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Il consorzio Arcale ha costruito le casette per i terremotati delle Marche che presentano diversi problemi. E ora chiede il risarcimento alla Regione per danno d'immagine! Giulia Innocenzi ci racconta tutti gli aggiornamenti di Iene.it

IL CONSORZIO CHE HA COSTRUITO LE “CASETTE MARCE” DEI TERREMOTATI CHIEDE 65 MILIONI DI RISARCIMENTO ALLA REGIONE MARCHE

Nuova polemica sulle casette per i terremotati delle Marche. Adesso chi ha gestito la costruzione chiede il risarcimento alla regione.

Noi avevamo documentato le condizioni di alcune di quelle abitazioni: quelle con i pannelli di carton gesso e quelli di truciolato avevano il legno praticamente fradicio. Lo strato di lana roccia, una specie di gomma piuma, zuppo di acqua. E viverci dentro in molti casi è impossibile. Per questo gli sfollati devono arrangiarsi come possono. Ma c’è una cosa che fa particolarmente arrabbiare: queste casette pagate con i soldi pubblici sono arrivate a costare anche 5mila euro al metro quadro, cioè quasi quanto una casa a Roma in zona Parioli.

Ad aggiudicarsi il bando per la costruzione di queste casette è il consorzio Arcale, che ha subappaltato i lavori a diverse ditte. E dopo che i soldi pubblici stanziati per i terremotati non sembra che siano stati utilizzati proprio bene, il consorzio Arcale chiede i danni alla regione! Vogliono 65 milioni di risarcimento dalle Marche perché secondo loro gli enti pubblici avrebbero rallentato i lavori, e il consorzio ci ha fatto brutta figura. Le uniche vittime di questa vicenda sono le persone che hanno perso la casa nel terremoto.

 

IL TAR DÀ RAGIONE AL CHIRURGO MOBBIZZATO

Il Tar si è finalmente espresso sul caso di Nazario Di Cicco, il chirurgo a cui è stato impedito di lavorare perché aveva denunciato la malasanità degli ospedali della Campania.

Nazario aveva denunciato le condizioni vergognose in cui era costretto a lavorare, come questo caso: “In pronto soccorso dovevo usare un attaccapanni per appendere il dito della persona, mettere i pesi da quest’altra parte in modo che la frattura si poteva riallineare”. Ma dopo queste denunce l’unico provvedimento è stato preso contro il medico. Prima demansionato, poi licenziato e infine reintegrato senza però poter fare più il suo lavoro. Per ognuna di queste ingiustizie il chirurgo fa causa all’Asl e i tribunali gli danno sempre ragione. Ad esempio per il licenziamento il giudice stabilisce un indennizzo di oltre mezzo milione di euro. L’Asl fa ricorso e il Tar dà ragione al chirurgo! Insomma, quello che ha subito va risarcito. Ma il problema e che i risarcimenti non li pagano i responsabili del calvario di Di Cicco, ma noi con i soldi pubblici. Non è forse caso di tirare fuori nomi e cognomi di chi ha impedito a questo medico di aiutare i suoi pazienti?

 

LA RETTIFICA DI AMATO. MA NON POTEVA RISPONDERE DIRETTAMENTE AD ANTONINO?

Torniamo sul caso David Rossi del Monte dei Paschi di Siena. I legali dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato ci hanno chiesto di fare una piccola rettifica. Monteleone aveva provato a fargli alcune domande, come questa: “Le posso chiedere in base al suo legame con Siena che idea si è fatto della morte del povero David visto che lei lo conosceva bene?”. Amato però alla domanda risponde con un’altra domanda: “Io mi domando per quale ragione un giovane in Italia per guadagnarsi da vivere deve fare la parte che sta facendo lei?”

Dopo la messa in onda dello speciale sulla morte di David Rossi i legali di Giuliano Amato ci chiedono di rettificare che “la notizia del legame tra la nomina di Mussari all’Abi e la sponsorizzazione da parte di mps del torneo di Orbetello è falsa e diffamatoria”. Noi ne prendiamo atto e lo diciamo senza problemi! Lei però ce lo poteva anche spiegare con calma quando gliel’abbiamo chiesto invece di chiedere ad Antonino perché fa la Iena!

 

DON CLAUDIO SUI COMMENTI FEROCI CONTRO IL FOREIGN FIGHTER ITALIANO CHE VUOLE TORNARE

Dopo il servizio di Giulio Golia sul combattente dell’Isis, ci avete scritto centinaia di commenti su Facebook e tutti dicono più o meno la stessa cosa: “Puoi anche crepare dove stai, non mancherai a nessuno”. Sono tutti messaggi per Monsef, il ragazzo cresciuto in Italia che è diventato il più giovane foreign fighter, cioè combattente straniero partito dal nostro paese per unirsi all’Isis.

Monsef in Italia viveva nella comunità di Don Claudio insieme ad altri ragazzi, tra cui Tarik. Un giorno tutti e due partono per combattere con l’Isis. Tarik è morto mentre Monsef pochi giorni fa si è consegnato alle forze democratiche siriane. Ora chiede di tornare in Italia. Il rientro di un potenziale terrorista sembra una follia, ma la realtà potrebbe essere ancora più complicata. Se Monsef e gli altri foreign fighters non tornano legalmente tornerebbero in Europa clandestinamente e a quel punto i potenziali rischi sarebbero enormi. Don Claudio ovviamente ha una sua opinione di questa storia. commenta così: “Io rileggo in questa storia la parabola del figliol prodigo. Quando il figlio minore parte per un paese lontano va, non puoi fermarlo, però uno anche solo per convenienza poi torna. Oggi Monsef forse per convenienza vuole tornare in Italia, però dipende se il padre che potrebbe essere l’Italia, vuole fare da padre.

