Generazione Covid, Stefania: “Conosco inglese, spagnolo, russo. Sto studiando francese e ingegneria gestionale, non basta mai”
“Ho sempre lavorato d’estate da quando avevo 16 anni per mantenermi agli studi. Mi sono laureata il 30 ottobre, mentre scattava il secondo lockdown, quando per noi giovani sono crollate definitivamente le speranze di trovare un lavoro”, racconta Stefania. Nuovo appuntamento con le decine di segnalazioni che ci state mandando sulle migliaia di ragazze e ragazzi bloccati a casa dei genitori per la crisi da pandemia a cercare inutilmente un posto o anche solo un primo stage
“Un’amica ha iniziato uno stage a gennaio 2020 e oggi lavora. Un mese dopo con il coronavirus si sono chiuse tutte le possibilità. Dopo la laurea sto passando tutte le mie giornate al computer a mandare curriculum: ogni volta ci sono mille candidati per un solo posto. Resteremo a casa dei genitori e senza lavoro chissà per quanto tempo”.
Stefania (il nome è di fantasia), 25 anni, è una delle decine di ragazze e ragazzi che ci stanno contattando dopo i nostri primi articoli su quella che abbiamo chiamato la Generazione Covid, ovvero le migliaia di ragazzi bloccati a casa dei genitori per la crisi da pandemia a cercare inutilmente un posto o anche solo uno stage. Più in basso trovate le altre storie che abbiamo raccolto, quelle di Lisa, Giulia, Desy e dei due Alessandro.
“Ho preso la laurea in Lingue per la cooperazione Internazionale con 109/110. ‘Ci arrivano già tante storie come la tua anche da laureati con 110 e lode’, direte voi”, scrive Stefania. Non diciamo così, l’abbiamo contattata e sentita al telefono. Lei ci ha raccontato una storia che è purtroppo quella di tantissimi altri giovani. Ha preso la laurea quinquennale, dopo quella triennale da interprete, il 30 ottobre, è stata una delle ultime in presenza prima del secondo lockdown, in un momento terribile per le prospettive economiche e di lavoro, quello del crollo al tempo delle speranze.
Anche ora che ci sono i vaccini e che si intravede luce in fondo al tunnel, la situazione per i giovani non è cambiata: “Passo le mie giornate al computer a casa dei miei genitori a mandare curriculum in Italia e in Europa senza ottenere alcun risultato”, racconta Stefania dalla riviera romagnola. “È un lavoro anche cercare lavoro. Non si tratta solo di inviare un file word già pronto, ci vuole anche un’intera mattinata per alcune candidature tra compilare moduli online e rispondere a questionari. Poi do un’occhiata ai numeri e vedo che siamo in mille per ogni singolo posto. Conosco inglese e spagnolo da interprete, e anche il russo. Passo altre ore al pc per arricchire le mie competenze con il francese e un corso di ingegneria gestionale in azienda”.
Stefania è una che si è sempre rimboccata le maniche. Ha lavorato da quando aveva 16 anni da giugno a settembre come cameriera, barista, receptionist d’albergo, segretaria: “Mi sono laureata il prima possibile per avere la mia indipendenza, il 109 nasce anche da questo. Ho fatto l’hostess e l’interprete per le fiere e la traduttrice audio-video per i festival cinematografici, ho il certificato per insegnare l’italiano agli stranieri. Sempre con esperienze mirate per trovare presto un mio posto. Anche i due Erasmus in Spagna, che sono riuscita a pagarmi, puntavano a questo. Durante il secondo è arrivato il primo lockdown: hanno chiuso tutto e sono pure rimasta bloccata là due mesi senza poter tornare in Italia”.
“A volte è anche questione di fortuna”, prosegue Stefania. “Una mia amica, che poi si è laureata nella mia stessa sessione e con il mio stesso voto, aveva iniziato un tirocinio mentre studiava a gennaio 2020 subito prima della pandemia: non l’hanno chiuso, oggi lavora dove ha fatto lo stage. Da febbraio dell’anno scorso e poi di nuovo da ottobre è iniziato un incubo, non ci sono possibilità di lavoro. Su centinaia di curriculum inviati, ne ho trovato solo uno in Portogallo ma lo stipendio era troppo basso per mantenermi e trasferirmi là. E pensare che i miei colleghi laureati nel 2019 non avevano problemi, anche se magari all’inizio non era il lavoro dei sogni. A me basterebbe per iniziare ad avere una mia indipendenza”.
LISA, GIULIA, DESY E I DUE ALESSANDRO
Strade diverse e stessa situazione anche i primi cinque ragazzi intervistati in questo viaggio inchiesta.
“Sono andata a lavorare per un’agenzia immobiliare a 500 euro al mese poi è saltato anche quel lavoro per la crisi da coronavirus, altri compagni di università fanno i camerieri o le commesse: siamo come fantasmi, senza un presente e senza un futuro”, ci dice Giulia Biagini, 27 anni, lucchese, 110 e lode alla Sapienza di Roma in Media e comunicazione digitale nell’intervista che potete leggere integralmente cliccando qui.
Centinaia di curriculum inviati senza risposta anche per Alessandro Caré, 25 anni, romano, 110 e lode alla Sapienza in Archeologia: “Mi rispondono solo con proposte per quelli che io chiamo ‘lavori truffa’ porta a porta, a provvigione. Sono disposto a fare qualsiasi cosa in questo momento, dal magazziniere al commesso, ma almeno con uno stipendio ‘vero’, ogni mese, anche basso, per provare a mantenermi da solo” (clicca qui per tutta l’intervista).
“Mi sono laureata in Biologia con 110 e lode e una tesi sperimentale in laboratorio e tutta in inglese, so esaminare i tamponi per il Covid. Risultato: passo 5/6 ore al giorno a spedire curriculum senza ricevere nemmeno una risposta. D’estate e nei weekend prima facevo la cameriera, ora con il Covid è saltata anche questa possibilità”, racconta Desy Vallorani, 25 anni, di Fermo (qui tutta l’intervista).
“L’ultimo stage? Cameriere di sala in un hotel per 20 ore settimanali ufficiali. In realtà lavoravo dalle 5 di mattina alle due di notte per 300 euro al mese. Ho già fatto cinque stage tra alberghi e ristoranti: ora che questi settori stanno venendo giù per il coronavirus, non c’è davvero più nulla, neanche come speranza”, ci dice Alessandro Cardinale, 23 anni, di Verbania (qui tutta l’intervista). Lui la laurea non l’ha presa, anche lui è uno di quelli che si è sempre dato da fare.
“Ho 25 anni, mi sono laureata un anno fa in Comunicazione per la Moda con 110 e lode a Milano, sto finendo un master”, ci dice Lisa Finetti, 25 anni. “Sono sempre stata una studentessa modello: dovevo esserlo per forza per non perdere la pensione di reversibilità di mio padre, morto quando avevo 14 anni. Mi ha bloccato la crisi da Covid, assieme al mio stage in Australia saltato all’ultimo momento e a tante mie speranze. Oggi sono quasi dipendente da LinkedIn, ci passo anche 5 ore al giorno” (qui tutta l'intervista).
Tutti si raccontano, da Stefania a Lisa, anche con un tono di voce che li accomuna: gentile, un po’ intristito ma ancora determinato.
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