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Nella terza parte dello speciale di Antonino Monteleone e Riccardo Spagnoli ci concentriamo sulla figura di don Tiziano Bruscagin, il parroco del paese, l'unico che avrebbe cercato di aiutare le indagini nel '96, che però finiscono nel nulla

Nella terza parte dello speciale dedicato alla morte di Willy Branchi, Antonino Monteleone e Riccardo Spagnoli si occupano di una figura chiave in tutta questa vicenda: don Tiziano Bruscagin, parroco di Goro all’epoca.

Lo fanno dopo aver parlato, nella prima parte, di chi sono i sei indagati per false informazioni al pm e, nella seconda, della pista dei festini gay.  

È don Bruscagin lui che nel 2014 rompe il muro di omertà parlando con il giornalista del “Resto del Carlino”, Nicola Bianchi. “Lì parlavano che anche i figli avrebbero collaborato con il padre per l’occultamento del cadavere”, dice il don. “Il padre perché l’avrebbe ucciso?”, chiede il giornalista. “Willy era l’amante di…”. “Occasionale, un passatempo”, conclude il prete. Non solo, il parroco indica anche un’altra figura, quella del sarto del paese, Rodrigo Turolla, che, secondo quanto dice il don, saprebbe chi è l’autore dell’omicidio.

La Iena va a parlare proprio con il sarto. “Quella sera lì io ero a giocare a poker, sono venuto via alle una di notte. Il fatto è successo dopo. È successo qua dietro, a 40 metri da qui. Era tutto scuro. In due o tre là al buio intanto che lui veniva a portare la bicicletta lì lo hanno preso e dopo l’hanno ucciso”, dice il sarto. Una descrizione che non sembra affatto vaga. Ma il sarto aggiunge subito: “Me l’hanno detto i vicini che hanno sentito. Ma non parlano”.

Don Tiziano sarebbe un personaggio chiave nella ricerca della verità anche per tre pagine scritte dai carabinieri di Ferrara nel 1996. Don Tiziano racconta le stesse cose che rivelerà 14 anni dopo a Bianchi, dalle quali emerge un ambiente di festini gay che avrebbe coinvolto Willy. Ma questa indagine del ’96 finisce in un cassetto e non viene trasmessa all’autorità giudiziaria.

“Il don è l’unico che ha fatto tutto. Il fratello di Willy deve ringraziare il don. La madre di Willy deve ringraziare il don”. A parlare è un personaggio importante in questa vicenda, che ha seguito parte delle indagini svolte dai carabinieri di Ferrara nel 1996. Il parroco, racconta la fonte che preferisce restare anonima, nel ’96 inizia a collaborare con i carabinieri di Ferrara. “Vado dal mio amico del nucleo operativo di Ferrara, dico: ‘ti porto io a Goro’, allora viene su con me, vado dal don. Ascolta facciamo una cosa, lui ti dice i nomi, tu non dici nomi perché sei legato al segreto confessionale, accenni sì e accenni no. Lui accennava, non ha detto mai si o no a voce alta ma ci ha fatto capire bene le cose”.

Non solo, da questi colloqui sarebbe emerso anche un dettaglio sul luogo dell’omicidio. “lo devono aver portato in via Cervi”, ci dice la fonte. “Qui c’era un magazzino di rifugio per animali, risultava che ci fossero anche anelli dove ci attaccavano le bestie”.
 

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