> External link Facebook Facebook Messenger Full Screen Google+ Instagram LinkedIn News mostra di più Twitter WhatsApp Close
News |

Omicidio Vannini, Bonafede promuove azione disciplinare contro il pm | VIDEO

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, avrebbe promosso un’azione disciplinare nei confronti di Alessandra D’Amore, la pm che ha condotto le prime indagini sull’omicidio di Marco Vannini. Potrebbe aver violato i doveri di diligenza e laboriosità creando un ingiusto danno ai genitori del ragazzo morto a 20 anni. Con Giulio Golia e Francesca Di Stefano vi raccontiamo anche la decisione della Cassazione di venerdì scorso che ha annullato la sentenza di Appello: il processo è da rifare

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede avrebbe promosso un’azione disciplinare contro Alessandra D’Amore, la pm che ha indagato sull'omicidio del ragazzo morto ad appena 20 anni: secondo il ministero potrebbe aver violato i doveri di diligenza e laboriosità creando un ingiusto danno ai genitori del ragazzo morto a 20 anni.

Il ragazzo è morto a seguito di un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, il padre della sua fidanzata. Lo sparo avvenne intorno alle 23.15 del 17 maggio 2015 in casa Ciontoli, in cui secondo la ricostruzione processuale erano presenti Martina, la fidanzata di Marco, Antonio Ciontoli, il padre della ragazza, la madre Maria Pezzillo, il fratello Federico e Viola Giorgini, la fidanzata di quest’ultimo.

Venerdì scorso la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado che condannava a 5 anni per omicidio colposo Antonio Ciontoli, il padre della fidanzata di Marco (in primo grado la pena era stata di 14 anni per omicidio volontario). Il processo d’Appello è ora da rifare, anche per tutti i componenti della famiglia Ciontoli.

Fuori dalla Cassazione c’eravamo anche noi a seguire minuto dopo minuto questa lunga giornata. Abbiamo atteso l’arrivo dei genitori di Marco e quello degli avvocati dei Ciontoli: “Non ci aspettiamo nulla di trascendentale”, avevano detto a Giulio Golia. Nel frattempo le decine di persone arrivate da ogni parte d’Italia si è riunita in sit-in in attesa della sentenza. Solo dopo 8 ore arriva la sentenza: il processo d’Appello è da rifare.

“Finalmente un sorriso di felicità perché Marco ha avuto la giustizia. Finalmente mio figlio ha di nuovo il rispetto perché non si può uccidere un ragazzo di 20 anni e farla franca”, ha detto mamma Marina all’uscita. Il giorno dopo siamo andati a trovarli a casa. “Ora dobbiamo essere più forti di prima. Non dimentichiamoci che Marco poteva salvarsi con altissima probabilità e loro l’hanno lasciato agonizzare per 110 minuti”, dicono i genitori.

LA RICOSTRUZIONE PROCESSUALE

Secondo la ricostruzione processuale, alle 23.15 Marco era nudo nella vasca. Antonio Ciontoli entra nel bagno e tira fuori due pistole convinto che fossero scariche impugna la Beretta calibro 9 e per gioco preme il grilletto. Si renderebbe conto di aver sparato, ma direbbe a tutti gli altri che sarebbe partito un non chiaro colpo d’aria. E loro incredibilmente gli credono.

Dopo il colpo corrono tutti in bagno. Federico raccoglie da terra le pistole e le mette in sicurezza. Verranno ritrovate sotto il suo materasso. Poi Marco viene portato in camera di Antonio e della moglie, viene asciugato con un phon e vestito. Sono passati 20 minuti dallo sparo. Federico a questo punto fa la prima telefonata al 118, nel mentre interviene la madre che annulla la chiamata.

Le condizioni di Marco però poi peggiorano. A Federico viene il dubbio che la pistola non fosse scarica, va in bagno e trova il bossolo, che significa che è stato sparato un colpo. Torna nella stanza, lo dice a tutti, allora Antonio chiama un’altra volta il 118, 25 minuti dopo la prima telefonata. È passata quasi un’ora dallo sparo. È consapevole che sia una ferita d’arma da fuoco: “È caduto e si è bucato con un pettine quello a punta”, dice. In sottofondo si sentono le urla strazianti di Marco. Tutte queste omissioni ai medici e il ritardo nei soccorsi, hanno portato alla morte di Marco alle 3.10 di notte, dopo ore di agonia. 

Dopo quasi cinque anni sono ancora tante le domande rimaste senza risposta e i punti oscuri attorno a questa storia. “Quelle urla di Marco mi rimbombano continuamente e me le porterò fino alla morte. Perché tutta questa crudeltà?”, dice Marina.

