Omicidio Vannini: parola alla Cassazione. Le bugie e le verità | VIDEO
È attesa per la serata di venerdì la sentenza della Cassazione per l’omicidio di Marco Vannini. Per la sua morte Antonio Ciontoli è stato condannato in secondo grado a 5 anni di carcere per omicidio colposo dopo i 14 anni in primo grado per omicidio volontario. In questi mesi con Giulio Golia e Francesca Di Stefano vi abbiamo raccontato con molti servizi e uno speciale le molte bugie e verità di questo caso
Ore di attesa per la sentenza della Cassazione sull’omicidio di Marco Vannini prevista per venerdì sera. In tantissimi saranno presenti fuori della Suprema Corte a Roma per attendere il verdetto. Arriveranno da ogni parte d’Italia non solo da Cerveteri e Ladispoli, dove il ragazzo ucciso a 20 anni per un colpo di pistola viveva. In centinaia di persone si stringeranno simbolicamente attorno ai genitori, Valerio Vannini e Marina Conte.
Ci saremo anche noi de Le Iene con Giulio Golia e Francesca Di Stefano che in questi mesi ci hanno raccontato i tanti dubbi e i misteri attorno a questo omicidio come potete vedere nello Speciale “Omicidio Vannini: bugie e verità” che vi riproponiamo qui sopra.
Marco, appena 20enne, è stato ucciso nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 da un colpo di pistola mentre si trova a casa della fidanzata Martina Ciontoli. Per quella morte, in Appello, viene condannato a cinque anni per omicidio colposo il padre di Martina, Antonio Ciontoli (in primo grado era stato condannato a 14 anni per omicidio volontario).
Dopo quasi cinque anni si è arrivati all’appuntamento finale. La Cassazione dovranno decidere se confermare la sentenza di secondo grado o magari annullarla e riformulare il reato in omicidio volontario oppure accogliere il ricorso della difesa dei Ciontoli e quindi ridurre la pena per Antonio Ciontoli e assolvere il resto della sua famiglia. La Cassazione potrebbe anche rinviare tutto a un nuovo processo di Appello.
In questi mesi abbiamo cercato di ricostruire che cosa sarebbe successo quella maledetta sera. Nella villetta dei Ciontoli a Ladispoli sarebbero stati presenti Antonio Ciontoli, sua moglie Maria Pezzillo, il figlio Federico con la fidanzata Viola Giorgini e l’altra figlia Martina assieme al fidanzato Marco Vannini. Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina distaccato ai servizi segreti, ha raccontato in aula: “Marco era nella vasca, si stava facendo la doccia”. Il padre di Martina dice di essere entrato a prendere le due pistole che quel giorno erano custodite proprio in bagno, in attesa di essere usate durante un’esercitazione di tiro.
“Marco ha riconosciuto il marsupio nel quale tenevo le armi e mi ha chiesto di vederle”, sostiene Ciontoli in un primo momento. “Con la mano destra ho estratto l’arma dal marsupio. Nel movimento il marsupio mi stava per cadere. Mettendo la mano sotto ho praticamente stretto l’arma che avevo impugnato e mi è partito il colpo. Pensavo fosse scarica”. Un esperto balistico ha dichiarato a Giulio Golia che questa versione non sarebbe verosimile: se Ciontoli, come ha detto, non ha armato il cane, nessun colpo accidentale può essere partito mentre la pistola stava per scivolare via dalle sue mani.
La pm durante l’interrogatorio coglie queste contraddizioni e Ciontoli cambia versione: “Ho preso l’arma convinto che era scarica. L’arma non mi stava scappando, l’ho presa, l’ho impugnata, l’ho scarrellata e per gioco, per scherzo, ho fatto finta di sparare. Invece c’erano i proiettili all’interno della pistola e mi è partito il colpo”. Ma anche questa seconda versione, aggiunge l’esperto balistico, sarebbe irrealistica.
