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Coronavirus e la seconda ondata: dopo la Cina, l'Iran. Rischia anche l'Italia?

Il 3 maggio si avvicina e molte attività economiche torneranno ad aprire: è inevitabile, per non far crollare ulteriormente la nostra economia. Ma i Paesi che sono tornati alla normalità hanno già iniziato ad avere una nuova ondata di contagi. Ecco cosa i dati di Cina e Iran possono insegnare all’Italia e al resto d’Europa

La fase 2 è alle porte. Dopo oltre un mese di chiusure pressoché totali e cittadini bloccati in casa, il countdown verso il 3 maggio è iniziato: tra poco più di due settimane molte attività torneranno ad aprire e le limitazioni personali inizieranno a essere allentate. E’ inevitabile per non far crollare ulteriormente la nostra economia e per salvaguardare la salute psicofisica degli italiani. Un assaggio di libertà che però dovrà essere gestito con intelligenza, perché i dati che arrivano dai Paesi più avanti di noi nella timeline del contagio non sono esattamente rincuoranti.

Il caso più emblematico è quello della Cina, di cui vi abbiamo parlato qui: dopo oltre due mesi di quarantena durissima, nella provincia dello Hubei prima e a Wuhan dopo si è tornati a poter circolare per strada e svolgere alcune attività professionali. Il risultato? La curva dei contagi è tornata a salire. Sono state sufficienti due settimane di parziale riapertura per far tornare la paura del coronavirus in tutto il Paese. E quello che è successo in Cina sta già accadendo altrove.

E’ il caso dell’Iran, uno dei primi Paesi al mondo a essere duramente colpito dal coronavirus. A Teheran dall’inizio della crisi sono 73.303 i casi confermati di COVID-19, e 4.585 le persone che hanno perso la vita. Eppure, nonostante la curva dei contagi non sia ancora arrivata allo zero, il governo di Hassan Rouhani ha deciso di allentare le misure di distanziamento sociale e ha permesso alle attività di riaprire. Solo nelle ultime 24 ore, sono 1.617 i nuovi contagiati e 111 le vittime. E il governo è stato travolto dalle critiche di aver lasciato il Paese in balia di una seconda ondata di casi. Le autorità sanitarie dell’Iran lo hanno detto chiaramente: “C’è il pericolo che gli sforzi dei cittadini e dei medici vengano vanificati”.

Che la lezione che arriva dalla Cina e dall’Iran possa essere utile anche per l’Europa? Sembra di no, perché anche da noi ci sono Paesi che corrono verso la riapertura. E’ il caso della Spagna, il più colpito nel Vecchio continente dal coronavirus e il secondo Paese per numero di contagi al mondo. Il governo di Pedro Sanchez ha infatti disposto la riapertura delle attività edili e di alcune considerate “non essenziali”, a patto che si possa rispettare il metro di distanza e le norme igieniche richieste dalla situazione. E sebbene in Spagna la maggior parte delle persone resta ancora bloccata a casa, anche qui si sono subito scatenate le polemiche. Il Paese infatti inizia a vedere un netto miglioramento dei dati (contagi e morti crescono rispettivamente del 2 e 3%, i dati più bassi da inizio pandemia) e il pericolo di aprire le porte a una seconda ondata di coronavirus è concreto. Anche perché, come potete vedere qui, i numeri ancora non sono rincuoranti.

E l’Italia? Per adesso una seconda ondata di contagi è scongiurata, essenzialmente perché fino al 3 maggio resteranno in vigore tutte le misure imposte dal governo. Vedendo l’andamento degli altri Paesi, è probabile che questa sia la scelta giusta: vanificare gli sforzi fatti finora per contenere il coronavirus potrebbe rivelarsi disastroso, soprattutto se si fosse poi costretti a tornare indietro. Un nuovo lockdown rischierebbe di dare il colpo di grazia alla nostra già claudicante economica, che solo nei primi sei mesi di quest’anno rischia di perdere il 9% del suo prodotto interno lordo. Anche perché nemmeno i nostri dati sono ancora del tutto confortanti: oggi si sono registrati 602 nuovi morti e un aumento totale dei casi di 2.972 unità.

E di questo ne sono consci anche a Parigi: il presidente Macron ha infatti annunciato che il lockdown della Francia proseguirà fino all’11 maggio, una settimana in più di noi. E anche in Germania e nel Regno Unito, sebbene si discuta della fase 2, ancora non sono state sollevate le restrizioni. Bisogna tenere duro insomma, perché la fine di questa pandemia non è ancora dietro l’angolo e ci farà compagnia per i mesi a venire.

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