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L'inchiesta sull'azienda di famiglia di Di Maio arriva sul New York Times

L’inchiesta di Filippo Roma e Marco Occhipinti su lavoro nero dell’impresa edile di famiglia di Luigi Di Maio e fabbricati abusivi del padre, dopo aver fatto il giro del mondo sbarca sulla testata più prestigiosa

Il più autorevole quotidiano americano (e forse del mondo), il New York Times dedica al caso sollevato dall’inchiesta de Le Iene sull’azienda di famiglia del vicepremier Luigi Di Maio un’intera pagina, nell’ articolo “Il padre, il figlio e i peccati della politica italiana” (clicca qui per leggerlo)

 “Luigi Di Maio era solito credere che i peccati del padre dovessero ricadere sul figlio. Poi lui è diventato il figlio”. Con questo gioco di parole esordisce l’articolo a firma Jason Orowitz, che spiega come Di Maio “per anni ha attaccato i suoi nemici politici cercando di macchiarli con la presunta cattiva condotta dei loro padri” e ora “si è trovato nel mezzo del suo dramma familiare”.

L'articolo parte dalla vicenda di cui ci siamo occupati nel terzo servizio dell’inchiesta di Filippo Roma e Marco Occhipinti (in basso vi riproponiamo tutti i nostri articoli e servizi sul caso), raccontando di come il padre di Luigi Di Maio, Antonio, avrebbe costruito illegalmente nel suo terreno appena fuori Pomigliano D'Arco.

“Confrontando le immagini aeree scattate sulla proprietà di suo padre prima e dopo l’abuso, il leader populista afferma che gli edifici erano sempre stati lì, ma solo camuffati”, scrive il giornalista del New York Times.  “Ha liquidato un'altra struttura apparentemente abusiva come una semplice stalla. Ma il giornalista (Filippo Roma), che in seguito ha ricevuto minacce di morte dai sostenitori dei 5 Stelle sui social media, ha prodotto delle foto che mostravano il signor Di Maio e i suoi amici durante una festa del 2013 nelle quali si rilassava in una piscina nella proprietà e si aggirava nella cucina della presunta stalla”.

Il leader Cinque Stelle e ministro del Lavoro, prosegue l’articolo, “ha riconosciuto che il padre ha commesso degli errori nella sua vita e ha aggiunto che per anni non ha nemmeno parlato con lui", ribadendo che “ha preso le distanze da questo comportamento”, ma aggiungendo anche: “è ancora mio padre."

La testata Usa, molto attenta come da prassi americana all’iconografia della comunicazione, passa poi a descrivere il video di scuse dello stesso padre di Di Maio: “Antonio Di Maio, che si è dilettato nella politica post-fascista, ha pubblicato un doloroso video sulla sua pagina Facebook che è stata successivamente diffusa sui social dei 5 Stelle. Nel video, Antonio Di Maio, seduto a una scrivania con un fax, una calcolatrice e dei post-it gialli, legge impacciatamente una dichiarazione in cui chiede perdono e si descrive come un piccolo imprenditore che, 'come ogni padre, ha fatto quello che poteva per provvedere alla sua famiglia'”.

E come se appunto la storia delle colpe dei padri si sia riproposta a parti invertite, il New York Times torna sul recente passato della disputa politica italiana: “Prima che i 5 Stelle arrivassero al potere, il suo obiettivo principale era Matteo Renzi del Partito Democratico, l’ex primo ministro e le indagini sulla presunta influenza di suo padre come esempio della politica corrotta che avevano promesso di cancellare”.

Il New York Times riporta poi una stessa dichiarazione di Matteo Renzi, che sembra suonare beffarda per Luigi Di Maio. "Sono convinto che i peccati del padre non dovrebbero ricadere sui figli", ha scritto Renzi su Facebook dopo la messa in onda del servizio sul padre del signor Di Maio. "Questo è qualcosa che ho sempre detto, a differenza di Di Maio, che lo capisce solo ora."

Il quotidiano americano passa in rassegna anche la vicenda di Maria Elena Boschi: “L'ex ministro delle Riforme di Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, ha avuto un'esperienza simile. Per anni, i 5 stelle e i suoi alleati hanno affermato, senza prove, che la signora Boschi avrebbe usato il suo potere nel governo per salvare gli obbligazionisti a spese degli azionisti nella banca in cui lavorava suo padre. Di Maio aveva affermato che il suo partito aveva ‘zero conflitti di interesse', non come Boschi che fa le leggi per suo padre’". La Boschi, continua Orowitz si è rivolta direttamente alla telecamera, in un video pubblicato su Twitter. Si cita il testo del suo intervento: "Mi piacerebbe guardare in faccia il signor Antonio Di Maio, il padre di Luigi, e dirgli che spero che non passi mai attraverso ciò che suo figlio e i suoi amici hanno fatto passare a mio padre e alla mia famiglia".

