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News | di Matteo Gamba |

Attacchi di panico, Gabriele: “E chi non ha i soldi per lo psicologo?”

Un altro uomo ci mette nome, cognome e faccia, pur ammettendo un gap di difficoltà in più al maschile. Ci racconta il suo “inferno”, iniziato un anno e mezzo fa dal dentista, e chiede terapie gratuite e senza limiti per tutti

Gabriele Ganini è un ragazzo di 31 anni di Alessandria che un giorno, un anno e mezzo fa, ha visto la sua vita cambiare, “forse per sempre”, mentre era dal dentista: “Era il febbraio 2017, dovevo fare un’estrazione, la paura mi è entrata dentro e mi sentivo svenire. Dopo un’ora a cercare di calmarmi hanno chiamato l’ambulanza. ‘È un attacco di panico’, mi hanno detto e mi hanno rimandato a casa. Non volevo crederci. Appena rientrato, ho ricominciato però a sentirmi male: nuova corsa all’ospedale. Respinto. Sono andato dalla Guardia medica che finalmente mi ha dato dei calmanti”.

Com’è andata dopo?
“È stato l’inferno: attacchi continui, 2-3 volte al giorno. Meno male che ho trovato la forza per andare dallo psicologo”.

Perché la forza?
“Pensavo che fosse un posto ‘per i matti’. L’ho dovuto fare per forza, come ho dovuto superare anche i pregiudizi sui farmaci. Lavorando in un’azienda di pulizie, non ho tanti soldi: mi sono rivolto al settore pubblico”.

E com’è andata?
“Benissimo, ho trovato la mia santa protettrice che mi aiuta. Peccato che ti passino gratis solo 20 sedute. Le ho finite e ho iniziato a pagare, andando sempre da lei. Non mi fa spendere tanto, ma ho comunque dovuto rinunciare a ogni acquisto: in pratica, non compro più nulla. Per carità, ne vale la pena perché per me, assieme ai farmaci, la psicoterapia è l’unica maniera di affrontare gli attacchi di panico, però…”.

Però?
“Mi chiedo: e se uno proprio non ce la fa a pagare? Le sedute con lo psicologo per chi ne ha un bisogno essenziale dovrebbero essere gratuite e a numero illimitato, a discrezione solo delle esigenze della terapia”.

Come va ora?
“Meglio, ho 5-6 attacchi al mese, riesco spesso a gestirli, a volte a prevenirli”.

Come si manifestano?
“Palpitazioni, mi manca il respiro, sudorazione, tremori, senso di svenire, giramenti di testa. Entro in un mio mondo: ci sono solo io e il mio attacco. Con quella sensazione orrenda, ogni volta: ‘Oddio, questa volta muoio davvero'”.

Come ti hanno cambiata la vita?
“Me l’hanno quasi distrutta. Mi sono isolato da tutti, ho perso un sacco di amici, ho smesso di uscire anche a cena e di andare ai concerti, che sono la mia più grande passione, anche andare a fare la spesa da solo è un problema”.

Per un uomo è più difficile quanto meno parlarne?
“Sì, c’è comunque tutto un immaginario e tutta una serie di pregiudizi da superare, ma parlarne fa bene, anche se sai che quasi sempre non verrai capito: solo chi li ha provati capisce”.

Te però ci hai appena messo faccia, nome e cognome anche in pubblico.
“Sì, proprio perché, insisto, serve parlarne, non bisogna sentirsi isolati. Pensa che a me ha aiutato Facebook”.

Facebook?
“Sì, grazie a un gruppo online. Condividere esperienze e ovviamente attacchi ti fa sentire, e non solo capire in astratto, che non sei solo, che non stai morendo”.

Eccolo un nuovo tassello importante per il mosaico di soluzioni e "lezioni" su cosa sono e su come affrontare ansia e attacchi di panico che stiamo costruendo in questa “terapia di gruppo” estiva (un periodo tra l’altro per niente facile per chi soffre di questi disturbi). Con un altro uomo, che ci mette la faccia e il nome e cognome come Michele, con il massimo rispetto ovviamente per chi non se la se sente, figuriamoci.

Da ogni testimonianza cerchiamo di cavare appunto una piccola lezione. L’intervista a Jessica Maritato ci fa capire il nucleo dell’attacco di panico: “Sto morendo, ora”. Ci insegnato anche l’importanza della terapia psicologica e di combattere per ottenerla gratis (come ha appena detto anche Gabriele). E l’incomprensione che può arrivare da chi ti sta più vicino: “Ho trovato più conforto in uno sguardo regalatomi da un conoscente che in frasi dette dagli ‘amici’”.

Dall’email di Michela Gallo abbiamo imparato la trappola della “paura della paura” che fa a pezzi la vita con le “strategie di evitamento”, ovvero evitare ogni situazione che potrebbe scatenare il panico. E il fatto che questi disturbi possono colpire chiunque: “Un attacco di panico a me? Ma se ho una vita perfetta. Beh, l’hai avuto, quindi qualcosa deve pur esserci. Puoi mentire agli altri, non alla tua mente”.

Il cuore della lezione dell’intervista video alla dolcissima Lisa Giacomel, 21 anni, va oltre l’incomprensione di tanti. Il suo doppio dramma si consuma in  una scuola: è quello di soffrire, come un cane, per i primi attacchi di panico della sua vita e di essere contemporaneamente vittima del bullismo dei  compagni di classe. “Io mi sento morire ma non lo faccio apposta, magari lo facessi apposta”, racconta in lacrime nel video.

L’email di Chiara Greci, che si cura con i farmaci, colpisce al cuore con quel “Vedi gli occhi delle persone che pensano che tu sia matta”. Ci insegna che la causa scatenante può essere anche un trauma, un trauma enorme come perdere la mamma, un “trucco” comune ("In un posto che non conosco cerco subito dov'è l'uscita”) e un motto da diffondere: “Ho 'solo' un piccolo difetto di fabbrica che si chiama ANSIA”.

L’intervista video a Michele Carbone è stato un altro passo importante. Parla un uomo (“sì, è più difficile per un maschio: ci si sente ancora giudicati come ‘meno virili’"). Non solo: parla uno psicoterapeuta che ha dedicato la vita a curare gli attacchi di panico negli altri “per non arrivare a perdere tutto come è successo a me”. Grazie a lui abbiamo imparato il nucleo psicologico scatenante: “Un conflitto interno, di cui magari non siamo coscienti”.

Resta aperta la domanda dell’intervista a Francesca: “Qualcuno è mai guarito dagli attacchi di panico? Non da poco, ma da almeno 10-20 anni, senza aver avuto più a che fare con questa malattia”. Malata da 20 anni, si è trovata nell’incubo soprattutto durante la gravidanza. Combatte con tutti i mezzi: “È come con gli attentati, solo che sei te che te li fai da sola: questo mese ho sventato 10 attacchi, uno però ha colpito”.

Dell’intervista video a Camilla Fresolone resta più forte di tutto il dolore per una ragazza di 25 anni che sente di non potersi permettere un figlio, pur adorando i bambini e volendo fare la maestra, o un matrimonio per colpa della sua malattia: “Non vedo un futuro”, dice. Rimane impressa fortissima anche quella “simbiosi 24 ore su 24 con la mamma”, che per lei stava sotto la finestra della scuola alle superiori, anche se così non poteva andare a lavorare.

Ecco qui in basso le prime sette tappe della nostra "terapia di gruppo". 

 

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