Queste parole e questa storia hanno scatenato i peggiori commenti su Facebook, ma Don Claudio ci racconta anche l’altra faccia della medaglia: “Molte persone mi hanno contattato personalmente e tra queste c’è anche chi guardando oltre ai pregiudizi è riuscito a capire che Monsef alla fine è solo un ragazzo”.

 

TANTA SOLIDARIETÀ DOPO LE IENE PER EMMA COLI, LA CORAGGIOSA IMPIEGATA CHE HA DENUNCIATO LA MULTOPOLI ROMANA

Dopo il servizio di Roberta Rei, Emma Coli ha ricevuto moltissimi messaggi di solidarietà da tanti colleghi che non sapevano niente di questa storia, e ha anche ricevuto un invito inaspettato. Parliamo dell’ultimo scandalo che ha travolto il comune di Roma, il caso multopoli: 16 milioni di euro di sanzioni cancellate.

Tutto è partito da Emma Coli, impiegata del comune da 32 anni e che ha iniziato a denunciare stranezze nella gestione delle multe dal 1996. Le multe non venivano annullate a tutti i cittadini, ma solo ad alcuni ben selezionati, e cioè a ministri, politici, imprenditori, ad amici, per esempio ai consiglieri comunali, a tutti quelli che potevano essere funzionali all’amministrazione.

Come se ci fossero cittadini di serie B che le devono pagare e cittadini di serie A che possono fare quello che vogliono. Per aver portato alla luce questo sistema Emma non ha ricevuto nessun ringraziamento, anzi, proprio il contrario: demansionamenti, trasferimenti e mancati aumenti di stipendio. E anche una malattia che l’ha costretta per anni ad andare dallo psicologo e prende psicofarmaci. Alcuni colleghi si sono messi contro di lei, ma dopo il nostro servizio Emma ci fa sapere che è “contenta perché ho ricevuto la solidarietà di tanti colleghi che non conoscevano la mia storia. E sono anche stata sorteggiata per fare visita al Papa!”.

 

RIMANDATA LA DECISIONE SULLA PERICOLOSITÀ SOCIALE DEI CINQUE COMBATTENTI ITALIANI CONTRO L’ISIS

Il Tribunale di Torino ha rimandato la decisione sulla “pericolosità sociale” dei cinque ragazzi italiani che sono andati a combattere in Siria al fianco dell’esercito curdo.

Di loro ci aveva parlato anche Lorenzo Orsetti, che è morto la settimana scorsa in Siria per mano dell’Isis: “Il loro unico crimine è stato quello di venire qua a difendere questa rivoluzione. Mi sembra profondamente ingiusto trattarli da terroristi”.

Ieri la procura di Torino nei loro confronti ha usato parole durissime. Ha detto che “hanno manifestato una spiccata inclinazione alla violenza e all'uso delle armi, vi è la certezza che in futuro si rendano responsabili di condotte che mettano in pericolo la nostra sicurezza. Sono rivoluzionari pericolosi”. E se il giudice dovesse sposare questa tesi e dichiararli socialmente pericolosi, verrebbero messi sotto regime speciale, e cioè come ci dicono: “Verremo espulsi dalla nostra città, ci viene annullata la patente, non potremo uscire nelle ore notturne, non potremo riunirci in più di due persone, non potremo fare questa intervista”.

Ieri il tribunale ha detto che entro 90 giorni deciderà sulla pericolosità sociale dei cinque ragazzi, e sarebbe paradossale che proprio chi ha combattuto anche per noi per sconfiggere l’Isis, ora che la guerra contro lo stato islamico è stata praticamente vinta, venisse punito qua in Italia”.

 

ASSOLTI GLI IMPUTATI PER LO SCANDALO DEL SANGUE INFETTO

I dieci imputati coinvolti nello scandalo del sangue infetto sono stati assolti. Roberta Rei ci aveva parlato della vicenda che si è svolta negli anni ‘70, ‘80 e ‘90, quando alcune case farmaceutiche immettono nel mercato flaconi di plasma ed emoderivati infettati con i virus dell’hiv cioè dell’Aids e dell’hcv cioè dell’epatite C.

In Italia si stima che le persone infettate siano circa 120mila, e molte di loro sono morte. Una battaglia molto dura perché accertare che la causa è proprio quella trasfusione è difficilissimo. Le cause di risarcimento in questi anni sono state migliaia. Anche perché se lo stato riconosce che le malattie sono state provocate dalle trasfusioni dà ai malati un indennizzo di circa 700 euro al mese.

Il problema però sono le prescrizioni. Infatti se tra quando hai scoperto di avere la malattia e quando hai capito che la causa sta nella trasfusione sono passati più di 5 anni il diritto al risarcimento andrebbe in prescrizione. Oltre alla battaglia legale per dare i risarcimenti alle vittime, si lotta per accertare i colpevoli. Però proprio in questi giorni il giudice dopo 2 anni e 60 udienze ha emesso questa sentenza: 10 imputati assolti dall’accusa di omicidio colposo plurimo.

Tra questi anche l’ex re mida della sanità degli anni ‘80, Duilio Poggiolini. Quello che teneva i lingotti d’oro e i titoli di stato, frutto di tangenti, nascosti dentro un pouf nella sua villa romana. Dicono che “non può pagare solo qualcuno per le falle dell’intero sistema sanitario”. Quindi siccome è colpa un po’ di tutti allora non è colpa di nessuno. E intanto delle persone sono morte per una trasfusione.

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