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Giovani e lockdown, lo studio: sono i più colpiti da ansia e solitudine da pandemia

L’allarme arriva da uno studio su 200mila europei, il primo di questo genere, che chiede interventi pubblici per le nuove generazioni. Rischiano di essere segnate per anni dall’era Covid perché sono le più colpite da alcuni di quei danni psicologici su cui ci stiamo concentrando in questi giorni

Ansia e solitudine sono un danno collaterale sempre più preoccupante della pandemia e stanno diventando un vero allarme sociale. A essere più colpiti sono i giovani, gli under 30, con “dati allarmanti”.

A sostenerlo è un grande studio, il primo di questo tipo, su dati e questionari di oltre 200mila europei nel primo lockdown, appena pubblicato sull’autorevole rivista scientifica Lancet. La ricerca, che ne combina in realtà sette diverse, ha visto in campo l’università di Copenhagen assieme a quella di Groningen, University College di Londra, Istituto nazionale francese per la ricerca sulla salute e la medicina e Sorbona di Parigi.

In questi giorni su Iene.it ci stiamo concentrando proprio sugli effetti psicologici dell’era coronavirus, parlando con gli esperti di come sarà affrontare il dopo pandemia e degli allarmi di oggi per l’aumento dei suicidi e del consumo di droga e alcol. Allarmi che toccano in primo luogo i più giovani, che già affrontano il crollo dei nuovi posti di lavoro di cui abbiamo parlato nel viaggio inchiesta sulla Generazione Covid. Anche questo studio europeo dimostra come questa generazione deve essere al centro del dibattito.

I livelli più alti di solitudine e ansia, rispetto a tutte le altre categorie della popolazione, sono stati rilevati infatti tra i ragazzi sotto i trent’anni, assieme alle persone con problemi di salute mentale pregressi. Se i due elementi si associano, questi livelli sono ancora più elevati. “Servono interventi pubblici specifici soprattutto per questi due gruppi di persone”, sostiene lo studio.

I problemi coinvolgono una sofferenza e uno stress psicologico generali con preoccupazione costante per il futuro e per le misure anti Covid, per sé e per i propri cari. Il disagio è stato acuito nei giovani dalle misure per il distanziamento che hanno ridotto e in alcuni casi azzerato la loro socialità extrafamiliare. Per esempio, nei giovani la solitudine percepita è doppia rispetto agli over 60. In generale, risultano livelli comunque più alti della media anche per le donne e per chi ha malattie pregresse in generale.

Tutto questo, si legge nello studio, potrebbe portare a malattie a lungo termine se non croniche, destinate a rimanere anche dopo la pandemia. I picchi più elevati di choc si sono registrati a marzo e aprile scorsi con l’arrivo del coronavirus e le quarantene più rigide. I danni psicologici potrebbero durare per anni e una parte delle nuove generazioni potrebbe restare segnata dolorosamente. Anche per questo serve un forte intervento pubblico europeo.

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