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Strage di Erba, cosa cerca e com'è nata l'ispezione di Bonafede dopo l'inchiesta de Le Iene

Vi sveliamo in esclusiva come è stata decisa e a che cosa punta l’ispezione del ministero della Giustizia, che ha ora tutti gli atti dell’inchiesta. Quella per cui sono stati condannati all’ergastolo Rosa Bazzi e Olindo Romano e di cui vi abbiamo parlato fino a un mese fa con i sei servizi di Marco Occhipinti e Antonino Monteleone

Circa due mesi dopo l’incontro con Le Iene il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha avviato due settimane fa un’ispezione sul caso della strage di Erba, acquisendo al ministero tutti gli atti dell’inchiesta dalla procura di Como. La notizia è stata data oggi dal Corriere della Sera.

L’11 dicembre scorso sono passati 12 anni da quando in un appartamento di Erba (Como) vennero uccisi Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, sua madre Paola Galli e la vicina Valeria Cherubini. Per la strage sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva Rosa Bazzi e Olindo Romano, dopo tre gradi di giudizio. Movente: le continue liti condominiali. L’inchiesta de Le Iene di Marco Occhipinti e Antonino Monteleone ha sollevato molti dubbi sulla loro colpevolezza.

Ecco come si è arrivati ora a questa svolta clamorosa da parte del ministero della Giustizia dopo i nostri servizi (in fondo all’articolo ve li riproponiamo tutti) e la successiva decisione della Cassazione di permettere nuove indagini difensive

Il 10 ottobre scorso, mentre andavano in onda i nostri servizi, Le Iene hanno segnalato al ministro Bonafede tre elementi molto importanti che mancano agli atti.  

Due riguardano la prova forse più importante: la testimonianza dell’unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini, che ha riconosciuto Olindo Romano come autore della strage

In realtà all’inizio, come vi avevamo raccontato nel servizio del 7 ottobre, all’inizio aveva riconosciuto come il suo aggressore una persona di carnagione olivastra, non del posto e che non aveva mai visto prima. Lo dice chiaramente in un audio del 15 dicembre 2006, che abbiamo mandato in onda per la prima volta.

Come si arriva al suo cambio di versione? Il 20 dicembre il comandante della stazione dei carabinieri di Erba, Luciano Gallorini, va in ospedale da Frigerio e gli chiede più volte se la persona che ha visto poteva essere Olindo Romano, ripetendo per ben nove volte il suo nome, come si sente dall’intercettazione ambientale in ospedale che abbiamo mandato in onda.

Ed ecco il primo “buco” agli atti che abbiamo segnalato. I carabinieri parlano con Mario Frigerio la mattina presto del giorno di Natale, ma nelle intercettazioni ambientali non c’è traccia di questo colloquio, mancano 40 minuti di registrazioni tra le 6.20 e le 7. Il giorno dopo, il 26, l’uomo farà per la prima volta il nome di Olindo Romano, senza dirsi ancora sicuro. 

Si arriva così al secondo “buco”, molto più ampio. I carabinieri per verificare la bontà del ricordo di Frigerio si affidano al dottor Cetti, il neurologo che il 27 dicembre durante un test matematico riscontra qualche problema con la memoria di Mario Frigerio, che non è in grado di fare il calcolo di 100 meno 7. Dal giorno dopo avrebbero dovuto verificare il ricordo della strage. 

Dal suo arrivo il giorno successivo, il 28, fino al 3 gennaio non ci sono più intercettazioni agli atti nella stanza d’ospedale. Non sappiamo cosa si sono detti e si tratta di un momento cruciale: proprio il 2 gennaio, Mario Frigerio, in un famoso filmato girato degli inquirenti mentre lui è ancora nel suo letto d’ospedale, dirà che l’assassino è “Odolino”, poi lo correggono “Sì, Olindo, ho sbagliato”.

Il ricordo dichiarato ai pm contraddice alcune conversazioni che Frigerio ha avuto nei giorni precedenti con i figli e l’avvocato. Ma purtroppo, a parte quella ripresa ordinata dai pm, al momento non è dato sapere cosa si sono detti alcuni dei protagonisti del caso in quella stanza in quei giorni che vanno dal 28 dicembre al 3 gennaio.

Il terzo “buco” che manca agli atti sono i primi quattro giorni di intercettazioni ambientali in casa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, dal 12 dicembre subito dopo la strage. E uno dei motivi che convinse i giudici della colpevolezza dei coniugi Romano durante il processo è stato proprio il fatto che la coppia non aveva stranamente parlato degli omicidi nei giorni successivi alla strage, al contrario di quanto avevano fatto tutti gli altri vicini. Peccato che, cosa si sono detti davvero in casa, però in verità non è possibile stabilirlo, visto che non c’è traccia di quelle intercettazioni negli atti del processo.

Dopo che abbiamo sottolineato queste mancanze, il ministero della Giustizia si è attivato, incaricando la polizia giudiziaria di Milano di far luce sulla vicenda. Nel mentre Edoardo Montolli, su Oggi, segnala anche altre intercettazioni “sparite” sempre riguardo la stanza di Frigerio in ospedale. Sono i giorni seguenti all’arresto di Olindo e Rosa. La risposta arrivata al Ministero dalla Procura di Como e che noi vi raccontiamo in esclusiva ha lasciato un po’ tutti interdetti: “La macchina delle intercettazioni non si è attivata in quei momenti”.