I soccorsi per Marco vengono attivati dai Ciontoli con ritardo giudicato “colpevole” dal tribunale. Perché Antonio Ciontoli parla al 118 di un infortunio di Marco nella vasca “con un pettine”? Perché gli altri componenti della famiglia non intervengono per smentirlo? Quando la pm chiede a Ciontoli perché abbia parlato di un “buchino”, invece che di un foro di un centimetro di diametro, ha detto: “È la prima cosa che mi è venuta in mente, non so perché gliel’ho detta. Non volevo che questa cosa uscisse, volevo pensarci io direttamente dal dottore”.
Sembra anche strano che i figli e la moglie di Antonio Ciontoli, come hanno raccontato in aula, non si siano resi conto subito che si era trattato di un colpo di arma da fuoco ma abbiano parlato di "un colpo d’aria”. “Io non avevo visto il buco”, ha spiegato il figlio di Antonio Ciontoli, Federico. “Quando sono entrato in bagno mi sembrava una pressione del dito”.
Altri due aspetti sembrano non tornare in questa vicenda: gli spostamenti delle pistole di Antonio quella terribile sera, pistole per cui il suo porto d’armi era scaduto da due anni e la testimonianza di una vicina di casa (mai sentita dagli inquirenti) che racconta che quella sera la macchina di Antonio non sarebbe stata parcheggiata al solito posto in cui l’aveva messa negli ultimi 20 anni.
Abbiamo raccolto anche la versione di Davide Vannicola. Amico del maresciallo Izzo, che ha condotto le prime indagini, Vannicola sostiene che Izzo gli avrebbe confidato di aver parlato con Antonio Ciontoli la sera della morte di Marco Vannini. Izzo gli avrebbe consigliato di prendersi lui tutte le responsabilità per salvare suo figlio Federico (sarebbe stato lui a sparare).
Nelle ultime settimane vi abbiamo mostrato anche le intercettazioni telefoniche mai entrate a processo perché ritenute irrilevanti. Si tratta di conversazioni che potrebbero aiutare a mettere a fuoco tanti dettagli che non tornano. È il 19 maggio del 2015 alle 17.58, Salvatore Ciontoli chiama il nipote Federico. “La mamma e il padre di Marco è il caso di contattarli”, dice il nonno. Il nipote però gli risponde: “Loro hanno espresso la volontà comunque di non vederci”.
A questo punto Salvatore consiglia di “insistere, insistere, insistere”. “Dovete strisciare ai loro piedi addirittura, cioè fare capire con sincerità che la cosa è avvenuta inavvertitamente, che voi siete profondamente addolorati e colpiti”. È un consiglio spinto dal dramma appena successo? Sembrerebbe di no. Salvatore mette in guardia il nipote: “La prima cosa che deve fare tuo padre è togliersi tutte le proprietà. Tutto ciò che ha vicino a lui che in caso di risarcimento danni… Dovete umilmente prostrarvi ai piedi dei genitori di Marco perché se questi si presentano e ricorrono come parte civile a tuo padre lo mettono col sedere sotto il marciapiedi”. Una strategia che poi sarebbe stata messa in atto.
Lo stesso Antonio Ciontoli torna sulla questione qualche giorno dopo. A poche ore dal funerale di Marco chiama il cognato Peppe per raccontargli dell’incontro con l’avvocato. “Ho chiesto un po’ di cosucce per quanto riguarda eventuale risarcimento danni. Loro si possono avvalere solo sui miei averi, sul 50% della casa di Ladispoli, sulle macchine”, dice Ciontoli. L’indomani è di nuovo al telefono con l’avvocato: “Non so se conviene chiudere il conto corrente che ho cointestato…”. Ma il legale lo frena: “Adesso è presto. Non prendiamo iniziative, te lo dico io quando farlo”.
Ora la parola passa alla Cassazione.
Ecco qui sotto i servizi e gli articoli principali che abbiamo dedicato a questo caso.