Secondo la deposizione dei Ciontoli poi, Marco dopo cena va in bagno per lavarsi e Martina lo segue. Sono circa le 23. “Mio padre ha bussato alla porta chiedendo se poteva entrare e Marco ha risposto che poteva farlo tranquillamente”, ha deposto Martina. È in questo momento che Ciontoli tirerebbe fuori le pistole e farebbe partire il colpo. Ma questa dinamica non convince i genitori del ragazzo. “Mio figlio non si sarebbe mai fatto vedere nudo dal suocero”, dice Marina. “Secondo me è successo nella camera di Martina”, aggiunge Valerio che una sua idea. “Ho visto le foto sembra tutto messo in ordine con il telefono di Marco sul letto, lui ne era gelosissimo non lo avrebbe mai lasciato così. E poi c’erano le scarpe di Marco sporche di polvere da sparo. Come c’è finita sopra?”.

Poi tra tutti gli interrogatori, le intercettazioni in caserma e quelle telefoniche rimangono tante contraddizioni sulle versioni date dai Ciontoli. È stato davvero uno stupido scherzo come sostenuto da Antonio? Se invece ci fosse stato un litigio come hanno testimoniato i vicini di casa? “Quello che è successo non lo sapremo mai. Noi ci basiamo sullo sparo e sul dopo”, dice Marina.

LE PERPLESSITÀ SULLO SVOLGIMENTO DELLE INDAGINI

C’è sempre stata un’altra questione che ha sempre sollevato qualche perplessità: lo svolgimento delle indagini. “La casa non è stata sequestrata, gliela hanno ridata subito perché loro la sera stessa erano a casa”, dicono i genitori di Marco. A quanto pare queste domande forse sono le stesse che si sarebbe fatto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. A quanto ci risulta ha promosso un’azione disciplinare nei confronti del magistrato titolare delle indagini. La pm D’Amore potrebbe aver compiuto degli illeciti disciplinari basando le sue indagini solo sulle dichiarazioni dei Ciontoli e non ha disposto il sequestro della casa.

Non ha ordinato la perquisizione dell’appartamento e non ha raccolto le testimonianze di tutti i vicini di casa. Come, per esempio, la vicina Clarissa Paradiso è stata chiamata a deporre dall’avvocato dei Vannini. Idem Maria Cristina che abitava sotto i Ciontoli, l’abbiamo trovata noi. Avevamo espresso queste perplessità al brigadiere della caserma di Ladispoli Manlio Amadori. “Se chi ha gestito le indagini ha usato una certa strategia, io non lo so se non l’ha fatto perché… doveva o se aveva ulteriori elementi per chiudere il pacchetto”, ci aveva detto.

Tutte queste mancanze sarebbero avvenute quando ormai erano emerse le contraddizioni dei Ciontoli e i presunti tentativi di accordarsi tra loro come ricostruito con le intercettazioni in caserma. L’altra ragione per cui sarebbe stato promosso questo provvedimento disciplinare riguarda Martina. Alla figlia di Ciontoli la pm non avrebbe contestato il reato di calunnia rispetto alle dichiarazioni fatte sul luogotenente Roberto Izzo. All’epoca dei fatti era il comandante della stazione dei carabinieri di Ladispoli, colui che per primo è arrivato sul luogo del delitto. Martina, che ha sempre dichiarato di non essersi mai resa conto che fosse partito un colpo di pistola, intercettata in caserma, sembrerebbe dire che in realtà il proiettile era ben visibile quando Marco era nella vasca. “Non ci posso pensare che qua sotto aveva il proiettile”, ha detto Martina. E nel frattempo il fratello Federico ha aggiunto: “L’ogiva ce l’aveva già nel costato”.

Qualche mese più tardi durante l’interrogatorio dell’ottobre 2015 giustifica queste parole dicendo che “questa cosa del colpo che si è fermato qui infatti l’avevo anche indicato a me l’ha detto il comandante Izzo”. Lui però ha sempre negato: “Io dopo che il ragazzo è morto non ho parlato più con nessuno”.

Proprio grazie alle intercettazioni ambientali la pm D’Amore avrebbe riconosciuto che Martina stava mentendo con le accuse al maresciallo Izzo di rivelazione di segreti d’ufficio, ma non l’avrebbe indagata per calunnia. A questo punto non resta che aspettare gli sviluppi di questa notizia e l’inizio del nuovo processo. 

Omicidio Vannini: le novità e lo speciale in sei parti

Ultime News

Vedi tutte