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Genova, i portuali contro la “nave della morte” saudita: “Fateci vedere cosa trasporta” | VIDEO

Molte associazioni, tra cui Amnesty e il Collettivo autonomo dei lavoratori portuali, hanno protestato al varco Etiopia nel porto di Genova. La nave, che trasporta armi, è attraccata e ha iniziato le operazioni di carico di merci non militari: a proteggere l’ingresso, la polizia e i carabinieri

“L’abbiamo soprannominata la nave della morte, perché in Yemen sono morti 85mila bambini e per noi portuali è una cosa inaccettabile. Noi siamo per la pace”. A Genova è esplosa la protesta dei portuali contro l’arrivo della Bahri Yanbu, la nave cargo saudita che trasporta armamenti destinati a Riyad. Il Collettivo autonomo dei lavoratori portuali si è schierato in prima linea insieme a tante associazioni come Amnesty ed Emergency: “La nave è carica zeppa, ha otto o nove container pieni di esplosivo. Noi vorremmo controllare la nave, vedere coi nostri occhi che cosa trasporta”.

La Bahri Yanbu, nave cargo che a bordo ha armamenti destinati all’Arabia Saudita, è entrata in porto a Genova intorno alle 11 di mattina. I manifestanti hanno protestato davanti al varco Etiopia, uno degli accessi allo scalo, mentre l’ingresso al molo dove è attraccata la nave è stato protetto da polizia e carabinieri, come potete vedere in questa foto inviataci dai manifestanti del Collettivo.

Il presidio è iniziato alle 7 di mattina: ancora una volta insomma il capoluogo ligure si è trovato a essere punto di passaggio di una imbarcazione che trasporta strumenti di morte, che rischiano di essere utilizzate contro i civili nella guerra in Yemen. E la nave è carica, come vi abbiamo detto, di container che trasportano bombe e armamenti.

Proprio di questo noi di Iene.it abbiamo parlato con Carlo Tombola, presidente di Weapon Watch, osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei: “L’Arabia Saudita è il più grande acquirente di armi al mondo e l’Italia è asservita al gioco diplomatico internazionale, in cui Riyad è un attore di grande importanza geopolitica in un quadro diplomatico dominato dagli Stati Uniti di Trump”.

Questo tipo di attività non è vietato”, ci ha spiegato Tombola. “L’Arabia Saudita non è mai stato dichiarato come Paese a cui imporre un embargo sulle armi, anche per via del suo potere economico e diplomatico. Secondo molti politici l’Italia ha interessi economici in quel Paese, e se non ci fossero certi rapporti con Riyad migliaia di posti di lavoro sarebbero a rischio: noi, ovviamente, siamo contrari a tutto questo”.

L’Arabia Saudita, come purtroppo ben sappiamo, è uno dei principali attori della guerra in Yemen. Solo l'altro ieri un bombardamento ha causato altre 31 vittime civili. “Questo stillicidio va avanti da anni”, ci ricorda Tombola. “C’è chi studia le conseguenze dei bombardamenti sauditi, e sui resti delle bombe si vede chi ha prodotto quelle armi: ci siamo noi italiani, i tedeschi, i francesi e mezzo mondo. Tutto l’Occidente sembra lavorare a favore dei sauditi”. La nave è adesso in porto e le operazioni proseguono: continuiamo a seguire lo sviluppo degli eventi.

Noi de Le Iene, infatti, abbiamo denunciato a lungo le violenze della guerra in Yemen e il ruolo dell’Italia nel conflitto. Qui sotto potete vedere tutti i servizi e gli articoli che abbiamo dedicato a questo caso.

La guerra in Yemen e le bombe italiane: i nostri articoli e servizi

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