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Omicidio Vannini, Marco ha implorato Ciontoli: “Riportami a casa”

Negli ultimi istanti nella villetta di Ladispoli, Marco Vannini avrebbe supplicato Antonio Ciontoli di riportarlo dai genitori. È quanto si sentirebbe dalle chiamate al 118 nei minuti successivi allo sparo. Noi de Le Iene abbiamo ricostruito quanto accaduto in quegli attimi con Giulio Golia e Francesca Di Stefano 

“Ti prego portami a casa”. Sarebbero queste le ultime parole che Marco Vannini avrebbe pronunciato nella villetta di Ladispoli poche ore prima di morire. Le avrebbe dette ad Antonio Ciontoli che in quell’istante era al telefono con il 118 dopo il colpo d’arma da fuoco che si è rivelato fatale per il ragazzo di 20 anni. A rendere noto questo nuovo particolare è “Chi l’ha visto?” che ieri sera ha cercato di rispondere ad alcune delle molte domande ancora aperte sull’omicidio di Marco Vannini. La trasmissione di Rai3 ha sollevato anche dubbi sulla reale posizione delle pistole in casa Ciontoli. Dubbi che già noi de Le Iene vi avevamo presentato nella quinta parte dello speciale “Bugie e verità” di Giulio Golia e Francesca Di Stefano che potete vedere qui sopra. 

In preda al dolore, Marco avrebbe supplicato Antonio Ciontoli di riportarlo dai suoi genitori. “Ti prego, portami a casa!". Sono queste le parole che il ragazzo avrebbe pronunciato mentre Ciontoli, condannato a 5 anni in appello per omicidio colposo, era al telefono con il 118. Marco continua a urlare. Sono le 00:23 del 15 maggio 2015, sono passati 17 minuti dalla prima telefonata ai soccorsi e un’ora dallo sparo.

La trasmissione tv ha cercato di ricostruire anche gli spostamenti delle armi in casa Ciontoli partendo dalle intercettazioni di Viola, la fidanzata di Federico, il figlio di Ciontoli. Nei giorni successivi alla morte di Marco, la ragazza effettua una telefonata di 33 minuti con un’amica. Nella conversazione di cui noi de Le Iene vi abbiamo parlato nel nostro Speciale, Viola sostiene che le pistole per tutto il giorno siano state sul divano di casa. Non erano quindi nel bagno dove Ciontoli ha sempre sostenuto siano state? È possibile che qualcuno le abbia toccate facendo entrare il colpo in canna e poi qualche ora dopo Ciontoli abbia puntato l’arma contro Marco inconsapevole che sarebbe partito un proiettile? 

La ragazza dice chiaramente che Antonio era convinto che le armi fossero scariche, ma anche che le aveva lasciate tutto il giorno sul divano. Questa intercettazione però non è mai entrata nel processo. E anche la fine che le pistole fanno dopo lo sparo sembra poco chiara. “Prendo queste armi perché mio padre mi dice di allontanarle. Quando sono sceso giù il mio intento era quello di metterle in sicurezza. Non so se è stata ritrovata la polvere da sparo sul divano, però io le ho portate lì”, afferma Federico nell’interrogatorio dell’ottobre 2015. Perché Federico specifica il dettaglio del divano?

Le pistole verranno poi ritrovate sotto il letto di Federico, che il giorno della tragedia dichiara di non avercele messe lui. Mentre Antonio Ciontoli dice di averle viste sul divano e averle portate nel cassettone del letto di Federico. Dalle intercettazioni ambientali in caserma del 18 maggio 2015 sembra che sia Federico a dire ad Antonio cosa rispondere in merito al luogo di queste armi. Non solo. Federico controllerebbe la versione anche con Viola. E proprio lei, a un certo punto, riferendo a Federico la versione data, dice “così ti ho parato un po’ il culo anche a te”. 

Insomma, il figlio di Ciontoli sembra saperne molto di più rispetto al padre. La figura di Federico è finita al centro di alcune confidenze che sarebbero state fatte a Davide Vannicola, un soggetto chiave nell’inchiesta bis sulla morte di Marco, che in esclusiva a Le Iene ha rilasciato clamorose dichiarazioni su chi effettivamente avrebbe sparato.

Tutto nasce da una confidenza  che Vannicola avrebbe ricevuto dal maresciallo Roberto Izzo, che gli avrebbe detto che a sparare a Marco Vannini non sarebbe stato Antonio Ciontoli, bensì il figlio, Federico. Per questo, al momento Izzo risulta indagato per falsa testimonianza e favoreggiamento.  
La stessa confidenza sarebbe stata riferita anche dall’ex maresciallo della Guardia di Finanza Giovanni Bentivoglio, per anni uno degli elementi di punta della stessa Procura di Civitavecchia, e molto amico di Vannicola.

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