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Chico Forti: le bugie, i dubbi sul processo e le nuove testimonianze | VIDEO

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Nella nuova puntata dell’inchiesta di Gaston Zama vi ricapitoliamo tutto quanto vi abbiamo raccontato finora con l’aggiunta di nuove testimonianze sul caso. Non perdetevi domenica 22 dicembre l’intervista di Gaston Zama a Chico Forti e il 29 gennaio 2020 lo speciale dedicato alla storia del nostro connazionale condannato all’ergastolo negli Stati Uniti

Chico Forti deve a morire negli Stati Uniti: il nostro connazionale è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike, avvenuto il 15 febbraio del 1998 a Miami. Da vent’anni si trova recluso in un carcere di sicurezza. Chico si è sempre dichiarato innocente e vittima di un errore giudiziario. E sono molte le cose che in effetti sembrano non tornare in questa vicenda, nonostante per la legge americana si deve condannare qualcuno solamente “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Di dubbi, purtroppo, ce ne sono molti.

Nella prima puntata dell’inchiesta vi abbiamo raccontato la storia di Chico Forti fino al 15 febbraio 1998: quel giorno viene trovato su una spiaggia di Miami il cadavere di Dale Pike, ucciso con due colpi di pistola: per quell’omicidio Chico è stato condannato all’ergastolo.

Nella seconda puntata vi abbiamo invece dato conto di tutto quello che sembra non tornare nelle indagini e nel processo che hanno portato alla condanna a vita per Chico Forti. In particolare la scena del crimine sembra essere stata manipolata affinché Chico potesse risultare colpevole dell’omicidio di Dale Pike. Una giurata di quel processo ci ha mandato anche un messaggio sostenendo che l’intero procedimento “è stata una cazzata”.

Nella terza puntata vi abbiamo raccontato come il presunto movente dell’omicidio, una truffa ai danni di Tony Pike, sembra non reggere di fronte ad alcune evidenze che non sarebbero state considerate durante il processo. Vi abbiamo parlato anche di un’altra persona, Thomas Knott, che sembra potesse avere un possibile movente e non sarebbe stato considerato durante il processo.

Nella quarta vi abbiamo parlato della bugia che Chico disse per telefono alla moglie la sera in cui recuperò Dale Pike all’aeroporto di Miami. Proprio quella telefonata sarebbe cruciale nel localizzare Chico Forti nelle vicinanze della spiaggia in cui fu trovato il cadavere. Infine vi abbiamo raccontato della scoperta “in zona Cesarini” di una prova fondamentale: alcuni granelli di sabbia nella macchina del nostro connazionale, sul cui ritrovamento però aleggia più di un dubbio.

Nella quinta puntata, infine, vi abbiamo raccontiamo quella che secondo Chico Forti sarebbe la vera ragione che si cela dietro alla sua condanna all’ergastolo: un documentario da lui realizzato sulla morte dell’assassino di Gianni Versace, Andrew Cunanan, da cui la polizia di Miami non emergerebbe in modo lusinghiero.

In questa nuova puntata dell’inchiesta di Gaston Zama ricapitoliamo tutto quello che abbiamo raccontato negli episodi precedenti. Partiamo prima da un appuntamento: il 29 gennaio 2020 dalle 21.20 andrà in onda lo speciale dedicato alla storia di Chico Forti. In questo speciale con Gaston Zama vi racconteremo altre informazioni e curiosità sul caso del nostro connazionale: tra le altre vi racconteremo del servizio di Dominick Dunne, giornalista americano, che nel 2004 ha dipinto la vicenda facendo emergere un’apparente evidente colpevolezza di Chico Forti.

Il giorno della sentenza della giuria, sembrano aver avuto un grande peso le bugie raccontate da Chico su cui anche l’accusa spinse molto: la bugia raccontata alla polizia, la bugia raccontata alla moglie Heather, quella a Tony Pike e quella al suo avvocato, di cui vi abbiamo raccontato nelle puntate precedenti e che potete riascoltare nel servizio qui sopra.

Immaginiamo a questo punto una lavagna, su cui scrivere tutto quello che depone contro e quello che depone a favore di Chico. Da una parte ci sono tutte le bugie da lui raccontate e la sabbia ritrovata nella sua auto, mesi dopo il sequestro e dopo che era stata portata in giro per Miami dalla polizia. Dall’altra invece tutto quello che non è stato messo in dubbio durante quel processo ma che dubbio, invece, lo sembra: l’interrogatorio senza registrazioni audio o video, l’enigma della lettura dei diritti miranda, il tabulato della gas station con l’anno sbagliato, la questione della presunta truffa a Tony Pike, la mail di Dale in cui non si parla della presunta truffa, la mancata testimonianza sul litigio tra lo stesso Dale e Thomas Knott, l’orario incredibilmente preciso della morte della vittima nel referto dell’autopsia, e tanto altro che potete rileggere e riascoltare nei servizi che trovate linkati qui sopra.