L’articolo prosegue raccontando del confronto televisivo di Di Maio con il direttore di Repubblica, Mario Calabresi, nel quale “ ha sottolineato che una causa intentata dai 5 stelle contro di lui è stata erroneamente indirizzata a suo padre, Luigi, un funzionario di polizia assassinato dalle Brigate Rosse nel 1972, quando il direttore aveva due anni”. Il giorno dopo, aggiunge il Nyt, “ il blog del partito dei 5 stelle ha scritto che il signor Calabresi era così intellettualmente disonesto che 'per infangare Luigi Di Maio è disposto persino a usare il nome del padre morto'".

Insomma le polemiche sono arrivate, e fortissime, anche Oltreoceano, dove viene tirata in causa anche la Casaleggio Associati e lo stesso co-fondatore del partito, “il compianto Gianroberto Casaleggio, che ha lasciato in eredità la piattaforma web con la quale viene gestito il partito dal figlio Davide”. E Davide Casaleggio, racconta il Nyt, “sebbene sia un consulente di Internet non eletto, è forse il più grande negoziatore di potere dietro al partito”.

Oltreoceano si racconta che “la popolarità dei 5 stelle sta diminuendo” e che “gli osservatori politici hanno iniziato a chiedersi quando il partito, o il signor Casaleggio, potrebbero staccare la spina al signor Di Maio”. Ad attendere dietro le quinte, sostengono, “c'è Alessandro Di Battista, un politico carismatico che ha scritto un libro con il sottotitolo, "una lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare".

Il New York Times analizza poi la vicenda dal lato Lega, raccontando che “il ministro dell'Interno Matteo Salvini, sembra godersi l'episodio dei 5 stelle della ‘Faida Familiare’. Condivide il potere con il signor Di Maio, ma i suoi sostenitori aumentano man mano che il sostegno al signor Di Maio si affievolisce”.

Questa storia insomma è alla ribalta mondiale, utto è partito da Le iene. Nei servizi di Filippo Roma e Marco Occhipinti vi abbiamo raccontato sia dei casi di lavoro nero dell’azienda del padre di Luigi Di Maio sia del caso di Mariglianella (e in riferimento a questa ultima vicenda si sta avviando il procedimento per l'abbattimento dei fabbricati abusivi e per la rimozione dei rifiuti presenti sul terreno di proprietà di Antonio, padre di Luigi, e di una zia).

Eravamo partiti nel primo servizio dalla testimonianza di un uomo, Salvatore Pizzo, che era stato tenuto in nero nell’azienda del padre di Luigi di Maio. Qualcuno ha anche provato a intorbidire le acque, diffondendo una bufala, una fake news in cui si sosteneva falsamente che Pizzo fosse stato in realtà un candidato del Pd. 

Il vicepremier Di Maio ha confermato poi la notizia del primo lavoratore in nero. “Solo lui”, però. Ma Le Iene hanno scoperto, nel secondo servizio, che non era un caso isolato: ci sono stati altri tre lavoratori pagati in nero: Mimmo, Giovanni e Stefano.

Sarebbero stati impiegati in nero nel periodo tra il 2008 e il 2010, prima cioè che nel 2014 Luigi Di Maio entrasse nell’assetto proprietario dell’azienda. L’azienda edile che da trent’anni porta avanti il padre di Luigi, Antonio, infatti, prima era intestata alla madre Paolina Esposito, poi è confluita nell’Ardima srl, di proprietà dal 2014 al 50% del ministro e della sorella Rosalba. Ora però, dopo i nostri servizi, il capo politico del M5S ha deciso di scioglierla.

Uno dei tre operai, Mimmo, ha fatto causa all’azienda, e il ricorso in Appello risale al 2016, quando Luigi Di Maio era già nell’assetto proprietario. Filippo Roma è stato minacciato di morte su Internet, Di Maio si è associato alla solidarietà verso il nostro collega: “Nessuno attacchi Filippo Roma e Le Iene”.

Nella terza puntata dell’inchiesta di Filippo Roma e Marco Occhipinti ci siamo concentrati sui fabbricati abusivi a Mariglianella (Napoli), che vi abbiamo mostrato in esclusiva. Guardandone uno in particolare, Di Maio ci ha detto di ricordarsi che era “una stalla”. In realtà è una villetta con patio e piscina. In un foto del 2013 si vede il ministro del Lavoro proprio in quella piscina

Altro dubbio: il padre Antonio, che di fatto portava avanti l’azienda, dal 2006 non compariva più nell’assetto proprietario dell’azienda edile. Non è che Luigi di Maio e la sorella Rosalba, effettivi proprietari dal 2014, si configuravano, dal punto di vista legale, come dei prestanome?

Di Maio ci aveva promesso chiarimenti. Il padre Antonio Di Maio si è appunto scusato pubblicamente per tutta la vicenda. Poi Luigi Di Maio ha deciso di sciogliere l'azienda di famiglia Ardima srl. La liquidazione dell’impresa edile, di cui il ministro è proprietario al 50% con la sorella Rosalba, sarebbe stata affidata, sempre secondo fonti interne al Movimento 5 Stelle, al fratello del vicepremier, Giuseppe.

Ecco qui sotto tutti gli articoli che abbiamo dedicato al caso.

L'inchiesta de Le Iene sull'azienda di famiglia di Di Maio

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