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News | di Matteo Gamba |

Coronavirus, Massimo: “Mio padre è morto, io sono positivo da 45 giorni”

Massimo De Masi, 45enne romano, ci ha contattato dopo il caso del nostro Alessandro Politi. Raccontandoci la sua storia drammatica: “Il giorno dopo la nascita di nostra figlia, mio padre si è ammalato, forse gli ho portato il virus dall’ospedale. Io sono positivo da un mese e mezzo. Nessuno mi aveva detto di stare a casa, perfino il tampone sono riuscito a farmelo fare con grande fatica: anche guardando il mio caso, può bastare una quarantena di 14 giorni?”

“Dopo la felicità per la nascita di mia figlia, sono iniziati i drammi. Dalla morte di mio padre, che forse ho contagiato io tornato dall’ospedale dopo il parto di mia moglie, alla mia positività da un mese e mezzo”.

Massimo De Masi, 45 anni, romano, ci racconta al telefono una storia che va al cuore del dramma coronavirus che sta stravolgendo la vita di tantissimi italiani. Una storia che lascia anche tanti dubbi aperti sulle regole per i tamponi e della quarantena. Non a caso Massimo, che vede qui sopra in foto autorecluso in un appartamento da un mese e mezzo, ci ha contattato dopo aver visto il racconto della nostra Iena Alessandro Politi, ancora positivo dopo 45 giorni, e aver letto su Iene.it l’intervista a Fausto Russo: “Positivo da 45 giorni, asintomatico da 20: bastano davvero due settimane di quarantena?”.

Come è cominciato il tuo dramma?
“Paradossalmente da una gioia, la nascita della nostra figlia, il 9 marzo. Non la vedo da allora. Mia moglie subito dopo ha avuto una brutta emorragia e ha dovuto gestire poveraccia tutto da sola, con la neonata e una bambina di 6 anni”.

Cosa è successo?
“Il destino ha iniziato ad accanirsi subito. Il giorno dopo, il 10 marzo, ho visto papà a casa. L’11 mio padre che viveva sotto a noi ha iniziato ad avere i primi sintomi. Il sospetto è io abbia preso il coronavirus in sala parto o comunque in ospedale e poi abbia contagiato subito papà. Di sicuro è difficile che sia stato lui a contagiare me prima, visto che non usciva da venti giorni, dall’inizio dell’epidemia in Italia, proprio per evitare rischi”.

Che sintomi aveva tuo padre?
“Non abbiamo pensato subito solo al coronavirus, a Roma al tempo i casi erano pochissimi. Mio padre Nicola aveva 74 anni e nessun altro grave problema di salute pregresso. Aveva tosse e febbre. Io mi sono trasferito al piano di sotto da lui e ho preferito non avere più contatti con moglie e bambine per evitare rischi di contagio. Sono un addetto agli impianti elettrici ma avendo seguito la tragica fine di mia mamma tre anni fa per un tumore al polmone, un po’ mi intendo anche di cose di infermeria. Abbiamo un saturimetro: non sembrava gravissimo”.

Poi è peggiorato?
“Sì, i disturbi non passavano. Il 17 marzo è stato ricoverato. Da allora non abbiamo saputo più nulla per due giorni, quando mi hanno chiamato dicendomi che era positivo al Covid-19. Il 24 marzo ci hanno comunicato che era morto, non ho potuto nemmeno salutarlo per l’ultima volta. Da quando mio padre è andato in ospedale mi ero già isolato definitivamente in quarantena. L’ho deciso da solo: nessuno mi ha detto di farlo. Quel giorno avevo iniziato a sentire un possibile piccolo sintomo. Mi è diminuito l’olfatto, è l’unico sintomo che ho avuto da allora. Non ho mai avuto febbre o tosse. Sarei potuto tranquillamente uscire e diffondere il contagio. Meno male che quel giorno ho fatto la prova con una boccetta di profumo. Era vero: sentivo molto meno gli odori”.

Hai fatto un tampone?
“Ci sono riuscito solo dopo centinaia di telefonate. Se prima nessuno mi aveva detto di isolarmi, poi non volevano nemmeno farmi il test. Li ho convinti dicendo che potevo essere stato contagiato nella sala parto di un ospedale oppure che potevo aver contagiato io il personale sanitario. Il 25 marzo l’hanno fatto a me e a mia moglie e alle bambine sopra. Solo io sono risultato positivo”.

Hai fatto altri tamponi?
“Un altro, sempre insistendo al telefono, il 18 aprile: sono sempre positivo. Il prossimo? Mi hanno detto che forse me lo faranno ai primi di maggio. Mia moglie è su, sola, con una neonata e una bambina, mio padre è morto, io sono e resto qui anch'io da solo: aspetto e chiamo. Voglio però dirlo a tutti, come aiuto magari per chi non ha fatto la quarantena: 14 giorni nel mio caso non sarebbero sicuramente bastati. Credo di avere il coronavirus da 45 giorni, di sicuro sono positivo dal 25 marzo. Fate attenzione e magari cambiamo le regole per l’isolamento!”. 

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