Willy Branchi, Speciale Iene/4: le intercettazioni e la droga | VIDEO
Le intercettazioni in Procura tra il sarto, Rodrigo Turolla, e don Tiziano Bruscagin, il parroco di Goro. E la pista della droga. Quarta parte dello speciale di Antonino Monteleone e Riccardo Spagnoli sulla morte di Willy Branchi
Nella prima parte, abbiamo parlato di chi sono i sei indagati per false informazioni al pm, nella seconda della pista dei festini gay e nella terza di una clamorosa testimonianza inedita.
Nella quarta parte ci concentriamo su un documento molto importante: un’intercettazione ambientale registrata negli uffici della Procura di Ferrara. Qui il parroco del paese, don Tiziano Bruscagin, viene convocato assieme al sarto, Rodrigo Turolla, a seguito della riapertura delle indagini sulla morte di Willy. È il 16 aprile 2015 e negli uffici della Procura i due iniziano a chiacchierare. “Io non ho niente da dire”, dice il sarto e la risposta del don lascia quantomeno allibiti: “Rodrigo non dire parole di più”. E gli consiglia di non parlare mai di questa vicenda al telefono. Di cosa ha paura il sacerdote?
Ma il sarto sembra avere un sacco di cose da dire. “Si sentono le chiacchiere di Goro”, dice al don. “Ma chi è che si va a mettere con le chiacchiere?”. E rivolto al don: “Qualcuno si sarà venuto a confessare…”. “Stai tranquillo”, risponde il prete. “Non posso dire niente”. “Per averli visti non li ho visti”, continua Rodrigo. “Ma se uno guarda la dinamica della situazione vede come è andata la cosa”. Ma il don risponde: “Che ne sai tu che eri a giocare a carte? E che ne so io che ero a letto?”. E sempre il don aggiunge: “Comunque la verità la sanno loro (i magistrati), e per me è sconvolgente”. E il sarto: “Qualcuno ha parlato allora, perché a Goro si sa tutto, i goresi sanno tutto. Il paese è piccolo, sappiamo tutto di tutti”.
Quello che si sa con certezza sulla notte dell’omicidio di Willy Branchi è che il giovane viene sentito urlare intorno alle una e mezza in via Bruno Buozzi, proprio vicino a dove abita il sarto, e viene trovato la mattina dopo a circa un chilometro di distanza accanto all’argine del Po.
Come ci è arrivato là Willy? A trent’anni di distanza, il Rodrigo Turolla sembra avere una risposta. “Ascolti, una è venuta in casa a dire a me e a mia moglie che lui è stato caricato su una motorella e che la moglie di questo, ascolti bene, e non faccio il nome, ha voluto che portasse via la motorella, che non voleva più vedere la motorella a casa”, dice a don Tiziano sempre nelle registrazioni in Procura.
Secondo il sarto, la mattina dopo l’omicidio, qualcuno legato al presunto assassino si sarebbe presentato nel suo negozio confidandogli che il corpo di Willly sarebbe stato caricato sulla motoretta e portato all’argine del Po. Il sarto aggiunge che la moglie di quell’uomo una volta capito cosa era successo avrebbe voluto disfarsi di quel mezzo e che qualcuno lo avrebbe aiutato. “È una vicina di casa, è parente stretta stretta stretta”, dice il sarto.
Ma poi Turolla introduce un altro elemento. “È una questione di droga, per me. Perché dicevano che quel ragazzo lì, essendo non normale, ci davano le bustine da dare in giro. E poi è successo quello che è successo. Quella mattina lì è venuto in casa, subito subito dopo che è morto”. “Chi?” chiede il don. “Non faccio il nome. E poi è morto”, risponde il sarto. “È venuto in casa e mi ha detto: ‘Guarda che a lui gli davano il compito di spacciare le bustine”.
Willy, secondo questa tesi, sarebbe stato il galoppino di un grosso spacciatore della zona. Una tesi che il sarto aveva tirato fuori anche durante il nostro primo incontro con lui.
Anche Enea, pescatore della zona, aveva sollevato questo argomento quando ci eravamo andati a parlare: “Secondo me quella notte lì chi poteva esser fuori era Miro con la sua banda”. Enea si riferisce a Turola Vladimiro: “è stato preso due volte con la droga. La droga a Goro l’ha portata lui”. Willy, secondo questa ipotesi, potrebbe essere vittima della rivalità criminale tra Vladimiro Turola e Valeriano Forzati, criminale di spicco accusato inizialmente di essere il responsabile dell’omicidio.
Siamo andati a parlare con Vladimiro: “Non ho visto niente, non ho niente da nascondere”, ci ha detto subito. Gli chiediamo se, come ha sostenuto quando è stato sentito dai magistrati, è davvero convinto che sia stato Forzati. “Al cento per cento”, ci ha risposto. “Uno che poteva fare solo quelle cose lì era quello lì”.
“Lui doveva far paura al paese, e l’ha buttato proprio sotto l’insegna del paese”, dice Vladimiro. Ma quando gli diciamo dell’ipotesi che Willy spacciasse, risponde deciso: “Ma assolutamente, neanche a parlarne! Era un ragazzino”.
Oggi, con la riapertura delle indagini, gli scenari su cui stanno lavorando gli inquirenti sono principalmente due. Il primo è quello dell’omicidio passionale: un impeto di rabbia provocato dal rifiuto del ragazzo che si sarebbe ribellato, minacciando di raccontare tutto, alle richieste del suo amante adulto, un uomo sposato con figli che secondo alcuni avrebbe avuto appunto una vita parallela. La seconda invece, emersa solo qualche mese fa, è quella di un regolamento di conti tra bande rivali che si sarebbero contese lo spaccio di droga sul territorio.
Antonino Monteleone si concentra poi su un altro aspetto: le condizioni in cui viene ritrovato il corpo di Willy. Il ragazzo completamente nudo, disteso a pancia in giù. Il suo corpo porta i segni di una morte brutale, con un foro sul volto causato da un’arma che all’epoca si usava per uccidere i maiali.
Parliamo con Francesco Altan, consulente di parte della famiglia di Willy, che ha studiato la scena del crimine per cercare di ricostruire il profilo psicologico dell’assassino. “È un crimine espressivo, che indica vendetta, odio, è il classico crimine passionale”, dice. Per questo, secondo il criminologo, tutto porterebbe alla pista dell’omicidio passionale piuttosto che a quella della droga.
Non solo, il corpo di Willy potrebbe poi essere stato gettato lì così per scappare il prima possibile dalla scena del crimine. Come aveva sostenuto una nostra fonte anonima, che nel 1996 seguì le indagini con i carabinieri e don Tiziano. “Perché, questo me lo disse don Tiziano ma me lo dissero anche degli altri, c’era un cane che ha abbaiato tutta notte perché sentiva dei rumori. Loro lì l’hanno abbandonato perché il cane continuava ad abbaiare. Loro presi da pipa culo non sapevano cosa fare, non hanno neanche ragionato”.
Guarda qui sotto tutte le sei parti dello Speciale "Omicidio Willy Branchi: i segreti inconfessabili di un paese".