Daniele Nardi: l'ultima intervista a Le Iene prima del Nanga Parbat | VIDEO
Quattro giorni prima di partire per il Nanga Parbat Daniele Nardi, lo scalatore oggi disperso, ci aveva parlato del suo sogno: “voglio lasciare un segno indelebile nella storia dell’alpinismo”
Aggiornamenti
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Daniele Nardi, il maltempo ferma ancora gli elicotteri
Alle 12,30, grazie all'intervento del nostro ambasciatore in Pakistan, erano decollati gli elicotteri dell'aviazione militare. Una speranza durata meno di un'ora: una fitta nevicata li avrebbe costretti a tornare indietro, stando a una fonte russa bene informata
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Daniele Nardi, soccorsi ancora fermi. Ecco il link per sostenere le spese della ricerca
Daniele Nardi e Tom Ballard da domenica scorsa non danno notizie di sè. Anche oggi soccorsi sospesi, causa maltempo. E adesso alcuni amici di Daniele cercano di raccogliere fondi per le ricerche. Qui sotto il link alla raccolta
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Daniele Nardi: nessuna traccia dello scalatore disperso sul Nanga Parbat
Ancora senza esito le ricerche di Daniele Nardi e Tom Ballard sul Nanga Parbat. Le condizioni meteo non hanno permesso di alzare in volo l'elicottero che andasse a prendere i tre droni al campo base del K2
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Daniele Nardi, pericolo valanghe: droni per cercare lo scalatore disperso
Secondo giorno di ricerche sul Nanga Parbat per trovare gli scalatori scomparsi Daniele Nardi e Tom Ballard. Oggi la zona attorno allo sperone Mummery sarà perlustrata da tre droni per il pericolo valanghe
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Daniele Nardi, gli elicotteri ritornano alla base. Nuova ricognizione domani
Domani, tempo permettendo, ci sarà una nuova spedizione di soccorsi per trovare i due alpinisti scomparsi Daniele Nardi e Tom Ballard, che noi de Le Iene abbiamo seguito in questa avventura fin dall'inizio
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Daniele Nardi, individuata la tenda di campo 3 sul Nanga Parbat. Tracce di valanga
È stata avvistata la tenda di campo 3 dello scalatore Daniele Nardi, scomparso da domenica assieme a Tom Ballard. Questa mattina sono iniziati i soccorsi
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Prima ricognizione: nessuna traccia di Nardi e la deviazione improvvisa
Continua l'intervento di soccorso sul Nanga Parbat per ritrovare gli scalatori Daniele Nardi e Tom Ballard. Dopo un primo giro di ricognizione, nessuna traccia dei due. Più tardi ci sarà un secondo giro. L'ultima volta che lo abbiamo sentito, Daniele ci ha detto di aver fatto una variazione nella scalata al Mummery
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Daniele Nardi, partiti i soccorsi per lo scalatore scomparso
Da domenica scorsa non si hanno notizie dello scalatore Daniele Nardi, che noi de Le Iene stiamo seguendo dall'inizio della sua scalata sul nono monte più alto del mondo, il Nanga Parbat, e di Tom Ballard. Dopo giorni di attesa, oggi finalmente sono partiti i soccorsi per trovare i due alpinisti
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Daniele Nardi, a che punto stanno le ricerche dello scalatore disperso
Da domenica scorsa non si hanno notizie di Daniele, che Le Iene seguono dall'inizio della scalata, e di Tom Ballard, saliti sullo sperone Mummery per arrivare in cima al Nanga Parbat in Pakistan a 8.126 metri. Ecco cos'è successo finora, dall'ultima telefonata con noi all'elicottero che non è potuto ancora decollare fino agli amici pakistani partiti per ritrovarli
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Daniele Nardi, elisoccorso fermo fino alla mattina
La Farnesina ha ottenuto la riapertura della porzione di spazio aereo sopra al Mummery, ma il tramonto ha costretto a rinviare la partenza a domattina. Sempre che il maltempo previsto non complichi la situazione
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Daniele Nardi, ore 13.50, partono gli ex compagni di scalata pachistani
Karim Hayat e Rahmat Ullah Baig, i due alpinisti pakistani che hanno partecipato alla prima parte dell'avventura di Nardi, partono per cercare Nardi e Ballard. Occorreranno almeno 48 ore.
