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Serata speciale in cinque parti dedicata alla strage di Erba con l'inchiesta di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti. Le prove contro Olindo Romano e Rosa Bazzi. Il possibile supertestimone che abbiamo scovato in Tunisia e la versione di giornalisti, avvocati, criminologi e familiari delle vittime

Serata con speciale per Le Iene dedicata tutta alla strage di Erba. Sopra ne potete vedere la quinta e ultima parte. Qui ora vi riassumiamo e mostriamo tutto, link compresi, con le quattro parti precedenti riproposte in fondo all’articolo.

PRIMA PARTE: I DUBBI
Nella prima parte (clicca qui per vederla) ripartiamo dalla ricostruzione di quell’11 dicembre 2006 in cui a Erba (Como) sono stati uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per i quattro omicidi sono stato condannati all’ergastolo in via definitiva Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi. Movente: le continue liti condominiali.

Con l’inchiesta di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti si raccolgono le testimonianze di chi sostiene che non sarebbero stati approfonditi alcuni possibili spunti investigativi, dopo esserci già occupati del caso con sei servizi. Dopo che 3 gradi giudizio e 26 giudici hanno affermato la colpevolezza degli imputati e a 12 anni dai delitti.

Ripartiamo da alcune circostanze risalenti alla fase delle indagini, comprese le convinzioni del tunisino Azouz Marzouk, personaggio per carità discutibile per problemi di droga e per frequentazioni, che ha perso perso però moglie e figlio nella strage e non crede alla colpevolezza dei due.

Ci sono i dubbi del Ris di Parma: dopo “la mattanza” non viene trovata nessuna traccia dei due condannati sulla scena del delitto e nemmeno di sangue nella loro casa, dove si sarebbero poi cambiati. Ci sono anche dei reperti andati stranamente distrutti, in circostanze ancora da chiarire.

SECONDA PARTE: IL SOPRAVVISSUTO
La seconda parte (clicca qui per vederla) è dedicata al riconoscimento di Olindo da parte dell’unico sopravvissuto alla strage, il vicino Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini (una delle quattro vittime).

Frigerio, in un primo tempo, avrebbe ricordato la presenza di una persona, di carnagione olivastra, mai vista e che non era del posto.

Il nome di Olindo Romano emerge in un secondo tempo, dopo che quel nome emerge nel corso di diversi colloqui in ospedale con il comandante dei Carabinieri di Erba, Luciano Gallorini.

TERZA PARTE: LE INTERCETTAZIONI NON PRESENTI NEL FASCICOLO E LA MACCHIA DI SANGUE
Per quanto riguarda Frigerio, nella terza parte (clicca qui per vederla) si evidenzia come mancano le trascrizioni delle intercettazioni di un dialogo tra carabinieri e il supertestimone e pure, integralmente, quelle di una settimana di colloquio di Frigerio con un neurologo che doveva esaminarlo.

E non sono nemmeno le uniche intercettazioni che non si trovano: non ci sono neanche quelle di Rosa e Olindo in casa dopo la strage. Si disse che era strano che non ne parlassero mai. In realtà, mancano proprio alcuni giorni di intercettazioni.

Altro pilastro dell’accusa: la macchia di sangue trovata sulla macchina di Olindo Romano. Antonino Monteleone affronta il tema della certezza della prova, soprattutto per le modalità del suo ritrovamento e per il rischio di inquinamento della prova stessa.

QUARTA PARTE: LA MORTE DI VALERIA E LE CONFESSSIONI
La quarta parte dell’inchiesta di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti (clicca qui per vederla) ipotizza come una ricostruzione alternativa della morte della vicina Valeria Cherubini, la moglie di Mario Frigerio, aprirebbe alla possibilità che gli autori della strage siano altri e non Rosa Bazzi e Olindo Romano.

Ci si concentra poi sull’ultimo pilastro che ha portato alla condanna: le confessioni, poi ritrattate di Rosa e Olindo. Avrebbero confessato per avere uno sconto di pena e riuscire a rivedersi. Questo almeno è quello che racconta Olindo durante l’intervista in carcere di Antonino Monteleone, la prima a una tv, che intervalla tutto il nostro speciale.

Confessando commettono una valanga di errori. Lui ne colleziona 243, uno ogni 30 secondi. Gli errori di Rosa sono incalcolabili con una versione “delirante”, secondo quanto scritto anche negli atti del processo. Olindo dice perfino al pm, di fronte a qualche errore: “Metta quello che vuole”. Rosa chiede continuamente: “È giusto così?”.

QUINTA PARTE: IL SUPERTESTIMONE TUNISINO E PIETRO CASTAGNA
Come potete vedere dal video in alto, dopo aver mostrato come gli elementi che hanno portato alla condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano potrebbero non essere così solidi, qui si raccolgono le testimonianze di chi sostiene che non sarebbero stati approfonditi alcuni possibili spunti investigativi.

C’è quello delle rivalità di Azouz con altri gruppi per lo spaccio di stupefacenti.

C’è un possibile “supertestimone” Chemcoum Ben Brahim, spacciatore e amico di Azouz, che si presenta due volte dai Carabinieri di Erba a raccontare di avere visto, la sera della strage, a pochi metri dalla corte di via Diaz, diverse persone. Alcune, dice, parlavano animatamente in arabo. Sostiene anche di aver visto, forse, anche "uno dei fratelli della morta".

Dodici anni dopo, intanto noi abbiamo scovato in Tunisia Chemcoum, dichiarato “irreperibile” al processo (al processo non ci arriverà mai: era detenuto in un carcere italiano, ma aveva fornito diverse generalità).

Ad Antonino Monteleone, davanti ad Azouz Marzouk, conferma ancora oggi la sua versione e si dice disponibile a ripeterla anche ai magistrati.

È stato doveroso parlare di tutto questo con lui, Pietro Castagna, che si dice convinto della colpevolezza di Rosa e Olindo e che “non ci sono assassini in libertà”.

Concludiamo tornando a Olindo e all’intervista in carcere. Molte cose continuano comunque a non tornare nella sua versione: dal “pedinamento” di Raffaella Castagna alla cena due ore più tardi del solito al McDonald’s la sera della strage, alle 21.37 come da scontrino, fino alla Bibbia commentata da Olindo con una preghiera per le vittime “alle quali abbiamo strappato via il bene più importante della vita” (“era il periodo delle confessioni”, dice Olindo).

Olindo si proclama comunque “innocente”: “Non siamo stati noi, forse ci han scambiati per quello che non eravamo”.

Una revisione del processo non è un tema impossibile, negli ultimi tre anni ce ne sono state 77. Rosa e Olindo sono davvero colpevoli “al di là di ogni ragionevole dubbio”? E Olindo che pensa? “La giustizia è qualcosa in cui ci spero ancora ma non ci credo più”.

Ecco qui sotto tutti gli aggiornamenti e i servizi successivi.

 

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