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News | di Matteo Gamba |

Generazione Covid, Lisa: “Le lacrime per quello stage a Sydney e ora 5 ore al giorno su LinkedIn”

Quinto appuntamento con il nostro viaggio inchiesta tra le migliaia di ragazzi che non trovano lavoro (ancora di più), bloccati dalla crisi da pandemia a casa dai genitori a mandare curriculum nel nulla. Dopo Giulia, Desy e i due Alessandro, ecco la storia di Lisa Finetti, 25 anni, laureata con 110 e lode, “obbligata per legge” a essere perfetta negli studi dopo la morte del papà: “Non mi sono mai fermata, poi è arrivato il coronavirus”

“Ho 25 anni, mi sono laureata un anno fa con 110 e lode, sto finendo un master. Sono sempre stata una studentessa modello: dovevo esserlo per forza per non perdere la pensione di reversibilità di mio padre, morto quando avevo 14 anni. Mi ha bloccato la crisi da Covid, assieme al mio stage in Australia saltato all’ultimo momento e a tante mie speranze”.

Lisa Finetti si presenta così al telefono e ci tiene subito a precisare: “Non voglio piangermi addosso però, sono una che si è sempre data da fare”. Pendolare con Milano da Verbania (con tre ore di viaggio ogni giorno) per prendere laurea triennale e poi magistrale in Comunicazione per la Moda alla Statale e ora “in remoto” per un master in Marketing per le relazioni internazionali allo Iulm, è uno dei volti della Generazione Covid che incontriamo nel nostro viaggio inchiesta tra le migliaia di ragazzi bloccati a casa dei genitori per la crisi da pandemia a cercare inutilmente un posto.

Dopo la laurea o anche dopo un diploma, oggi le possibilità di trovare un lavoro o anche solo di iniziare con gli stage (dimezzati oggi a 250mila l’anno) sono crollate, soprattutto in alcuni settori. Con tantissime aziende che fanno fatica ad andare avanti e mantenere il proprio personale e che non possono quindi investire in assunzioni e formazione. Dopo i racconti di Giulia Biagini, Alessandro Caré, Desy Vallorani e Alessandro Cardinale, che ritroviamo tutti più in basso, ripartiamo da questa studentessa modello, per passione e per forza.

Perché questo “obbligo” a essere perfetta negli studi?
“Mio padre è morto quando avevo 14 anni. Io come figlia ho diritto a circa 250 euro al mese della pensione di reversibilità che sono serviti per i miei studi. La mia famiglia non mi ha fatto mai mancare nulla, voglio precisare. Per avere quei soldi, per legge, sono dovuta restare comunque sempre in pari con gli esami e in corso fino alla laurea, per entrambe i diplomi. Non solo hai avuto un problema quindi, ma devi anche essere sempre ‘perfetta’, appunto, con la beffa in aggiunta di non poter chiedere borse di studio o riduzioni delle tasse universitarie perché considerata ‘percepente reddito’. Non mi voglio piangere addosso, ripeto, ma in pratica non mi sono mai fermata né potuta fermare. La pandemia però è riuscita a bloccarmi, portandosi via tante speranze”.

Come?
“Dopo la laurea nel dicembre 2019, ho iniziato il master. Ero riuscita ad avere un colloquio video a distanza durante il primo lockdown ed ero stata presa per uno stage di sei mesi alla Camera di commercio italiana a Sydney, settore comunicazione e organizzazione eventi per la promozione del made in Italy. Dovevo partire entro novembre ma con la seconda ondata e i confini di nuovo chiusi in Australia è saltato tutto all’ultimo momento”.

Brutto colpo.
“All’inizio mi è crollato il mondo addosso: ci avevo investito tanto quest’anno, avevo anche già venduto la macchina per avere qualche soldo in più in vista della partenza. Non è da me, ma sono rimasta a letto a piangere per una settimana pur di non pensarci. Ribadisco: io non mi lamento perché voglio che qualcuno mi trovi un lavoro visto che ho una laurea, così però diventa difficilissimo. Vorrei solo poterli fare colloqui e stage, poi sta a me dimostrare quanto valgo. Prima non c’erano problemi a trovarli a Milano: ne ho fatto uno di sei mesi nel 2019 in un’agenzia di comunicazione, mentre studiavo avevo iniziato anche alcune collaborazioni giornalistiche non pagate”.

