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Strage di Erba: Azouz ritorna nella corte di via Diaz | VIDEO

“Sto malissimo, mi ritorna tutto in mente”. Azouz Marzouk torna, assieme a Antonino Monteleone, per la prima volta a distanza di 13 anni dalla strage di Erba, nella corte di via Diaz. Pronto ad affrontare un nuovo processo per calunnia per aver detto che Rosa e Olindo hanno confessato il falso: “Se sarò assolto, ci saranno elementi per riaprire il processo”

Azouz Marzouk torna per la prima volta nella corte di Via Diaz, a 13 anni dalla strage di Erba, dove hanno trovato la morte la moglie Raffaella Castagna, il figlio di due anni Youssef,  la nonna del piccolo, Paola Galli, e la vicina del piano di sopra, Valeria Cherubini. Lo fa assieme al nostro Antonino Monteleone, che con Marco Occhipinti torna a occuparsi di una strage dai molti misteri che sembrano ancora irrisolti, come vi abbiamo raccontato in numerosi servizi e nello Speciale che potete rivedere in fondo all’articolo.

“Bruttissimo… non pensavo di… di stare così, ti dico la verità”, esordisce Azouz, mentre arriviamo in auto alla corte di Via Diaz. “Sto malissimo, mi è ritornato tutto”. “Riusciresti a entrare nella casa?”, gli chiede Antonino Monteleone. Nessuna esitazione: “No no, ma non lo farei mai… Non riuscirei a entrare ti dico la verità, se è solo dal di fuori mi sono sentito così figurati se devo entrare… ehhhh… non riuscirei…“.

Azouz, finito in carcere prima e dopo la strage per reati di droga, 10 anni fa è stato espulso dall’Italia ed è tornato in Tunisia. Lì si è rifatto una vita con una nuova moglie italiana, con cui ha avuto tre figlie femmine. E adesso, a dieci anni dall’espulsione, ha deciso di tornare in Italia. Per la prima volta da quando è qui ha accettato di parlare e di tornare, assieme a Le Iene, nella corte di via Diaz. Una sfida emotiva molto forte per lui, che ha affrontato in virtù della sua unica certezza: “Rosa Bazzi e Olindo Romano sono in carcere, all’ergastolo, da innocenti”.

Azouz è talmente convinto che i due siano innocenti, che a dieci anni di distanza della loro condanna ha chiesto di riaprire quel processo, ma la procura generale di Milano ha respinto la sua istanza di revisione. Una richiesta che ha avuto una conseguenza immediata: adesso Azouz è a processo perché accusato di calunnia. Dichiarando che Rosa e Olindo sarebbero innocenti, li avrebbe calunniati, dicendo implicitamente che si erano autocalunniati durante le loro confessioni (poi ritrattate)..

Un processo di cui Azouz dice: “Secondo me sarà un bene perché alla fine chiedendo il giudizio immediato, dovrò difendermi che non ho detto una falsità nei confronti di Rosa e Olindo che si sono auto accusati del fatto, Quindi dovrò portare elementi che dimostrano che non ho detto una falsità: se sarò assolto per gli elementi che depositerò, serviranno poi per riaprire il processo di Erba…”.

Azouz, se condannato per calunnia, rischia l’espulsione e il ritorno in carcere: “Io sto rischiando dai due ai sei anni… Io andrei avanti, sapevo già dall’inizio che c’era questo rischio qua, per ottenere giustizia, per tutte le persone che sono state massacrate quell’11 dicembre del 2006. Io farei due anni di carcere se necessario. Alla fine è questo lo scopo, che potrà essere riaperto il processo, però va bene. Il rischio c’è ma va bene, lo faccio con tanta ma tanta serenità perché di fiducia nella giustizia ne ho ancora… Quindi ci spero ancora che sia fatta giustizia sulla strage di Erba”.

Affrontiamo con lui, ancora una volta, la ricostruzione della fuga di Rosa e Olindo, quella raccontata ai giudici e che ha portato alla loro condanna. Un racconto che sembra pieno di aspetti che non tornerebbero. Secondo le sentenze i coniugi Romano sarebbero scappati via dalle scale, sarebbero usciti dal portoncino di ingresso della palazzina della strage, avrebbero attraversato la corte e poi sarebbero andati a cambiarsi a casa loro. Ma, a parte il fatto che il Ris di Parma non ha mai trovato tracce di Rosa e Olindo sulla scena del crimine né tracce di sangue a casa loro, una domanda emerge forte: come facevano a scappare dal portone di ingresso della palazzina se sul posto erano già arrivati i primi soccorritori?

Edoardo Montolli, giornalista e scrittore, ricorda: “Valeria Cherubini, la moglie di Mario Frigerio viene trovata morta sotto la tenda della mansarda con le mani come a protezione del capo, come se qualcuno l’avesse colpita. Quando i soccorritori entrano all’interno del palazzo salgono le scale e trovano sul pianerottolo di Raffaella Castagna, Mario Frigerio. Sia Frigerio che i soccorritori, sentono Valeria Cherubini che dalla mansarda chiede aiuto, loro provano a salire ma non ci riescono, devono desistere e devono tornare indietro".

"C’è la tenda, ci sono delle macchie da schizzo, l’ipotesi è che lei sia stata uccisa lì, dopo che ha gridato aiuto. C’è la tenda, ci sono delle macchie da schizzo, che il sangue da schizzo sia il sangue da proiezione della donna. Il problema quando nasce? Nasce dal fatto che se lei è stata uccisa lì, gli assassini non potevano più scendere facendo lo stesso percorso, perché sotto c’erano i soccorritori... La cosa più logica è che dopo che lei ha gridato aiuto qualcuno le ha tagliato la gola e le ha tagliato la lingua, tanto che sulla tenda della finestra vengono rilevate delle macchie da schizzo. E chi dice che quelle macchie sono da schizzo? Il comandante dei Ris Garofano e lo dice in aula, più volte".

