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Coronavirus, in Italia la seconda ondata dopo Francia e Spagna: un vantaggio sprecato | I DATI

Ieri in Italia si sono registrati 11.705 nuovi casi, numeri simili a quelli della Francia il 18 settembre e della Spagna l’11. Ma mentre i nostri vicini ripiombavano nell’incubo, tra lockdown e coprifuoco, noi ci lodavamo senza prepararci alla seconda ondata. E oggi abbiamo sprecato quasi interamente quel vantaggio di un mese: ecco com’è successo

Oltre undicimila casi in un giorno. Ci sono volute appena due settimane per trasformare l’Italia da caso simbolo di successo nella gestione della seconda ondata di coronavirus a un paese il cui sistema sanitario rischia di saltare a causa della crescente pressione negli ospedali. Una trasformazione quasi inspiegabile, soprattutto perché ormai da tempo sappiamo che i nostri vicini, come Spagna e Francia, sono stati colpiti duramente dalla seconda ondata di coronavirus. Ma mentre questo avveniva, purtroppo, siamo rimasti a guardare.

Ma andiamo con ordine: il 27 settembre, poco più di tre settimane fa, Madrid finiva sotto un parziale lockdown. In alcuni quartieri della città la diffusione del coronavirus era tornata così prepotentemente da indurre le autorità a misure drastiche per evitare il peggio. Quel giorno la Spagna contava 9.906 nuovi casi e gli ospedali andavano via via riempiendosi. Nei giorni seguenti la stessa sorte sarebbe toccata a Barcellona, anch’essa finita in parziale lockdown.

Negli stessi giorni dall’altra parte dei Pirenei la Francia si trovava a vivere una situazione piuttosto simile, con i contagi giornalieri abbondantemente sopra quota 10mila: il 27 settembre si contavano 11.123 nuovi positivi. Una situazione esplosiva, tanto che due premi Nobel per l’economia Esther Duflo e Abhijit Banerjee paventavano la possibilità di un “lockdown dell’Avvento”, subito prima di Natale, per celebrare le feste con rischi minori di contagio. E il presidente dell’ordine dei medici francesi lanciava l’allarme: “Se non ci saranno cambiamenti in 3 o 4 settimane, dovremo affrontare un’epidemia generalizzata”.

E l’Italia? Il 27 settembre i nuovi casi di coronavirus erano 1.766, numeri lontanissimi da quelli dei nostri vicini e anche del Regno Unito, che ne contava 5.692. In tutto il mondo, come vi abbiamo raccontato anche noi qui, la stampa si sperticava in lodi al sistema italiano di gestire la seconda ondata: un mix vincente tra capacità di tracciamento, utilizzo dei dispositivi di sicurezza e paura di rivivere la terribile esperienza di marzo.

Da una settimana si era votato per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari - che secondo il professor Galli avrebbe rischiato di impennare i contagi - da due settimane le scuole erano aperte e tutto sembrava sotto controllo. Eppure l’allarme era evidente: se la pandemia era tornata così violentemente nei paesi a noi vicini, era quantomeno presumibile che lo stesso sarebbe accaduto anche qui. Del resto la stessa situazione si era presentata a marzo, quando fummo noi i primi a essere investiti dal coronavirus: mentre l’Italia andava in lockdown gli altri Paesi sembravano al sicuro e sottovalutarono l’emergenza, solo per trovarsi costretti a fare la stessa scelta poche settimane dopo.

Insomma mentre i nostri vicini lottavano per contenere la seconda, l’attenzione dell’Italia era focalizzata sull’omicidio di Willy Duarte e sullo stipendio del presidente dell’Inps Pasquale Tridico .

E oggi, a tre settimane da quella quiete apparente, ci troviamo ad affrontare la stessa condizione della Francia e della Spagna. Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha introdotto la possibilità di coprifuoco locali - anche se non è ancora chiaro chi dovrebbe applicarli  - e imposto nuove restrizioni, sulla scia di quanto avvenuto in Spagna prima e Francia dopo. Ma la sensazione amara è che si stia cercando di chiudere la stalla dopo che i buoi sono già scappati: il professor Crisanti, padre del “sistema Veneto” di contenimento, nelle ultime settimane si era espresso con forza a favore di un aumento della capacità di tracciamento e test in vista dell’autunno.

Un grido evidentemente rimasto inascoltato, perché oggi l’Ats di Milano ha lanciato l’allarme: “Non riusciamo più a tracciare i contagi, rimanete a casa anche se non ricevete la chiamata”. Il sistema è di nuovo collassato, in tre settimane, e proprio nella regione che più è stata colpita. Cinque giorni fa il professor Crisanti parlava di un possibile lockdown a Natale, lo stesso discorso che si faceva il 27 settembre in Francia: oggi quella previsione sembra fin troppo ottimistica, come lo stesso Crisanti ha affermato.

E non solo: mentre gli ospedali sono tornati rapidamente a riempirsi, è emersa una preoccupante disorganizzazione nell’aumento dei posti in terapia intensiva. Il 16 ottobre il commissario Arcuri ha accusato le regioni di “non aver attivato 1.600 posti”, e nel frattempo è emersa una mancanza di anestesisti e rianimatori per far funzionare le terapie intensive. Insomma mentre i nostri vicini lottavano con la seconda ondata, l’Italia sembra aver perso tempo a guardarsi allo specchio. E quel vantaggio di quasi un mese che il coronavirus ci ha dato è stato quasi interamente sprecato

C’è però un ultimo dato a cui guardare con speranza: Francia e Spagna, dopo aver imposto una serie di restrizioni più rigide di quelle decise finora dal nostro governo, sembrano essere sulla buona strada per contenere la seconda ondata. Un dato che emerge chiaramente dai grafici sviluppati dalla Johns Hopinks University.

 

L’Italia per adesso è nell’occhio del ciclone, e purtroppo la curva sta salendo più rapidamente di quanto non sia accaduto ai nostri vicini. Ma con misure severe, siamo ancora in tempo a correggere la rotta. Non ci sono altri minuti da perdere.

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In Cina negli ultimi sei mesi si sono registrati poco più di 4mila nuovi casi, meno di 23 al giorno. Mentre tutto il mondo fa i conti con una seconda ondata che a volte è perfino peggiore della prima, a Pechino tutto sembra tornato alla normalità. La battaglia al coronavirus è stata condotta con fermezza dalle autorità, ma c’è ragione di credere che i dati forniti non siano veri

Metà della Francia è tornata in zona rossa, in Spagna Madrid è di nuovo in lockdown, il Regno Unito pensa a restrizioni in tutto il Paese. In Italia invece la situazione sembra (per ora) ancora sotto controllo: per il quotidiano inglese The Telegraph il successo italiano è dovuto a un uso della mascherina più diffuso che altrove e alla paura che ancora vivono gli italiani dopo la prima terribile ondata. Anche l’Oms elogia “l’esempio italiano”

Il 20 e 21 settembre in tutta Italia si è votato per il referendum costituzionale e in sette regioni anche per le regionali. Il professor Massimo Galli intervistato da Gaetano Pecoraro ci aveva detto che era “una follia votare in emergenza sanitaria”. Oggi, due settimane dopo le elezioni e a tre dall’apertura delle scuole, i nuovi casi di coronavirus stanno tornando a correre

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