Vannini, il pg della Cassazione: “Omicidio volontario, nuovo processo di Appello” | VIDEO
La richiesta della procura generale della Cassazione: la sentenza è attesa in serata. Tantissime persone la stanno aspettando in un sit-in davanti alla Suprema Corte. Per la morte di Marco Vannini, Antonio Ciontoli, padre della sua fidanzata, è stato condannato in secondo grado a 5 anni di carcere per omicidio colposo dopo i 14 anni in primo grado per omicidio volontario. Davanti al Palazzaccio ci siamo anche noi con Giulio Golia e Francesca Di Stefano
“Fu omicidio volontario, si dia il via a un nuovo processo d’appello”. È la richiesta della procura generale della Cassazione per l’omicidio di Marco Vannini. Per Elisabetta Cennicola è stata "una morte disumana considerati i rapporti degli imputati con la vittima". "Tutti, per ben 110 minuti hanno mantenuto una condotta omissiva, menzognera e reticente nonostante la gravità della situazione fosse sotto gli occhi di ognuno di loro".
In tantissimi stanno aspettando davanti alla Suprema Corte la sentenza della Cassazione sull’omicidio di Marco Vannini prevista per stasera, come potete vedere nel video qui sopra. Alle 10 sono arrivati Marina Conte e Valerio Vannini, i genitori del ragazzo ucciso da un colpo di pistola nel 2015. Giulio Golia ha accolto la mamma con un abbraccio (trovate il video di questo momento in fondo all'articolo).
Le persone arrivate davanti al Palazzaccio provengono da ogni parte d’Italia, non solo da Cerveteri, dove Marco Vannini era nato, e da Ladispoli dove è stato ucciso. Tutti vogliono esprimere la loro vicinanza e solidarietà ai genitori di Marco. Per il suo omicidio, il 29 gennaio 2019 i giudici della corte d'Assise d'Appello di Roma hanno condannato Antonio Ciontoli per omicidio colposo a 5 anni di reclusione contro i 14 che gli erano stati inflitti in primo grado, confermando, invece, le condanne a tre anni per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo.
Dopo quasi cinque anni si è arrivati dunque a un appuntamento decisivo. “Può succedere che la Corte di Cassazione confermi i 5 anni per Ciontoli oppure rimanderà il processo”, ricorda la Iena. Per tutto il giorno ci saremo anche noi con Giulio Golia fuori dal Tribunale e su Iene.it e i nostri social vi terremo aggiornati degli sviluppi fino alla sentenza prevista per la serata.
In questi mesi abbiamo cercato di ricostruire che cosa sarebbe successo quella maledetta sera del 17 maggio 2015 (clicca qui per lo Speciale). Nella villetta dei Ciontoli a Ladispoli sarebbero stati presenti Antonio Ciontoli, sua moglie Maria Pezzillo, il figlio Federico con la fidanzata Viola Giorgini e l’altra figlia Martina, assieme al fidanzato Marco Vannini. Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina distaccato ai servizi segreti, ha raccontato in aula: “Marco era nella vasca, si stava facendo la doccia”. Il padre di Martina dice di essere entrato a prendere le due pistole che quel giorno erano custodite proprio in bagno, in attesa di essere usate durante un’esercitazione di tiro.
“Marco ha riconosciuto il marsupio nel quale tenevo le armi e mi ha chiesto di vederle”, sostiene Ciontoli in un primo momento. “Con la mano destra ho estratto l’arma dal marsupio. Nel movimento il marsupio mi stava per cadere. Mettendo la mano sotto ho praticamente stretto l’arma che avevo impugnato e mi è partito il colpo. Pensavo fosse scarica”. Un esperto balistico ha dichiarato a Giulio Golia che questa versione non sarebbe verosimile: se Ciontoli, come ha detto, non ha armato il cane, nessun colpo accidentale può essere partito mentre la pistola stava per scivolare via dalle sue mani.
La pm durante l’interrogatorio coglie queste contraddizioni e Ciontoli cambia versione: “Ho preso l’arma convinto che era scarica. L’arma non mi stava scappando, l’ho presa, l’ho impugnata, l’ho scarrellata e per gioco, per scherzo, ho fatto finta di sparare. Invece c’erano i proiettili all’interno della pistola e mi è partito il colpo”. Ma anche questa seconda versione, aggiunge l’esperto balistico, sarebbe irrealistica.