Perché quella scelta dell’Australia?
Avevo fatto una ricerca: è un mercato con molte possibilità da sfruttare per promuovere il made in Italy, soprattutto con eventi per moda e food and beverage, quello in cui sono specializzata. Ironia della sorte parliamo proprio di alcuni dei settori più colpiti dalla crisi da pandemia. Inoltre, come ho verificato sulla mia pelle, non c’è più nemmeno la possibilità di tentare un’esperienza all’estero. Io volevo tornare e non essere un ‘cervello in fuga’: voglio lavorare bene per e nel mio paese”.

E ora?
“Ho faticato tanto per studiare: chiedo, chiediamo soltanto di avere una possibilità. Continuo a mandare, senza ottenere nulla, almeno 20 curriculum ogni giorno mentre sto a casa da mia mamma. Non mi arrendo, ma fatico ancora di più: ora sto facendo uno stage gratuito, full time e in remoto, per una società di Praga di e-commerce di moda. Finisce questo mese, poi non so cosa farò. Intanto LindedIn, il social per cercare lavoro, è diventato un’ossessione: tra cercare offerte, mandare curriculum e iscrivermi a nuovi siti, ci passo anche 5 ore al giorno. Su 500 curriculum mandati, sono riuscita avere solo un altro colloquio, sempre dall’estero, da Berlino, ma era per un call center e con un’offerta davvero poco chiara”. 

GIULIA, DESY E I DUE ALESSANDRO
Strade diverse e stessa situazione anche i primi quattro ragazzi intervistati in questo viaggio inchiesta.

Sono andata a lavorare per un’agenzia immobiliare a 500 euro al mese poi è saltato anche quel lavoro per la crisi da coronavirus, altri compagni di università fanno i camerieri o le commesse: siamo come fantasmi, senza un presente e senza un futuro”, ci dice Giulia Biagini, 27 anni, lucchese, 110 e lode alla Sapienza di Roma in Media e comunicazione digitale nell’intervista che potete leggere integralmente cliccando qui.

Centinaia di curriculum inviati senza risposta anche per Alessandro Caré, 25 anni, romano, 110 e lode alla Sapienza in Archeologia: “Mi rispondono solo con proposte per quelli che io chiamo ‘lavori truffa’ porta a porta, a provvigione. Sono disposto a fare qualsiasi cosa in questo momento, dal magazziniere al commesso, ma almeno con uno stipendio ‘vero’, ogni mese, anche basso, per provare a mantenermi da solo” (clicca qui per tutta l’intervista).

Mi sono laureata in Biologia con 110 e lode e una tesi sperimentale in laboratorio e tutta in inglese, so esaminare i tamponi per il Covid. Risultato: passo 5/6 ore al giorno a spedire curriculum senza ricevere nemmeno una risposta. D’estate e nei weekend prima facevo la cameriera, ora con il Covid è saltata anche questa possibilità”, racconta Desy Vallorani, 25 anni, di Fermo (qui tutta l’intervista).

L’ultimo stage? Cameriere di sala in un hotel per 20 ore settimanali ufficiali. In realtà lavoravo dalle 5 di mattina alle due di notte per 300 euro al mese. Ho già fatto cinque stage tra alberghi e ristoranti: ora che questi settori stanno venendo giù per il coronavirus, non c’è davvero più nulla, neanche come speranza”, ci dice Alessandro Cardinale, 23 anni (qui tutta l’intervista). Lui la laurea non l’ha presa, anche lui è uno di quelli che si è sempre dato da fare. Si racconta sempre con la stessa voce gentile, un po’ intristita ma ancora determinata degli altri: anche questo accomuna la Generazione Covid che stiamo incontrando.

Se volete raccontarci la vostra storia, scriveteci su redazioneiene@mediaset.it.

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