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News | di Matteo Gamba |

Ansia e attacchi di panico, Chiara: “E tutti pensano: ‘È matta'"

Dopo Jessica, Michela e Lisa, questa volta è Chiara Greci a metterci firma e faccia e a raccontarci il suo "piccolo difetto di fabbrica". Partendo dalla "paura davvero": "La paura che provi se ti trovi a dover affrontare una situazione più grande di te"

Ciao,
scrivo di getto, portando via del tempo al mio lavoro ma credo che, se ci ragiono, poi non lo faccio più.

Convivere con gli attacchi di panico non è facile, ti senti sempre fuori posto, ti senti sempre inadatta e sbagliata. Vedi gli occhi delle persone che pensano che tu sia matta.

Forse è meglio se, però, prima, racconto qualcosa di me… Ho 39 anni e sono di Brescia, faccio un lavoro che non rientra esattamente nei sogni di una bambina, lavoro in banca (con tutte le problematiche che questo tipo di lavoro, al momento, comporta).

Sono cresciuta in una famiglia bellissima e piena d'amore, figlia unica alla quale è stato concesso di conoscere il mondo; mi tenevano sotto una campana di cristallo fino a quando quella campana non si è rotta nel 2010.

Mia mamma, dopo 23 anni di lotta contro il cancro, ha ceduto e ha lasciato me e mio papà in balia di noi stessi. Io avevo 31 anni ma non ero pronta. Nessuno è pronto ad affrontare un dolore del genere. Comunque, mi sono rimboccata le maniche e sono andata avanti; tutti mi dicevano: "Tanto la Chiara è forte, non ha bisogno di aiuto!!".


L'unica decisione che ho preso in quel momento è stata quella di tornare a Brescia (abitavo a Roma) per stare con mio papà, cioè tutto quello che rimaneva della mia famiglia.

Nel 2011 sono partita per seguire una serie di concerti in Inghilterra del mio gruppo preferito ed è a Manchester che, per la prima volta, mi sono sentita morire… Le gambe non reggevano più, l'aria non entrava, il mio cuore batteva all'impazzata, la testa girava e le lacrime scendevano senza che io avessi la forza di fermarle.

Al momento ho dato la colpa alla stanchezza, al caldo, all'emozione… sono uscita dalla confusione, mi sono messa in un angolo e mi sono calmata… La sera dopo, nuovo concerto e nuova "reazione strana".

Non ero in grado di dare un nome a questo comportamento e, tornata a casa, ne ho parlato con il mio medico. La "fortuna" ha voluto che sua moglie, soffrisse di ansia e attacchi di panico; lui ha riconosciuto subito tutto dalla mia descrizione.

Ho iniziato una terapia farmacologica che mi ha aiutata molto ma che, nel contempo, mi ha fatto ingrassare quasi 10 chili in poco tempo… un dramma per una sportiva come me!

Così, oltre agli attacchi di panico e all'ansia, dovevo fare i conti anche con un corpo che cambiava forma senza che io facessi nulla per giustificare l'aumento di peso.

Da un giorno con l'altro, ho deciso che non avrei più preso i medicinali perché IO ERO PIU' FORTE!!!

Una delle più grandi cavolate che potessi fare… così, dopo qualche giorno, ho avuto una bella crisi di astinenza da farmaci con conseguenti pensieri suicidi.

Ed è stato allora che ho avuto davvero paura. La paura, quella che provi solo se ti trovi a dover affrontare una situazione più grande di te!

Il mio medico è tornato in soccorso e mi ha presa per i capelli costringendomi a curarmi. Purtroppo non sono mai stata una seguace delle terapie psicologiche e neanche quella volta ho accettato di andare in analisi.

Andare in analisi vuol dire spogliarsi completamente e io, che purtroppo faccio fatica a fidarmi delle persone, mi sentirei troppo vulnerabile e sotto scacco.

Attualmente sono ancora in cura farmacologica, ormai la mia migliore amica della pausa pranzo.
 

Dopo 7 anni sto decisamente molto meglio, riesco ad entrare al supermercato, riesco a fare un giro in un centro commerciale, riesco ad andare al cinema e anche a ballare. Lo sport mi ha aiutata; ti senti benissimo fisicamente e di conseguenza sai che, quel malessere è una cosa di testa e non chissà quale malattia strana.

Fare mille esami non serve a niente; tempo fa ho letto un libro "Ho smesso di tremare" e lo scrittore racconta che, durante un attacco di panico, ha guidato fino al pronto soccorso convinto fosse un attacco di cuore. Gli hanno praticamente riso in faccia perché se fosse stato davvero un problema di cuore, non sarebbe arrivato intero.

