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Licenziato per aver denunciato la malasanità: il Tar dà ragione al chirurgo

Da 20 anni, il dottor Nazario Di Cicco vive un incubo per aver denunciato la malasanità degli ospedali di Caserta. È stato dapprima demansionato, poi licenziato e infine reintegrato, ma in sala operatoria non è più tornato. Il Tar gli dà ragione con una nuova sentenza in questa lunga battaglia legale di cui ci ha parlato Gaetano Pecoraro nella prima puntata della sua inchiesta sugli ospedali da incubo

Per lui è un incubo che va avanti da oltre 20 anni. Solo per aver denunciato la malasanità degli ospedali della Campania. Oggi il Tar ribadisce che il chirurgo Nazario Di Cicco ha ragione, nonostante l’Azienda Sanitaria di Caserta lo abbia dapprima demansionato, poi licenziato e infine reintegrato, come potete vedere nel servizio qui sopra i Gaetano Pecoraro.

“Io da 20 anni non entro più in una sola operatoria”, ci racconta il chirurgo. “Continuo a inserire dati in un archivio, ma almeno il Tar mi ha dato ragione. Peccato che per l’Azienda sanitaria ogni ricorso perso sia un ulteriore incarico dato ad avvocati esterni che vengono pagati con i nostri soldi”.

Dal caso del dottor Di Cicco è partita l’inchiesta de Le Iene sugli ospedali da incubo della Campania e della Calabria. Lui è chirurgo ortopedico da 18 anni, ma “non mi permettono più di operare” ha detto al nostro Gaetano Pecoraro nel suo servizio del 28 ottobre. Tutto questo non per incompetenza ma per aver denunciato l’incredibile situazione in cui si trovava l’ospedale Moscati di Aversa. Ha iniziato a segnalare un primario che non aveva mai operato in vita sua oppure la mancanza di attrezzatura minima per un’operazione.  

Lui segnala tutto al direttore generale. “Sapevo a cosa stavo andando incontro, ma non pensavo che non ci fosse la volontà di sistemare qualcosa”. Per 5 anni continua a denunciare finché nel 2000 i giornali pubblicano una classifica in base alla quale 248 decessi riconducibili all’Asl 2 di Caserta si sarebbero potuti evitare.

“Ho inviato al giornale tutte le mie denunce di quegli anni”, spiega il chirurgo. Da quel momento per lui inizia l’inferno. “Mi hanno sottoposto a una visita psichiatrica per capire se ero in grado di fare il medico. Sono risultato affetto da una ‘Mobbing Syndrom’”. Una malattia di cui non si trova traccia da nessuna parte a eccezione delle carte che hanno dato a Di Cicco con la diagnosi. Da questo momento non gli consentono più di entrare in una sala operatoria. Né nell’ospedale di Aversa, né in tutti gli altri. Viene trasferito da un distretto ad un altro per un anno. “Dovevo essere punito perché ho parlato”, dice. Siamo nel 2003, lui denuncia l’Asl, la sentenza però arriva 7 anni dopo, e nel frattempo viene licenziato. L’Asl viene condannata e deve risarcirlo per 84mila euro, a cui si somma il mezzo milione per il licenziamento ritenuto ingiusto. Così lui viene reintegrato, ma non torna in sala operatoria. “Io inserisco dati in un computer e constato i decessi”, dice.

Il nostro Gaetano Pecoraro è così andato a chiedere spiegazione al Mario De Biasio, il direttore generale dell’Asl di Caserta. “La magistratura dice che l’abbiamo mobbizzato vedremo fino all’ultimo grado di giudizio”, replica.

“Il loro ricorso è stato rigettato dal Tar che ha ribadito che devo essere risarcito. Mi hanno rovinato la vita per 20 anni e purtroppo non è ancora finita”. A breve ci saranno altre due sentenze per altrettanti processi in corso: uno per danno riflesso nei confronti dei familiari di Di Cicco, l’altro per diffamazione.

Dalla sua testimonianza è partita l’inchiesta de Le Iene sugli ospedali da incubo. Il nostro Gaetano Pecoraro ha iniziato proprio documentando la malasanità di Caserta. Oltre a strutture fatiscenti e mancanza di attrezzatura adeguata, qui c’è un altro nodo da sciogliere: quello delle nomine nell’Asl tristemente in testa nella classifica delle morti evitabili nella sanità. Dopo questi primi due servizi è scoppiato il caso della paziente intubata ricoperta di formiche e anche a Napoli gli ospedali non se la passano meglio. L’inchiesta è proseguita poi in Calabria, siamo stati a denunciare lo stato delle strutture sanitarie di Locri e Polistena. Emerge un quadro davvero preoccupante tanto che c’è chi parla dell’ombra della ‘ndrangheta dietro alla sanità calabra. Una conferma arriva anche dalla ministra Giulia Grillo che compie un sopralluogo in questi ospedali. Pochi giorni dopo l’Asp di Reggio Calabria viene sciolta per infiltrazioni mafiose e il premier Giuseppe Conte annuncia il prossimo Consiglio dei Ministri in Calabria per aiutare una regione “tra le più abbandonate del Sud, con una sanità disastrata e una criminalità insidiosissima”.

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