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Daniele Nardi, i soccorsi per salvarlo sul Mummery. Ore 12.00 si muove la Farnesina
Da domenica non si hanno notizie di Daniele Nardi e di Tom Ballard, impegnati a scalare il Nanga Parbat attraverso lo sperone Mummery. Questa mattina si era avviata la macchina dei soccorsi. Ma la situazione sta evolvendo di minuto in minuto
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“Vado a cercare di aprire una via nuova in inverno su una montagna di 8000 metri. Passerò da una parte dove non è mai passato nessuno e lo farò d’inverno, che è la condizione più difficile”. Così Daniele Nardi, il 14 dicembre scorso (4 giorni prima di partire alla volta del Nanga Parbat) raccontava nella sua ultima intervista, che manderemo in onda domenica a Le Iene, quel suo sogno che era diventato realtà. Da domenica scorsa purtroppo non si hanno più notizie dei due scalatori e le ricerche sono al momento sospese per maltempo. Nei giorni scorsi si era tentato in diversi modi di aiutare i due alpinisti, ma i tentativi degli ex compagni di cordata pachistani e l'idea di far decollare tre droni dal campo base del K2 erano erano naufragati a causa delle tempeste che imperversano sulla zona, e del rischio altissimo di valanghe. E poi ci si era messa anche una polemica sui fondi per fare alzare l'elisoccorso della compagnia privata Askari, che non aveva accettato di farlo decollare senza prima ricevere le spese di gestione della missione.
“Ma perché uno deve fare una cosa così?”, gli avevamo chiesto, e lui, candidamente, ci aveva risposto: “questo per me fa parte di una promessa che mi sono fatto da bambino, quando a un certo punto ho deciso di fare l’alpinista e ho scelto di lasciare un segno indelebile nella storia dell’alpinismo: per farlo – ha spiegato Daniele - dovevo fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima”.
Un’impresa tanto nobile quanto pericolosa, visto il destino degli altri scalatori che prima di lui avevano avuto a che fare con quella montagna, d’inverno, per quella strada da lui scelta: “Sono tutti morti – aveva confermato con una leggera risata Daniele -. È una montagna conosciuta come montagna assassina. Uno su quattro non tornava a casa “.
Uno su quattro, però, che erano passati per la via più facile e non dallo Sperone Mummery, uno sperone di roccia e ghiaccio alto mille metri, scelto da Nardi e dalla sua spedizione: “E' in assoluto la via più diretta alla vetta, più elegante, più bella – aveva aggiunto lo scalatore - ma anche più pericolosa. Ho scelto quella via perché quando vedi la montagna da quella valle, a forma di imbuto, dalla vetta al campo base è proprio una linea diretta, una super diretta alla vetta del Nanga Parbat e che in salita non l’ha mai scalata nessuno”.
E proprio quella super diretta, ma in discesa, era stata nel giugno del 1970 teatro della tragedia che aveva coinvolto Reinhold Messner, che si era salvato ma che lì era stato costretto ad abbandonare il fratello morto, travolto da una valanga.
Delle difficoltà fisiche della missione Daniele ci aveva parlato in modo chiaro: “esiste una zona a 7mila metri che si chiama la zona della morte, perché l’organismo umano non è più in grado di adattarsi, quindi se noi siamo lì su più di un tot di giorni, in realtà moriamo per mancanza di ossigeno, perché lì deperisce l’organismo”.
E tra le altre difficoltà anche “gli spindrift, polvere di neve che scende con il vento lungo la parete, che è molto fastidioso. Possono cadere le valanghe dall’alto, che creano impatti di aria molto forti, venti acceleranti, che viaggiano tra i 100 e i 200 chilometri all’ora e che tu puoi prevedere solo con otto ore di anticipo. Quindi se ti trovi sulla montagna e non riesci a proteggerti nel momento in cui questo vento arriva sei spacciato. Poi c’è il freddo – aveva aggiunto Daniele - a 40-50° sottozero e magari ti trovi sopra i 6mila metri, hai una percezione del freddo ancora più forte e sei in una lotta continua contro il congelamento”.
“E se ti accorgi che non ce la fai, c’è qualcuno in grado di venirti a prendere?“, gli avevamo chiesto. “D’inverno proprio no – era stata la sua risposta secca -. Nella maggior parte dei casi quando sei sopra i 7mila è difficilissimo portar giù una persona: gli elicotteri non volano, non ci arrivi e se anche tu arrivassi a piedi portare giù 70-80 chili di persona a quelle quote è veramente troppo faticoso “
Insomma una vera impresa da pioniere, perché come lui stesso ci aveva detto, sul Nanga Parbat ci sono “tanti, troppi, troppi morti”.
“E se tu riuscissi a conquistare la vetta, dopo già altri 4 tentativi, cosa farai? “ avevamo chiesto in chiusura di intervista a Daniele. “Comincerò a piangere. Quando arriverò in vetta al Nanga Parbat, penso che comincerò a piangere”, era stata la sua risposta sincera.
“E se tu non dovessi tornare, come vorresti essere ricordato?”: ”Come un ragazzo che ha provato a fare una cosa incredibile, impossibile e però non si è arreso”, aveva concluso.