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News | di Matteo Gamba |

Panico: volete sentire il dolore e capire come uscirne? Ascoltate Valeria

“Avevo 5-6 attacchi da almeno 50 minuti ciascuno: 6 ore di panico al giorno”. Nono appuntamento, con podcast, per la nostra “terapia di gruppo”. Valeria prima ci ha mandato un audio introduttivo, poi uno dedicato sugli attacchi di panico. Sono due piccoli tesori, da ascoltare e condividere

“Ricordati sempre che i mostri non muoiono, quello che muore è la paura che ti incutono”. Inizia così, citando Cesare Pavese, il primo audio di Valeria che potete ascoltare qui sopra: 34 anni, di Roma, soffre di depressione da quando aveva 15 anni e di attacchi di panico da quando ne aveva 25, come ordinatamente dice subito.

Poi inizia a raccontare con lucidità e in verità queste “malattie che prendono l’anima, lo spirito, il cervello, l’essenza più pura e più vera della persona, distruggendola, facendola a pezzetti, letteralmente”. Inutile aggiungere tante parole, Valeria va ascoltata. Racconta con una doppia speranza, che più persone si curino e che si sentano meno sole.

La sua speranza è anche una sfida e una critica. Segue la nostra “terapia di gruppo” a tema ansia e attacchi di panico sul sito (in basso trovate le otto “puntate” precedenti). Per Valeria “non è abbastanza”: a chi sta soffrendo serve qualcosa di più forte, “un pugno allo stomaco”. Le nostre interviste, secondo lei, sono “utili per chi ne sta uscendo”. “Per chi sta ancora tanto male potrebbe essere controproducente. Si potrebbe entrare nel vortice: e allora io perché non ce la faccio a uscirne? Perché io non sono in grado?”.

Valeria, che pure ne sta uscendo, vuole che si possa “tirare un sospiro di sollievo, dicendosi: non sono l’unica al mondo”. Promette altri audio, in cui vuole dare il senso del vero dolore, con un messaggio di fondo: “Sì, ti capisco, so qual è il tuo inferno”.

Gli audio sono arrivati, stanno arrivando, fortunatamente. Ecco qui sotto quello sugli attacchi di panico: ascoltatelo. Vale la pena per chi ne soffre, per chi sta accanto a chi ne soffre, per chi non è mai stato toccato da vicinissimo da questa malattia terribile. Dopo aggiungeremo solo qualche breve frase, come appunti, scritta esattamente riascoltandolo.
 

Parte ancora sistematica e lucida Valeria, passando dall’attacco di panico come “una bugia del cervello” che ti dice che sei “in altissimo pericolo” quando non lo sei.  Ed ecco i sintomi di quel “mostro che ti rende un invalido”: l’irrigidimento del corpo, il tremore, la mancanza totale di respiro, di ossigeno, “l’ondata di paura incontrollata e incontrollabile che pervade la mente e il corpo”, “la certezza di stare per morire”. Dopo c’è la stanchezza che sovrasta e la “paura della paura”, che gli attacchi ritornino. E, purtroppo, ritornano.

“Io sono arrivata a 5-6 attacchi di panico al giorno da almeno 50 minuti ciascuno, sei ore circa di attacchi di panico al giorno, vivendo come un’ameba tra un attacco e l’altro, portando il mio corpo e la mia mente allo stremo delle forze”. L’”inferno” è fatto di paure che si aggiungono l’una all’altra e che si mangiano pezzo per pezzo la vita: la paura di viaggiare, degli spazi troppo aperti o chiusi, del cibo, della deglutizione, del sonno e del panico nel sonno.

Detta così sembra un elenco, nelle parole di Valeria si sente il dolore, non solo con le orecchie. Proprio perché conosce il dolore ed è riuscita curandosi con fatica a gestirlo, insiste sulla terapia, con farmaci e psicoterapia, senza arrendersi mai davanti ai fallimenti.

L’attacco di panico non te lo devi fare nemico, devi accoglierlo, anche se sembra impossibile, capirlo e curarlo, con la consapevolezza che fa parte di te come può far parte di te la gastrite. Io parlo ormai di tutti i miei disturbi in modo molto aperto, perché è roba mia, è come dire che ho i capelli castani e gli occhi marroni. Se ne soffri, un motivo ci sarà, prima o poi ricostruirai il tuo puzzle e capirai. È inutile che rinneghiamo uno stato d’animo solo perché ci fa star male, cerchiamo invece di capire il perché è nato. È difficile, ma bisogna provarci”.    

“Perché se ne esce o almeno ci si può imparare a convivere”. È il punto su cui insiste di più, con più passione, pensando a chi si sente solo e disperato, questa ragazza di 34 anni, che attraversa e ha attraversato la depressione, da vent'anni.  

Queste parole sono un piccolo tesoro. Ascoltatele, riascoltatele, fatele sentire agli altri. Se potete, condividete quest’articolo, come aiuto per tutti, perché queste parole, che devono per forza fare anche del male, fanno bene.
 


 

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