Ma da dove sarebbero scappati gli autori della strage? In passato la difesa di Rosa e Olindo ha ipotizzato che gli assassini possano essere scappati dal balcone di casa di Raffaella e Azouz e lo hanno fatto basandosi sulla testimonianza di una persona, che abita in un palazzo dalle cui finestre si vede bene la via su cui affaccia il terrazzino della casa della strage.

Una testimonianza messa nero su bianco, raccolta dall'avvocato Schembri: “Alle 20.20 proprio in via Diaz si era affacciato tale Manzeni Fabrizio, dirà di aver visto sotto il suo balcone due soggetti verosimilmente extracomunitari andare da via Diaz verso piazza del Mercato più un terzo soggetto provenire proprio sempre da via Diaz verso gli altri due soggetti sempre direzione piazza del Mercato, più o meno all’altezza individuato del terrazzino di casa Castagna". Anche dando per buona questa testimonianza, è difficile credere che quelle persone si fossero calate giù dal balconcino di Azouz. E lo stesso Azouz dice: “Non credo dal balconcino di casa mia perché c’erano i soccorritori, i soccorritori hanno tentato di entrare a casa e non si poteva".

Quindi, data la presenza dei soccorritori,  che avrebbero sentito gridare aiuto da Valeria Cherubini dal piano di sopra, è impossibile che gli assassini siano riscesi passati davanti a loro, per rientrare in casa Castagna, e poi calarsi giù dal balconcino. Un balconcino che peraltro presentava una pianta che ostruiva il passaggio, e che non è stata trovata spostata né con tracce del passaggio di qualcuno…". E allora usando logica e il buon senso per gli assassini c’è solo una via di fuga, che appare realisticamente praticabile: dal tetto, usando casa Frigerio-Cherubini. Un'ipotesi che non è mai stata presa in seria considerazione dal maresciallo Gallorini, comandante della stazione di Erba, l'uomo che svolse le indagini sulla strage e l’unico che salì sul tetto per verificare se tutto fosse in ordine ed escluse questa possibilità. Spiega Edoardo Montolli: “Dall’altra parte c’è la mansarda di Mario Frigerio e Valeria Cherubini, la cui porta-finestra è aperta in tutte le fotografie, in tutti i video che sono stati fatti. Gli assassini avrebbero potuto anche scappare dai tetti ma i carabinieri di Erba lo esclusero a occhio, dicendo che a occhio si vedeva che non c’era del sangue suoi tetti".

Una valutazione, quella degli inquirenti, che però non convince Azouz. Su una ricostruzione alternativa delle vie di fuga aveva lavorato anche, come consulente della difesa, l’investigatore privato Oscar Candian. “Se sono colpevoli devono dirmi come hanno fatto, perché le descrizioni e le ricostruzioni che hanno fatto non combaciano con la scena del crimine. Mi dispiace, non combaciano. Tutte quelle confessioni fatte, rifatte, messe apposto, aggiustate…”.

L’investigatore torna sulla questione, cruciale, della morte di Valeria Cherubini: “La signora Cherubini che gridava aiuto, non poteva gridare aiuto perché aveva la lingua recisa, quindi è stata finita purtroppo al piano di sopra! Non poteva essere stata colpita sotto, perché se veniva colpita, sotto colpita a morte o anche recisa la lingua fai un due giri di scale e vai al piano di sopra e gridi nonostante aiuto… In una condizione del genere avrebbe inghiottito tanto sangue, cosa che non è stata trovata, tutto il sangue… o almeno respirato, cosa che non è stata trovata. Quindi non è compatibile… Quando mi sono trovato i rilievi che hanno fatto i carabinieri sono andato in zona ho visto che effettivamente c’era la possibilità di uscire da altre parti, ad esempio da qua, dall’appartamento di Frigerio-Cherubini, da qui si può uscire tranquillamente, vi erano difatti delle tegole smosse… Sono state sostituite… andavano portate in un laboratorio scientifico e analizzate, almeno provarci… io non ho potuto farlo, le hanno buttate via, nessuno sa niente basta, va bene basta”.

E sul punto di uscita degli assassini, aggiunge: “Il terrazzino, punto di attraversamento e inciampo, dove ci possono essere le tegole mosse, attenzione, lì ci sono degli appigli, dei sostegni… uno si può muovere tranquillamente. L’unico dato che è certo che potremmo dire è che da lì sono andati via, perché non hanno trovato nessuno. Da dove sono usciti ci sono duemila possibilità, anche confondersi in mezzo alla folla e nessuno li ha visti. È successo duemila volte, in tanti casi, non ci può essere una certezza. Fermo restando che se fossero Rosa e Olindo che camminano in mezzo alla folla, li avrebbero visti perché li conoscono, un estraneo davvero non si nota tanto…”.

E da quel tetto si aprono altre strade: “Uno arriva sempre dritto fino lì, tranquillamente, punto inizio della discesa del tetto. Da qui uno può iniziare a scendere, arriva dall’altra parte, il punto di discesa, zona appiglio, sono un metro e mezzo neanche. Si arriva fino al secondo punto di discesa, circa un metro e 52: a quel punto lì si scende su un’altra tettoia, c’è una rete aperta, tagliata”. E un buco da cui si può uscire in parcheggio e prendere le macchina, e poi andare da qualsiasi parte…

Insomma sembrerebbero davvero troppe le cose che non tornano in questa strage, come stiamo continuando a raccontarvi con le inchieste esclusive di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti.  

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