possono prendere questo farmaco salvavita in casa, ma non è così per tutti. Molte regioni infatti, tra cui Emilia-Romagna, Piemonte e Umbria, consentono di assumerlo solo in strutture sanitarie adeguate. Queste strutture con l’emergenza coronavirus sarebbero per loro ad altissimo rischio di infezione. “Se ci ammaliamo noi, siamo spacciati”, dice una delle giovani pazienti a Nina Palmieri.

“Una delle molte complicanze della nostra malattia è l’affaticamento respiratorio”, racconta un altro ammalato di Mps. “Il Covid-19 attacca soprattutto le vie respiratorie, la paura nel venire in ospedale è tanta”. Così, in moltissimi, sono costretti a saltare il trattamento con tutti i pericoli del caso.

Ci rivolgiamo allora ai presidenti di queste regioni: “Permettere a questi ammalati di fare la terapia a casa, è l’unico modo che abbiamo per salvarli, fate qualcosa subito”.

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