I soccorsi per Marco vengono attivati dai Ciontoli con ritardo giudicato “colpevole” dal tribunale. Perché Antonio Ciontoli parla al 118 di un infortunio di Marco nella vasca “con un pettine”? Perché gli altri componenti della famiglia non intervengono per smentirlo? Quando la pm chiede a Ciontoli perché abbia parlato di un “buchino”, invece che di un foro di un centimetro di diametro, ha detto: “È la prima cosa che mi è venuta in mente, non so perché gliel’ho detta. Non volevo che questa cosa uscisse, volevo pensarci io direttamente dal dottore”.
Sembra anche strano che i figli e la moglie di Antonio Ciontoli, come hanno raccontato in aula, non si siano resi conto subito che si era trattato di un colpo di arma da fuoco ma abbiano parlato di "un colpo d’aria”. “Io non avevo visto il buco”, ha spiegato il figlio di Antonio Ciontoli, Federico. “Quando sono entrato in bagno mi sembrava una pressione del dito”.
Altri due aspetti sembrano non tornare in questa vicenda: gli spostamenti delle pistole di Antonio quella terribile sera, pistole per cui il suo porto d’armi era scaduto da due anni e la testimonianza di una vicina di casa (mai sentita dagli inquirenti) che racconta che quella sera la macchina di Antonio non sarebbe stata parcheggiata al solito posto in cui l’aveva messa negli ultimi 20 anni.
Abbiamo raccolto anche la versione di Davide Vannicola. Amico del maresciallo Izzo, che ha condotto le prime indagini, Vannicola sostiene che Izzo gli avrebbe confidato di aver parlato con Antonio Ciontoli la sera della morte di Marco Vannini. Izzo gli avrebbe consigliato di prendersi lui tutte le responsabilità per salvare suo figlio Federico (sarebbe stato lui a sparare).
Nelle ultime settimane vi abbiamo mostrato anche le intercettazioni telefoniche mai entrate a processo perché ritenute irrilevanti. Si tratta di conversazioni che potrebbero aiutare a mettere a fuoco tanti dettagli che non tornano. È il 19 maggio del 2015 alle 17.58, Salvatore Ciontoli chiama il nipote Federico. “La mamma e il padre di Marco è il caso di contattarli”, dice il nonno. Il nipote però gli risponde: “Loro hanno espresso la volontà comunque di non vederci”.
A questo punto Salvatore consiglia di “insistere, insistere, insistere”. “Dovete strisciare ai loro piedi addirittura, cioè fare capire con sincerità che la cosa è avvenuta inavvertitamente, che voi siete profondamente addolorati e colpiti”. È un consiglio spinto dal dramma appena successo? Sembrerebbe di no. Salvatore mette in guardia il nipote: “La prima cosa che deve fare tuo padre è togliersi tutte le proprietà. Tutto ciò che ha vicino a lui che in caso di risarcimento danni… Dovete umilmente prostrarvi ai piedi dei genitori di Marco perché se questi si presentano e ricorrono come parte civile a tuo padre lo mettono col sedere sotto il marciapiedi”. Una strategia che poi sarebbe stata messa in atto.
Lo stesso Antonio Ciontoli torna sulla questione qualche giorno dopo. A poche ore dal funerale di Marco chiama il cognato Peppe per raccontargli dell’incontro con l’avvocato. “Ho chiesto un po’ di cosucce per quanto riguarda eventuale risarcimento danni. Loro si possono avvalere solo sui miei averi, sul 50% della casa di Ladispoli, sulle macchine”, dice Ciontoli. L’indomani è di nuovo al telefono con l’avvocato: “Non so se conviene chiudere il conto corrente che ho cointestato…”. Ma il legale lo frena: “Adesso è presto. Non prendiamo iniziative, te lo dico io quando farlo”.
Ecco qui sotto i principali servizi e gli articoli che abbiamo dedicato all'omicidio di Marco Vannini e l'abbraccio tra Marina Conte e Giulio Golia prima di entrare in tribunale.