Mettendo tutte queste cose sulla lavagna, è importante ricordare che uno dei principi cardine della giustizia americana è quello secondo cui una persona può essere condannata se viene dimostrata la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Al di là della del fatto che Chico Forti sia innocente o colpevole, il punto è: gli è stato concesso un giusto processo? Alla giuria sono stati dati tutti gli elementi per scongiurare ogni ragionevole dubbio?

“Grazie per quello che sei riuscito a fare e per quello che stai facendo”, ha detto Chico al telefono a Gaston Zama. “Non è facile dover aspettare vent’anni per poter mettere quei punti sulla lavagna, non è facile da digerire”. Ad avere dubbi su tutta questa storia è stato anche Tony Pike, che anni dopo la condanna di Chico Forti disse di cominciare a credere che a mentire, nel caso dell’omicidio di suo figlio Dale, fosse stato proprio Thomas Knott. Dubbi condivisi anche dall’altro figlio, Bradley: “Le mie sensazioni dicono che Enrico Forti è stato manipolato ed è stato il capro espiatorio”, ci ha detto.

A gettare ulteriori ombre sul caso è stato anche un uomo che sostiene di aver conosciuto Thomas Knott, che gli avrebbe rivelato tutta un’altra verità sull’omicidio di Dale Pike: “Naturalmente è una mia convinzione, che deriva dall’aver conosciuto Thomas Knott a giugno del 2011 a Montecarlo”, ci ha detto. “Diceva di aver capacità diverse da quelle di noi italiani e di esser riuscito con una sola mossa a fare un favore a se stesso, a un amico e a una autorità giudiziaria di Miami. Mimava una pistola, lo scarrellamento e il colpo”. Dobbiamo specificare che questo testimone, le cui affermazioni sono tutte da dimostrare, ha parlato con a fianco il suo avvocato: l’uomo è stato condannato per bancarotta.

È il momento di un’altra testimonianza, quella della ex moglie di Thomas Knott, Chaive Mesmer. “Mentiva su quello che aveva fatto e su dov’era”, sostiene la donna parlando con Gaston Zama. Knott infatti, sebbene sembra potesse essere un sospettato più credibile di Chico Forti per l’omicidio di Dale Pike, aveva un alibi di ferro: una cena a casa sua, da cui secondo molti testimoni non si sarebbe mai allontanato. “Ha mentito alla polizia sulla notte dell’omicidio”. Secondo l’ex moglie Knott non rimase tutta la sera a quella festa: “È andato via con qualcuno e poi è tornato da solo. Un uomo, non ricordo il suo nome. Era tedesco, aveva i baffi, un uomo di mezza età un po’ più basso di Thomas. È stato via quasi due ore. Non ho mai parlato con nessuno come sto parlando con te”.

Queste dichiarazioni ci lasciano increduli, perché questa rivelazione non era mai emersa e qualora fosse vera getterebbe una luce nuova sull’alibi di Thomas Knott. La donna si è anche detta disposta a testimoniarla.  

Vi è inoltre una ulteriore testimonianza, secondo cui ci sarebbe una lettera di Tony Pike in cui l’uomo riporterebbe il commento espresso dalla giudice del caso Forti dopo la sentenza. Questo però sembra molto strano, perché il giudice negli Stati Uniti non commenta mai la decisione espressa dalla giuria popolare. La decisione, inoltre, non viene mai giustificata. Nel verdetto contro Chico Forti, infatti, non sono scritte le ragioni per le quali è stato giudicato colpevole. Su quel verdetto della giuria, comunque, grava un dubbio: quello della mail che avrebbe ricevuto Tony Pike e poi ritrovata dal figlio Bradley, in cui il detective John Campbell che ha partecipato alle indagini per conto dell’accusa avrebbe scritto di aver quasi dovuto minacciare i pm per portare avanti il caso su Chico, contro cui le prove non erano forti.

A gettare le ombre più grandi sul verdetto è stata però Veronica Lee, una delle giurate che decisero per la colpevolezza di Chico. “Tutto il processo è stato una cazzata”, ci ha detto. “Molte informazioni non sono arrivate in quel tribunale. Ricordo anche di essere stata bullizzata dagli altri giurati perché credevo ci fosse un ragionevole dubbio”. La giurata ha poi aggiunto: “Mi sono sentita così male quando sono rientrata in aula per dare il verdetto. Non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi. Mi sentivo come se l’avessi completamente deluso. Se ci fossero state più persone a pensarla come me, che erano più forti, lui non sarebbe lì adesso. Nessuno voleva ascoltarmi. Sono una madre adesso, non riesco a immaginarmi i suoi bambini stare senza il loro padre. Mi sento così male per lui, deve essere così difficile”.

Non perdetevi domenica 22 dicembre l’intervista di Gaston Zama a Chico Forti e il 23 gennaio 2020 lo speciale dedicato alla storia del nostro connazionale.

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