Nella prima parte di questo speciale vi abbiamo parlato di indagini e soccorsi in ritardo, nella seconda del colpo di pistola mortale, nella terza dell’ipotesi di un litigio tra Marco e Martina la sera dei fatti e nella quarta delle telefonate al 118.
Giulio Golia ripercorre ora l’arrivo dei soccorsi. Secondo il racconto di uno dei soccorritori, alla domanda cosa fosse successo, Antonio Ciontoli avrebbe risposto che “c’era un ragazzo che era stato colto da un attacco di panico e si era sentito male”.
Non solo. Antonio avrebbe mentito anche sulla dinamica dell’accaduto. “Io ho provato a fare domande al signor Ciontoli, mi disse che stavano in bagno e mentre scherzavano sulla partita di calcio lui accidentalmente è scivolato e dopo essersi punto con questo pettine a punta è stato preso da un attacco di panico”.
Quando i soccorritori vedono la ferita di Marco, non si accorgono che si tratta di un colpo da arma da fuoco. “Sfido chiunque a capire che fosse un colpo di arma da fuoco, era pulito, come cicatrizzato, come se fosse una bruciatura di sigaretta. Marco non era sporco di sangue”.
Secondo la versione raccontata dai Ciontoli, solo quando il padre e il figlio Federico erano in macchina mentre seguivano l’ambulanza, Antonio avrebbe parlato al figlio del colpo di arma da fuoco. Federico gli avrebbe quindi consigliato di dirlo appena arrivati al pronto soccorso. Cosa che Antonio fa, dicendo al medico dello sparo. Aggiunge però anche una raccomandazione. “Mi ha detto ‘per il lavoro che faccio se fosse possibile non segnalare questa cosa’”, riferisce il medico del P.I.T. di Ladispoli, Daniele Matera, nella sua deposizione.
La Iena si concentra poi sugli spostamenti delle armi di Antonio Ciontoli quella notte: dov’erano e perché sono state tirate fuori. E anche in questo caso molte cose sembrano non tornare.