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Coronavirus, lo studio: “Con la vitamina D meno morti e ricoveri in terapia intensiva” | VIDEO

Uno studio coordinato dall’università di Padova mostra come il trattamento con la vitamina D nei pazienti affetti da un’altra patologia abbassa la letalità e il tasso di ricoveri in terapia intensiva per i malati di coronavirus. Un ulteriore tassello sul  ruolo della vitamina D nella prevenzione e trattamento del Covid-19, un tema che noi de Le Iene abbiamo approfondito più volte negli ultimi mesi

La cura con la vitamina D in pazienti con malattie pregresse fa diminuire i morti e i ricoveri in terapia intensiva. A sostenerlo è uno studio coordinato dall’università di Padova insieme a quelle di Verona e Parma e agli istituti di ricerca CNR di Reggio Calabria e Pisa. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nutrients.

Uno studio fondamentale perché, nonostante le evidenze già emerse sul ruolo di prevenzione della vitamina D nel contrarre il coronavirus in forma seria, non erano ancora noti gli effetti dell’assunzione della vitamina in pazienti già contagiati dal Covid-19. Il lavoro pubblicato adesso mostra come la somministrazione di vitamina D in pazienti affetti dal coronavirus abbia potenziali effetti positivi sul decorso della malattia. 

Lo studio ha preso in esame 91 pazienti con età media di 74 anni, di cui 36 trattati con alte dosi di vitamina D per 2 giorni consecutivi e gli altri 55 solo con le cure standard attualmente previste. La ricerca ha mostrato come le persone con malattie pregresse trattate con la vitamina D hanno avuto un esito particolarmente più favorevole degli altri: “Il rischio di andare incontro a decesso o trasferimento in terapia intensiva era ridotto dell'80% rispetto ai soggetti che non avevano assunto” la vitamina D, ha detto il professor Sandro Giannini dell’università di Padova.

Insomma, uno studio dirompente che potrebbe aprire la strada a ulteriori lavori su numeri più ampi per studiare il ruolo della vitamina D nel trattamento del coronavirus.  Un tema che noi de Le Iene stiamo approfondendo da tempo: a inizio novembre vi abbiamo raccontato dello stato degli studi sul possibile legame tra la vitamina e il coronavirus, dopo che gli scienziati inglesi avevano lanciato l’appello al governo per aggiungere la sostanza al cibo “per aiutare nella lotta contro il Covid”.

Una richiesta seguita dall’annuncio del ministero della Salute britannico, che ha chiesto ai propri consiglieri sanitari di fornire linee guida per utilizzare la vitamina D come possibile modo per prevenire e trattare il coronaviurs.

Con Giulia Innocenzi poi abbiamo intervistato il professor Giancarlo Isaia dell’università di Torino, tra i 61 firmatari di un appello al governo italiano e coautore di uno studio secondo cui le regioni italiane che ricevono meno raggi solari UV sono anche quelle dove il coronavirus ha causato più contagi e morti. I risultati dello studio, ci ha detto il professore “sono coerenti con i possibili effetti benefici della radiazione UV solare sulla diffusione del coronavirus e sulle sue manifestazioni cliniche. Risulta infatti che la radiazione UV è sia in grado di neutralizzare direttamente il virus, sia di favorire la sintesi della vitamina D che, per le sue proprietà immunomodulatorie, potrebbe svolgere un ruolo antagonista dell’infezione e delle sue manifestazioni cliniche”. 

A dicembre inoltre vi abbiamo dato conto di una circolare del ministero della Salute, per la quale “non esistono ad oggi evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercetina), il cui utilizzo per questa indicazione non è quindi raccomandato".

A quelle parole ha replicato a Iene.it il professor Isaia, che ci ha detto: “La circolare è discutibile perché un nostro nuovo documento riporta nuove evidenze su quanto andiamo dicendo. Chi ha scritto il documento ha accomunato la vitamina D, che è cosa ben diversa, ad altre vitamine e integratori. Le nostre evidenze, che partono dall’inizio del 2020, possono essere discutibili ma meritano almeno un approfondimento”.

Oggi la pubblicazione dello studio dell’università di Padova pone un ulteriore tassello sul ruolo della vitamina D nella prevenzione e nel trattamento del coronavirus: un ruolo che sembra poter essere sempre più importante.

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