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Pfas e inquinamento dell'acqua in Veneto: “Si poteva intervenire 10 anni fa”

“L’inquinamento delle acque in alcune aree del Veneto poteva essere affrontato con dieci anni di anticipo”. Lo sostiene Greenpeace dopo le indagini sul disastro ambientale che ha messo in pericolo la salute di oltre trecento mila persone. Nadia Toffa si era occupata del caso Pfas già nel 2016

“L’inquinamento delle acque in tre province del Veneto causato dalle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) poteva essere affrontato con dieci anni di anticipo e si sarebbe potuti intervenire molto prima per scongiurare questo disastro ambientale”.  È l’accusa di Greenpeace alle autorità locali, che avrebbero perso tempo prezioso per la salute di oltre trecento mila persone.

I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (Noe) di Treviso, in particolare, mettono in dubbio l’operato della provincia di Vicenza, che tra il 2003 e il 2009 avrebbe dovuto richiedere verifiche più approfondite sullo stabilimento Miteni, ritenuto responsabile di aver contaminato le falde acquifere con sostanze inquinanti. Secondo il Noe i dati raccolti in quel periodo avrebbero evidenziato un aumento di Btf (Benzotrifluoruri) nelle falde ma l’Agenzia per l’ambiente del Veneto non sarebbe stata avvertita.

“La Miteni è ritenuta coinvolta nell’inquinamento della falda acquifera fino al 2013, quando in realtà il suo coinvolgimento potrebbe arrivare fino al 2016”, continua Greenpeace. Sono tre anni che fanno la differenza perché in questo modo sarebbe inapplicabile la normativa per gli ecoreati entrata in vigore proprio nel 2013 e il rischio di prescrizione per alcuni degli imputati aumenta.

Noi avevamo denunciato questo problema già nel 2016 con il primo servizio di Nadia Toffa in cui raccontavamo la situazione dell’acqua nelle aree attorno alla Miteni ditta che produce Pfas, pericolose sostanze perfluoroalchiliche usate come impermeabilizzanti per pentole, tessuti, scarpe, cartoni per le pizze. La Miteni, era stata costruita 50 anni fa proprio sopra la falda acquifera che serve un’area compresa tra le province di Vicenza, Verona e Padova.

Secondo studi americani, i Pfas possono provocare malattie come diabete, problemi alla tiroide, aumento del colesterolo con rischi di ictus e infarto, gestosi e varie forme di tumore. Nelle zone interessate, abitate da 300mila persone, è stato riscontrato un aumento della mortalità dal 10 al 30%.

Le acque contenenti Pfas non solo sono state bevute dagli abitanti dell’area ma sono state usate anche per irrigare i campi, con pericolo di inquinamento per ortaggi e verdure. Ci sono rischi anche per l'acqua e il cibo degli animali. In pratica, potrebbero aver inquinato frutta, verdura e carni che potrebbero essere finite nei supermercati e sulle tavole di tutta Italia.

Guarda qui sotto tutti i servizi di Nadia Toffa e gli articoli sul caso Pfas.

Caso Pfas: emergenza ambientale in Veneto

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