Omicidio Vannini, le ultime parole: “Ti prego basta, mi fa male, portami il telefono” | VIDEO
Un team di tecnici Usa svela le ultime parole di Marco Vannini mentre il padre della fidanzata Antonio Ciontoli sta chiamando il 118. Noi de Le Iene, con Giulio Golia e Francesca Di Stefano, vi abbiamo parlato anche di queste parole ora scientificamente decriptate, raccontandovi da tempo con numerosi servizi e uno speciale tutto quello che ancora non torna nella ricostruzione dell’omicidio di questo ragazzo di 20 anni
“Dov'è il telefono, portamelo, portami il telefono, mi fa male, mi fa male il braccio. Ti prego basta, mi fa male, portami il telefono”. Sarebbero queste le ultime parole pronunciate da Marco Vannini nel salotto dei Ciontoli, secondo quanto l’americano Team Emme ha ricostruito per la trasmissione televisiva Quarto Grado. Parole che si sentono dall’audio della telefonata tra Antonio Ciontoli e il 118 nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, quando il ragazzo muore ucciso da un colpo di pistola sparatogli mentre si trovava a casa dei genitori della fidanzata Martina. Di questa tragedia e di tutti i suoi misteri e contraddizioni, e di queste parole ora scientificamente decriptate, ci siamo occupati molte volte con Giulio Golia e Francesca De Stefano con i molti servizi che ritrovate raccolti qui in fondo all’articolo e con lo Speciale che potete vedere qui sopra.
Le parole pronunciate da Vannini raccontano l’agonia di quegli interminabili minuti, prima che vengano attivati i soccorsi. Ora il processo deve ripartire dopo la sentenza della Cassazione che ha annullato la condanna a 5 anni per omicidio colposo per Antonio Ciontoli, padre dell’allora fidanzata di Marco, Martina (Ciontoli ha raccontato di aver sparato per errore al ragazzo).
Recentemente vi abbiamo raccontato solo l’ultima delle incredibili storie che ruotano attorno al caso, ovvero di un fascicolo che riguarda una presunta rapina o estorsione che Ciontoli avrebbe fatto nei confronti di due prostitute. Una vicenda di 20 anni fa, mai finita a processo e subito archiviata, che potrebbe aggiungere nuovi elementi sull’uomo condannato per l’omicidio di Marco Vannini. In questi mesi è venuto a mancare intanto anche il brigadiere Manlio Amadori (qui tutta la notizia). Aveva rilasciato una testimonianza clamorosa su Ciontoli. “Era molto preoccupato e intervenne il maresciallo Izzo e lui disse in quel momento ‘Ora metto nei guai mio figlio'”, ha detto in aula Amadori ricostruendo la notte dell’omicidio di Marco. “A quel punto Izzo gli ha chiesto chi aveva esploso il colpo e lui ha detto ‘Sono stato io’”.
Vi abbiamo più volte ricostruito tutto quello che sembra non tornare nelle dichiarazioni dei componenti della famiglia Ciontoli e negli atti del processo. Una cosa è certa per la Cassazione che l’ha messa nero su bianco spiegando che Marco Vannini poteva salvarsi se fosse stato soccorso per tempo, dopo lo sparo partito la sera del 17 maggio 2015. La tragedia per la Suprema Corte è “ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli: rimase inerte ostacolando i soccorsi”. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza dello scorso 7 febbraio, quando la Cassazione ha accolto il ricorso della procura generale e ha annullato il giudizio del secondo grado. Le parole di Marco Vannini appena ricostruite sembrano aumentare la gravità di quei soccorsi inspiegabilmente tardivi.
Il processo d’Appello è ora da rifare per tutti i componenti della famiglia di Antonio Ciontoli. Nel primo Appello il padre della fidanzata di Marco era stato condannato a 5 anni per omicidio colposo, in primo grado a 14 anni per omicidio volontario. In Appello era stata confermata invece la condanna a 3 anni per omicidio colposo per la moglie Maria Pezzillo e i due figli Federico e Martina (fidanzata di Marco).
Per i giudici della prima sezione della Cassazione, Antonio Ciontoli “era consapevole di avere esploso un colpo di pistola, di aver colpito con un proiettile che era rimasto all'interno del corpo della vittima, e rappresentandosi la probabilità della morte, fece di tutto per occultare le proprie responsabilità, prima rifiutandosi di chiamare i soccorsi e poi, a fronte della chiamata fatta dal figlio, rassicurando i soccorritori sul fatto che non serviva un loro intervento”.
Nelle settimane successive alla sentenza della Cassazione è emerso un nuovo clamoroso elemento. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, come vi abbiamo raccontato sempre con Giulio Golia, ha promosso un’azione disciplinare contro Alessandra D’Amore, la pm che ha indagato sull'omicidio del ragazzo morto ad appena 20 anni: secondo il ministero potrebbe aver violato i doveri di diligenza e laboriosità.
Non si è fatta attendere pochi giorni dopo la risposta della procura di Civitavecchia. Con Giulio Golia abbiamo risposto punto per punto a tutti i dubbi attorno alla vicenda. A partire dagli interrogativi attorno al luogo del delitto: perché non è stata sequestrata la villetta? Perché poi Antonio Ciontoli avrebbe accompagnato i carabinieri nel sopralluogo nell’appartamento? E ancora: perché non sono stati sentiti tutti i testimoni e i vicini di casa? (Qui le domande ancora senza risposta). L’8 luglio inizierà il nuovo processo d’Appello per la morte di Marco Vannini a 5 mesi esatti dalla sentenza di Cassazione.
Ecco qui sotto tutti i servizi e gli articoli principali dedicati all'omicidio di Marco Vannini.