Vermouth alla canapa? “Un incubo produrlo in mezzo alla guerra sulla cannabis light” | VIDEO
Una storia tutta italiana quella di Davide Pinto e dei suoi collaboratori: “Volevamo semplicemente unire innovazione e tradizione piemontese producendo un vermouth alla canapa, ma in Italia l’impresa sembra impossibile. Sarà perché c’è scritto ‘canapa’?”
“Parliamoci chiaro, il problema del nostro Vermouth è che è alla canapa”. Quella di Davide Pinto e dei suoi collaboratori è una storia, anzi “un dramma”, tutto all’italiana. “Volevamo semplicemente produrre il vermouth di Torino utilizzando una delle botaniche storiche del nostro territorio, che è il Canavese: la canapa. È qui che inizia il nostro calvario”. Nel nostro Paese mettere in pratica un’idea innovativa e del tutto legale come produrre il vermouth alla canapa, sembra un’impresa impossibile.
Le prime difficoltà per Davide iniziano con il trovare un terzista disposto a produrre il loro vermouth. Quando finalmente lo trovano, arriva un altro problema: “Ci è stato intimato di non apporre l’etichetta con dicitura ‘Vermouth di Torino’, così abbiamo perso una parte della nostra identità. Le distillerie con marchio ‘di Torino’ non me lo producono perché dicono che la canapa non si usa per il Vermouth”. Ma Davide non si perde d'animo e apporta tutte le modifiche che gli vengono indicate.
“Stampo le nuove etichette e inizio la produzione: andiamo in vasca, come si dice in gergo tecnico”. Ovvero iniziano a produrre il liquido vero e proprio. “Ormai mancavano poche ore all’uscita del prodotto sul mercato e quindi all’imbottigliamento quando è arrivata l’ennesima batosta. Ci arriva un altro parere, come sempre orale e non scritto, da parte dell’Ispettorato repressione frodi, che terrorizza il nostro terzista. Quest’ultimo ci riferisce che non imbottiglierà il nostro prodotto perché l’etichetta non è conforme”.
Ancora una volta Davide è costretto a bloccare tutto. “Ho mandato un sacco di pec e fatto molte chiamate, ma davanti a me trovo un muro di gomma quando cerco di capire le motivazioni per cui hanno bloccato tutto. Non mi hanno lasciato nulla di scritto. Io sto facendo di tutto per fare un prodotto, che è del tutto legale, rimanendo sempre nei binari della legalità. Ma in Italia sembra davvero difficile. Credo che il problema risieda principalmente in quella parola: alla ‘canapa’. Ma siamo assolutamente sotto i parametri di legge come concentrazioni di Thc”.
Secondo Davide il vero problema per cui produrre questo vermouth sta diventando un’odissea è “la demonizzazione che si è fatta in questo paese della canapa”. “La canapa non è un demone, la canapa è parte della cultura del nostro territorio. La mia famiglia di cognome fa Canavese, che storicamente vuol dire ‘coltivatore della canapa’. Non solo, la Royal Navy inglese utilizzava la nostra canapa per fare funi e vele. Il nostro prodotto vuole semplicemente unire tradizione e innovazione”.
Ma in Italia fare tutto questo sembra particolarmente difficile. Nell’ultimo anno il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha fatto della lotta alla canapa un segno distintivo della sua azione nell’ormai ex governo giallo-verde. Poco prima delle elezioni si era scagliato contro i negozi di cannabis light. Non sorprende quindi che sia rimasto soddisfatto dopo la sentenza della Cassazione che spiega che la legge del 2016 non vale "per la commercializzazione di prodotti a base di cannabis sativa, in particolare foglie, infiorescenze, olio, resina”. Questi prodotti, secondo la Corte, sono quindi illegali, senza tenere in considerazione la percentuale di Thc, come veniva invece fatto in precedenza.
Insomma, Davide inizia a modificare di nuovo tutte le etichette e aspetta una risposta. “Abbiamo dovuto cancellare tutto e l’ho chiamato ‘Hempatico’. Davanti a me ho trovato un muro di gomma che molto probabilmente si è reso più spesso per il semplice fatto che usiamo una botanica che si chiama canapa. È il classico dramma all’italiana. Non possiamo indicare sull'etichetta che il nostro prodotto unisce due delle più antiche tradizioni piemontesi: la canapa e il vermouth, solo perché vermouth e canapa in Italia non possono coesistere”.
“Oggi, dopo più di 6 mesi, siamo riusciti a sbloccare la produzione, ma per farlo abbiamo dovuto rinunciare alla nostra identità. Abbiamo infatti eliminato dall'etichetta le diciture 'di Torino', 'canapa' e 'riserva'. È assurdo perché il Thc è decisamente sotto la media. Noi abbiamo lavorato sull’antagonista buono, il Cbd, sperimentalmente usato per la cura della sclerosi multipla, una malattia che conosco bene, essendone io stesso affetto. Credo che il vero problema sia la lotta alla canapa che si sta facendo in questo paese. Ci siamo trovati questo muro che generalizza sul tema della canapa, ma a noi non interessava entrare nel mercato della cannabis light e in tutta la polemica che ha generato. ma non finisce qui, nella prossima produzione voglio poter scrivere sull'etichetta che il mio vermouth è alla canapa e se non posso farlo devono dirmi ufficialmente il perché".
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