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Cucchi, l'Anticorruzione indaga sulle ritorsioni contro il testimone Casamassima

Dalle dichiarazioni del carabiniere era partita l'indagine sul pestaggio di Cucchi, morto poi il 22 ottobre 2009. L'Arma lo aveva demansionato e trasferito, per Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità anticorruzione chi denuncia non può essere penalizzato  

 

I superiori del carabiniere Riccardo Casamassima, uno dei testi chiave del caso Cucchi, potrebbero aver commesso una violazione della legge sul whistleblowing. E, dunque, non avrebbero avuto alcun diritto a trasferirlo dopo le sue dichiarazioni sui social.

A ipotizzarlo è lo stesso presidente dell’Anac, l’autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, che era stato chiamato ad esprimersi dal deputato Cinque Stelle, Davide Galantino.

Il parere di Cantone sembra parlare molto chiaro: “Il consiglio dell’Autorità, sull’assunto che la legge 179/2017 si applica anche agli appartenenti alle Forze Armate e tutte le segnalazioni, ha deliberato di dar seguito alla richiesta dei Parlamentari in indirizzo di voler accertare, rispetto all’appuntato dei carabinieri Riccardo Casamassima, testimone chiave nella vicenda relativa alla morte di Stefano Cucchi, la violazione delle norme sul whistleblowing“.

E’ il testo della legge su chi denuncia irregolarità nella pubblica amministrazione, del resto, a parlare chiaro: “Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione”. Chiaro, no?

Di Casamassima avevamo parlato anche noi de Le Iene e vi avevamo mostrato il suo video-appello su Facebook.

“Per aver testimoniato nel processo su Stefano Cucchi, morto perché pestato dai miei colleghi, mi ritrovo a subire molte conseguenze negative”, raccontava su Fb Casamassima. “Prima di andare al processo a testimoniare avevo manifestato le mie paure, che si sono concretizzate. Mi è stato notificato un trasferimento: sarò demansionato e andrò a lavorare a scuola dopo essere stato 20 anni per strada. Tutto questo è scandaloso”.

E non bastasse questo  a Casamassima era stata anche inflitta la “consegna di rigore'”, ovvero 5 giorni in cui doveva restare in un apposito locale, generalmente il proprio alloggio, come vi abbiamo raccontato per primi su questo sito. Una sorta di arresti domiciliari.

La testimonianza di Casamassima ha fatto riaprire l’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, avvenuta il 22 ottobre 2009, quattro giorni dopo l’arresto, per un più che probabile pestaggio delle forze dell’ordine. 

E in seguito, lo scorso ottobre (dopo ben 9 anni dai fatti!) in aula il carabiniere Francesco Tedesco aveva ammesso il brutale pestaggio, accusando due colleghi ( Raffaele D'Alessandro, la cui moglie aveva raccontato delle confessioni del marito e Alessio Di Bernardo) di aver infierito sul giovane nonostante fosse già riverso a terra.

Il Comando generale aveva subito risposto al video Fb di Casamassima, contestandone la versione e spiegando come la decisione del trasferimento era dovuta in realtà a “un disagio psicologico, che Casamassima ha più volte rappresentato anche pubblicamente, avvertito per la presenza nella stessa caserma di uno dei militari da lui chiamati in causa per il caso Cucchi e di un altro che avrebbe usato parole offensive nei suoi riguardi”.

Immediate erano arrivate anche altre reazioni a questa vicenda, come quella dello stesso ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che aveva detto: “Sono disponibile a parlare con lui”. Infine, la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, aveva espresso con un post su Facebook la sua rabbia per quello che stava succedendo al militare che aveva dimostrato la volontà di contribuire alla verità sulla morte del fratello: “Il carabiniere Riccardo Casamassima ha testimoniato così come lo ha fatto la Carabiniera Maria Rosati, oggi sua compagna e madre dei suoi figli. Furono loro a dare il via a questo processo, al nostro processo per l’uccisione di Stefano Cucchi. È stato trasferito alla scuola allievi con dimensionamento umiliante e consistente decurtazione dello stipendio. L’ho sentito in lacrime, disperato”.

Della morte di Stefano Cucchi ci eravamo occupati nel novembre 2014, pochi giorni dopo la sentenza d’Appello che aveva ribaltato il verdetto di primo grado. Sei medici, 3 infermieri e 3 agenti della polizia penitenziaria, erano stati tutti assolti per la morte del giovane. In quell’occasione abbiamo intervistato la sorella di Stefano, Ilaria: “Ci sono stati dei tentativi per mettere tutto a tacere”. 

L’ultimo aggiornamento nella vicenda processuale è del 22 ottobre scorso, con la comparsa nella nuova inchiesta sui falsi verbali e sui depistaggi, del maggiore dei carabinieri Luciano Soligo. Un nuovo filone che coinvolge anche il luogotenente Massimiliano Colombo (comandante della Stazione Tor Sapienza) e il carabiniere scelto Francesco Di Sano, che avrebbero modificato il verbale sullo stato di salute di Cucchi quando, dalla caserma Casilina, fu portato a Tor Sapienza.



Una vicenda intricata e, temiamo, lungi dal veder scritta la parola fine. E nella quale si aggiunge adesso un nuovo tassello: il carabiniere Casamassima, secondo Cantone, non doveva essere punito per aver rotto quel muro di silenzio. 

GUARDA QUI SOTTO L'ULTIMO SERVIZIO CHE ABBIAMO DEDICATO AL CASO CUCCHI

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