Ma quella sensazione di paura è sempre con me. La prima cosa che faccio in un posto che non conosco è cercare l'uscita; una volta individuata riesco a stare un po' più tranquilla. Ho bisogno di essere sicura che, se ne ho bisogno, posso scappare.

Le persone che mi circondano, sanno che ho questo "difetto" e sanno come gestirmi. Un mese fa a Parigi, su un treno affollato, ho avuto il mio ultimo attacco di panico. La persona che era con me, legata a me da profondi sentimenti, aveva da poco letto un articolo nel quale venivano indicati i gesti da fare in caso di emergenza. Ed è stato bravissimo. Mi ha distratta, ha respirato con me, mi ha parlato, mi ha accarezzata e abbracciata, mi ha guardata perché non gli facevo paura. E in quel momento era esattamente quello che mi serviva per non dover scendere da quel treno.

Purtroppo, negli anni, ho incontrato persone che hanno sottovalutato le mie richieste di aiuto pensando che volessi solo attenzioni; sono stata presa in giro e lasciata da sola nel bel mezzo di un attacco. Mi sono state rinfacciate situazioni in cui io stavo davvero male come capricci. Non tutte le persone che incontriamo hanno la sensibilità necessaria per affrontare qualcuno "malato di testa".

Non credo ne uscirò mai, ormai convivo con questa malattia ma anche quello fa parte di me. Se poi mi vedi, io sono solare, allegra, simpatica e molto estroversa… ho "solo" un piccolo difetto di fabbrica che si chiama ANSIA.

Chiara Greci

Continuiamo in questa sorta di “terapia di gruppo" a tema “Ansia e attacchi e panico”, con ormai centinaia di testimonianze già arrivateci (continuate a scriverci, se volete, leggiamo tutto, magari in ritardo, ma leggiamo tutto). Ogni volta, tentiamo di aggiungere “un mattoncino” per costruire un mosaico di soluzioni e "lezioni" su cosa sono e su come affrontare meglio questi disturbi.

A parlare qui è Chiara Greci: abbiamo preferito pubblicare direttamente la sua email, di “storia normale” di ansia, chiarissima, vera, proprio forse perché proprio scritta di getto al lavoro. Anche lei ha voluto metterci la faccia, il nome e cognome: potete farlo tutti, anche in video via Skype, oppure per scritto con le opzioni di un’intervista telefonica e un articolo scritto e poi di decidere se metterci appunto volto, nome e cognome, magari solo il nome o di scegliere il totale anonimato. Jessica, Michela e Lisa ci hanno messo firma e faccia, ecco i “mattoncini” che ci hanno regalato,

Dall’intervista a Jessica Maritato si esce, tra le tante cose, avendo capito in concreto il nucleo dell’attacco di panico: Sto morendo, ora”. Ci ha insegnato anche l’importanza della terapia psicologica e di combattere per avere la possibilità di una terapia gratis per tutti, che funzioni. E quell’incomprensione che a volte arriva anche da chi ti sta più vicino: “Ho trovato più conforto in uno sguardo regalatomi da un conoscente che in frasi dette dagli ‘amici’”.

Dall’email di Michela Gallo abbiamo imparato la trappola mortale della “paura della paura” che fa a pezzi la vita, pezzo per pezzo, con le “strategie di evitamento”, ovvero evitare ogni situazione che potrebbe scatenare il panico. L’esito finale, pericolosissimo, può essere quello di chiudersi in casa. E il fatto, fondamentale, che questi disturbi possono colpire chiunque: “Un attacco di panico a me? Ma se ho una vita praticamente perfetta. Beh, l’hai avuto, quindi qualcosa deve pur esserci. Puoi mentire agli altri, non alla tua mente”.

Il cuore della lezione dolorosa dell’intervista video alla dolcissima Lisa Giacomel, 21 anni, va oltre l’incomprensione di fatto di tanti altri che accompagna di solito questa malattia. Il doppio dramma si consuma dentro a una scuola: quello di soffrire, come un cane, per i primi attacchi di panico della sua vita e di essere contemporaneamente derisa dai suoi compagni di classe: “Io mi sento morire ma non lo faccio apposta, magari lo facessi apposta”, dice in lacrime nel video. È bullismo vero, di quello cattivo: “Ero diventata lo zimbello della classe, erano davvero tutti stronzi, scusami la parola”.

Ecco qui in basso le prime tre tappe della nostra "terapia di gruppo".

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