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News | di Matteo Gamba |

Pierluca, italiano alle Canarie: “Aperto la mia impresa di rider indipendenti. È arrivato il Covid ma non mi arrendo”

Quarto appuntamento con il mondo e la vita dei rider, tra nuove opportunità e troppo sfruttamento. Pierluca Panico ci racconta dalle Canarie le difficoltà “al limite della schiavitù” di questo lavoro. E come è riuscito a combattere la crisi da prima e seconda ondata di coronavirus rimboccandosi le maniche e mettendosi in proprio

“Faccio 5.000 chilometri al mese in motorino, mi sono venuti calli alle mani a forza di guidarlo! Ma resisto. Con la pandemia, lavoro e soldi incassati erano crollati: mi sono messo in proprio e ho aperto una mia impresa di rider indipendenti dando lavoro anche a 5 ragazzi ”.

Pierluca Panico, 37 anni, di Napoli, è uno che non si arrende e che si rimbocca le maniche. La sua storia ci arriva da Las Palmas de Gran Canaria, racconta una realtà che sembra ovunque la stessa, tra luci e ombre, in questo quarto appuntamento con le tantissime segnalazioni che ci state mandando su redazioneiene@mediaset.it sul mondo delle consegne di cibo a domicilio. Uno dei pochi settori in espansione e che dà lavoro al tempo del coronavirus, spesso però con paghe bassissime e in condizioni molto difficili.

Nei primi tre vi abbiamo raccontato di Daniel che, dopo 10 anni passati da titolare di un’agenzia di viaggio, si è dovuto mettere a “consegnare hamburger, pollo e piadine” per riuscire ad andare avanti (qui l’articolo), di Giovanni (“Io, rider improvvisato per la pandemia a 3 euro e mezzo all’ora: vivo nell’angoscia") e di Luca e Giuseppe, in un viaggio che da Benevento ci ha portato fino ad Amsterdam in un giorno molto triste (Travolto e ucciso un rider, Luca e Giuseppe: ecco com’è la vita di chi ci porta il cibo a casa). 

“Facevo il rider già dal 2019 alle Canarie: mi sono innamorato di questa terra, mi sono trasferito qui con i miei fratelli e spero presto con i miei genitori. Era l’unica possibilità, era già un lavoro molto duro, in alcuni casi al limite della schiavitù”, ci dice Pierluca, che vedete qui sopra in foto. “Ci sono grandi gruppi che ti costringono a lavorare a questi ritmi. Se non rispetti un numero molto alto di consegne nel weekend, ovvero quando hanno più bisogno, vieni penalizzato e per recuperare punteggio devi stare ore ad aspettare collegato al telefono. Devi sperare che qualche collega rinunci a qualcuno dei pochi ordini che ci sono durante la settimana. Diventa una bolgia, un incubo, per 4 euro a viaggio. Prima di passare allo scooter, ho iniziato con la mia auto e parcheggiare ogni volta era un altro incubo: mi accompagnava la mia compagna che mi aspettava in macchina. Non va sempre così, e non con tutti. Lavoravo 12 ore al giorno, tutti i giorni, senza mai prendermene uno libero, e alla fine guadagnavo anche decentemente”.

Poi è arrivata la pandemia: “Hanno abbassato le tariffe, anche perché sono aumentate le persone che volevano fare i rider per sopravvivere. Il mercato era saturato e qualcuno si approfittava che ci fosse tanta gente disposta a lavorare a qualunque costo. Non solo ti pagavano di meno, le consegne sono pure crollate vista la concorrenza: stavi anche intere giornate a casa ad aspettare senza fare niente. Arrivare a fine mese con tutte le spese era impossibile”.

Pierluca non si è arreso: “Il 2 aprile 2020 ho aperto un’impresa in proprio di rider indipendenti. Ci occupiamo con cura dei nostri clienti e non dei grandi numeri, senza ritardi o disservizi. Sono arrivato ad avere 5 dipendenti con regolare contratto, senza sfruttarli. I ristoranti ci chiamavano, le cose andavano bene. Poi già a settembre qui è arrivata la seconda ondata. Tra coprifuoco e lockdown gli ordini serali sono diminuiti tantissimo ed ero pieno di spese. Ho chiamato i ragazzi: ‘Purtroppo così devo chiudere, non ce la faccio’. Loro si sono rimboccati le maniche ancora di più. Mi hanno detto: passiamo a collaboratori, rinunciamo al contratto e andiamo avanti tutti quanti. Quando sono liberi possono dedicarsi ad altre aziende, io non ho chiuso, resistiamo. Sono il primo a fare consegne: faccio 5.000 chilometri al mese in motorino da tempo: mi sono venuti i calli alle mani a forza di guidare così tanto!”.

Se anche voi volete raccontarci la vostra storia, scriveteci su redazioneiene@mediaset.it.

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