“Ma com’è possibile che in una stanza d’ospedale frequentata da parenti, neurologo e infermieri e che nella casa di Rosa e Olindo per giorni interi non fossero prodotto alcun rumore tanto da non far mai scattare i sensori che fanno partire la registrazione?”. Queste le considerazioni fatte dal Ministro a caldo con i suoi collaboratori e condivise con Le Iene, durante una visita al Ministero di Grazia e Giustizia, questa volta senza telecamera, nel novembre scorso.

E di fronte alle tante domande rimaste ancora senza una risposta convincente, il ministro ha deciso di fare partire ufficialmente l’ispezione. Noi speriamo che questa possa finalmente chiarire questi strani “buchi” nelle indagini e anche magari i molti dubbi sulla colpevolezza di Rosa Bazzi e Olindo Romano sollevati in questi anni dai giornalisti investigativi Edoardo Montolli e Felice Manti. Tutti gli atti dell’inchiesta sono ora al ministero della Giustizia a Roma.

Nella nostra inchiesta siamo partiti, nel primo servizio del 30 settembre, dai dubbi di Azouz Marzouk, che nella strage ha perso la moglie Raffaella e il figlio Youssef, e di molti esperti e giornalisti (in fondo all'articolo vi riproponiamo tutti i servizi).

Abbiamo analizzato poi la testimonianza dell’unico superstite, Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini, che ha riconosciuto appunto Olindo come colpevole. Nelle sue prime parole al risveglio ha parlato di un’altra persona, di carnagione olivastra, che non aveva mai visto prima e non del posto.

Ci siamo concentrati anche su un’altra prova: la macchia di sangue trovata sull’auto dei due. I dubbi aumentano, sia sul modo del reperimento della prova sia sul suo possibile inquinamento.

Nel quarto servizio abbiamo parlato della morte di Valeria Cherubini. Una ricostruzione alternativa a quella stabilita dalle sentenze sul suo decesso potrebbe scagionare Rosa e Olindo. Anche il generale Luciano Garofalo, ex comandante del Ris dei Carabinieri, sostiene, parlando con noi, che “è lecito avere dei dubbi sulla strage di Erba”.

Nel quinto servizio ci chiediamo: perché Rosa e Olindo hanno confessato? Olindo decide di confessare sperando di ottenere benefici di pena e non l’ergastolo e di lasciare la moglie in libertà. Rosa però lo anticipa e confessa per prima. Olindo prova allora a scagionare lei, sostenendo di aver fatto lui tutto da solo. Hanno confessato potendo vedere le foto della strage e conoscendo man mano le dichiarazioni l’una dell’altro.

Nelle confessioni (poi ritrattate), Olindo colleziona 243 errori nella sua ricostruzione, uno ogni 30 secondi, mentre gli errori di Rosa sono incalcolabili.

"Non siamo stati noi”, dice Olindo Romano nel sesto e ultimo servizio andato in onda il 28 ottobre, l'intervista esclusiva in carcere, la prima in tv dopo 12 anni di silenzio.

“Gli assassini erano dei professionisti, non hanno lasciato in giro niente”, sostiene Olindo, che entra in molti particolari dell’inchiesta. Una delle tante domande che viene spontanea a tutti: perché allora hanno confessato (e poi ritrattato) una strage mai commessa?

“Ci siamo ritrovati in un contesto che ci portava a quello. Dopo due giorni sono arrivati due carabinieri. Ci hanno detto che eravamo messi male, e in poche parole ci hanno prospettato una via d'uscita. Era il minore dei mali confessare, una cosa così. Il mio primo pensiero era riuscire a vedere mia moglie, perché da quando eravamo entrati in carcere non l'avevo più vista. Noi abbiamo cercato di resistere. Però ti dicono: se non confessi non vedi più tua moglie... All'inizio ai magistrati che volevano farci confessare l'avevamo detto che non c'entravamo niente. Ma loro hanno continuato a insistere. E non so neanch'io come sia successo, ma è saltata fuori tutta questa storia”.

E i dettagli che solo chi era stato sul luogo della strage poteva sapere? “Ce li hanno fatti vedere loro! I magistrati, ci coinvolgevano loro! E alcuni dettagli li abbiamo visti su un mucchio di fotografie degli omicidi che ci hanno messo sul tavolo. Se tornassi al 2006 sicuramente non rifarei la confessione”.  

“Siamo passati da 26 giudici: vorrei trovare un giudice onesto. Ma dopo tutto questo chi è che si prende la patata bollente? Penso che la vicenda giudiziaria non sia conclusa perché se non siamo stati noi, è stato qualcun altro. Male che vada, quando arriviamo a Strasburgo qualcosa cambia. Sul piano giudiziario ci daranno ragione per forza. Ci vorrà un po' di tempo ma arriverà giustizia”.

Ecco qui sotto i servizi e gli articoli che abbiamo dedicato alla strage di Erba.

Strage di Erba, l'inchiesta su Rosa e Olindo: sono davvero colpevoli?

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