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Omicidio Vannini: la paura del carcere dei Ciontoli e la condanna in Cassazione | VIDEO

Per tutta la famiglia Ciontoli si sono aperte le porte del carcere. Sono stati tutti condannati in Cassazione per la morte di Marco Vannini. Un ultimo atto di una lunga vicenda giudiziaria e umana durata 6 anni che vi stiamo raccontando con Giulio Golia e Francesca Di Stefano. Abbiamo trascorso con i genitori di Marco le ore precedenti e subito successive a questa attesa sentenza

Posso dire a mio figlio che giustizia finalmente l’ha avuta”. Sono le prime parole di Marina Conte dopo la sentenza della Cassazione. Per l’omicidio di Marco Vannini tutta la famiglia di Antonio Ciontoli è stata condannata in via definitiva con la conferma delle pene dell’Appello bis: il capofamiglia dovrà scontare a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale mentre sua moglie e i figli Federico e Martina 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario. Con Giulio Golia e Francesca Di Stefano abbiamo seguito anche quest’ultima giornata di un lungo percorso umano e giudiziario durato 6 anni.

Tutto è iniziato la notte del 17 maggio 2015, quando in casa Ciontoli parte un colpo di pistola verso Marco che aveva appena 20 anni. “Non c’è nessuna persona che ha vinto, lo ribadisco: noi abbiamo perso Marco e loro devono andare in carcere”, hanno detto i genitori di Marco, Marina e Valerio.

Nessuno gioisce davanti a una famiglia intera in carcere: Federico e Martina non hanno nemmeno 20 anni e pagano non aver potuto, saputo e voluto contrastare le decisioni di loro padre. Anziché dare l’esempio li ha trascinati in un gorgo di menzogne, bugie e mancate verità insegnando loro di farla franca, quando invece avrebbero potuto salvare Marco.

Pochi giorni fa abbiamo provato a chiedere un’intervista ad Antonio Ciontoli. “Abbiamo tante cose da dirci”, aveva risposto al nostro invito. Ma dopo averlo aspettato non si è presentato. Il giorno prima della sentenza abbiamo incontrato invece i genitori di Marco. “Sono più agitata della scorsa volta”, dice mamma Marina. Gli raccontiamo lo scambio di messaggi che abbiamo avuto con Ciontoli. Raccontiamo loro delle accuse che ci ha rivolto tra cui il non averli aiutati nella ricerca della verità. “Anche Federico ha scritto sui social che i giornalisti hanno contribuito a farci aumentare la rabbia”, racconta Marina.

“Il mio silenzio in pubblico è derivato da tanti fattori: il dolore per quello che è successo, la paura, i pensieri assurdi. È innegabile che io abbia paura del carcere”, diceva Federico in uno dei tanti video comparsi sul suo profilo nelle ultime settimane. Attaccava i media per le “grosse responsabilità” e “strumentalizzazioni, falsificazioni, manipolazioni”.

Il giorno della sentenza per la prima volta fuori dal palazzo di giustizia c’era un gruppo con uno striscione diverso dal solito: “Federico innocente”. In aula ci sono sia lui che sua sorella insieme. “Vi chiedo rispetto dopo 6 anni e di aspettare per la sentenza. Marco è la vera vittima di questa storia”, ha detto ai cronisti. Con lui c’era anche la sua fidanzata Viola Giorgini, l’unica assolta dei presenti quella sera in casa Ciontoli. “Vi siete resi conto di quello che avete fatto?”, ci dice la ragazza prima di salire in auto. Questa è l’ultima volta che vedremo i due fratelli insieme: hanno aspettato la sentenza a casa loro.

“Finalmente giustizia è stata fatta. Non c’è nessuna persona che ha vinto. Non è stato facile lottare per ottenerla per 6 anni. Oggi è una liberazione per tutti”, commentano i genitori di Marco. “Noi sopravviviamo sarà così. Non c’è una pena giusta perché nessuno ci potrà ridare Marco. Eravamo una famiglia felice e quella felicità non ci sarà più”.

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