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Omicidio Vannini, Martina Ciontoli: “Dovrò confrontarmi con la possibilità del carcere” | VIDEO

A poco tempo dalla sentenza della Cassazione prevista per lunedì 3 maggio, Martina Ciontoli scrive una lettera aperta in cui ripercorre la sera dell’omicidio di Marco Vannini, il suo ex fidanzato ucciso appena 20enne da un colpo di pistola sparato dal padre Antonio Ciontoli. Il padre e la famiglia sono stati condannati per l’omicidio. Con Giulio Golia e Francesca Di Stefano abbiamo seguito tutta la vicenda al fianco dei genitori del ragazzo

Non ho mai davvero pensato al carcere neanche come ipotesi nel mio futuro di fronte alla consapevolezza della verità. Mi sto rendendo conto che fra poco probabilmente per come sono andate le cose per quella che è stata la realtà costruita, dovrò confrontarmi con questa possibilità e non so se sono in grado”.  Sono le parole di Martina Ciontoli contenute in una lettera. Lei è la ex fidanzata di Marco Vannini, il ragazzo ucciso per un colpo di pistola appena 20enne la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015. Per questa morte il padre di Martina, Antonio Ciontoli è stato condannato nell’Appello bis a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale. Per la ragazza, l’altro figlio Federico e la madre Maria Pezzillo la condanna è stata a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario. Dopo una lunga vicenda giudiziaria e umana che da tempo vi raccontiamo con Giulio Golia e Francesca Di Stefano. 

Tra poche ore potrebbe essere messa la parola fine. Dopo la sentenza dell’Appello bis (qui sopra potete vedere il servizio di quella giornata), i Ciontoli avevano fatto ricorso in Cassazione che si pronuncerà lunedì 3 maggio. Per loro è concreto il rischio che si possano aprire le porte del carcere. E anche di questa paura scrive la figlia di Ciontoli nella lettera inviata ad alcune testate giornalistiche. 

“A volte mi sembra di non poter comprendere io stessa l’inferno che ho vissuto. E che vivo. Cosa provo nei confronti di mio padre. Cosa ho provato e provo per non aver potuto piangere la perdita di Marco insieme a Marina e Valerio che per me erano come una seconda famiglia…”. Parla dei genitori di Marco che da 6 anni ormai chiedono giustizia e verità per la morte del figlio. 

“Avrei dovuto chiamarli subito quando ho visto che Marco non si sentiva bene per questo mi odiano e non si fidano di me, ma io in quel momento pensavo a capire che cosa avesse, mentre si lamentava, poi si riprendeva, poi si lamentava. Mio padre diceva che si era solo spaventato e aveva un attacco di panico…”, scrive Martina. Ripercorre così la sera del 17 maggio, sembra quasi giustificarsi per i tempi prolungati nei soccorsi. 

Per i giudici si è trattato di “cure improprie e confuse”. Hanno ascoltato anche le intercettazioni del 118 in cui sono stati ricostruiti i 110 minuti da quando il colpo è stato esploso al momento della chiamata. Un tempo che sarebbe stato invece di vitale importanza per salvare Marco evitando anche suoi genitori questo dramma. “Vorrei poterli abbracciare ma so che la distanza è irrecuperabile, lo è stata sin dal primo momento, e che la loro disperazione è troppo grande per poter anche solo avere il dubbio che le mie parole e i miei sentimenti siano sinceri”, scrive Martina Ciontoli. “Ormai all’immagine di un mio abbraccio inorridiscono. Per loro è impensabile e io devo accettarlo e rispettarlo”. 

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