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Ospedali da incubo: come trattano i pazienti al Sud e al Nord | VIDEO

Che cosa accade nei pronto soccorso degli ospedali da incubo? Gaetano Pecoraro è andato a vedere e confrontare i pronto intervento in alcune strutture sanitarie del sud e nord Italia

Come operano nei pronto soccorso del Nord? E soprattutto in quelli del Sud negli ospedali da incubo? Se l’è chiesto Gaetano Pecoraro che ha voluto documentare alcuni interventi. Con il camice bianco addosso e il cronometro in mano ha misurato la durata di visite e esami. Una Tac dopo una caduta in strada? Al Nord ci vogliono 50 minuti dalla chiamata al 118 al referto del pronto soccorso.

Come se la passano invece in Calabria? Qui i codici bianchi e verdi (quelli meno gravi) sono chiusi “perché i medici non ci sono”, ci dicono nella struttura. “Se viene un malato con infarto dobbiamo andare a chiedere un favore al medico di turno se ce lo guarda. Dicono che c’è confusione perché ci sono tanti malati, ma qua lavorano con i piedi”. La testimone racconta che i pazienti della mattina sono stati rimandati al pomeriggio.

Alle 15 arriva l’ambulanza con una paziente: donna con trauma da incidente stradale. “Non fatela sbarellare deve andare direttamente a Reggio per la Tac”, dicono dall’interno del pronto soccorso. Già, perché qua i macchinari non funzionano e l’unica soluzione potrebbe essere quella di optare per un ospedale a Reggio Calabria a 100 chilometri di distanza. La paziente è in codice rosso potrebbe avere un’emorragia, un trauma cranico o una frattura. Dall’incidente è passata quasi un’ora e ancora non è successo nulla perché in questo ospedale il medico specialista c’è solo al pomeriggio.

Caso simile al Nord: una donna è stata investita per strada e perde sangue dalla testa. Nel giro di 45 minuti, i medici del pronto soccorso hanno il referto: frattura del bacino, passando per la Tac.

In Calabria l’assenza di questa macchina dà problemi a un paziente che ha avuto un collasso delle vie respiratorie. “Dobbiamo andare a Locri così gli fanno la Tac. Eh, mamma mia”, dice un’infermiera. L’ospedale di Locri lo conosciamo molto bene: dopo i servizi de Le Iene è stata in visita anche la ministra della Salute Giulia Grillo. Così in ambulanza il paziente viene portato a Locri che dista più di 40 chilometri, ma durante il viaggio qualcosa non va. “C’è la batteria scarica del monitor, me ne sono accorto ora”. Il paziente è ricoverato da 5 settimane e solo ora sta per essere sottoposto a una Tac. Arrivato in ospedale inizia per lui l’attesa dell’esame.

Nel frattempo, una donna arriva in pronto soccorso dopo una brutta caduta. Anche lei deve essere sottoposta a Tac. Sono gli stessi parenti ad aiutare un infermiere a spostarla dalla barella. Va diversamente a Milano, dove grazie al tempestivo arrivo di un equipaggio del 118, un’équipe di medici sta salvando la vita a un paziente. Viene sottoposto a Tac e il suo referto inviato per via telematica ai dottori dell’ospedale.

Intanto a Locri, un altro paziente deve essere trasferito in ambulanza dal pronto soccorso. “Io non ho posti”, è la risposta che arriva alla richiesta di un’ambulanza con a bordo un paziente in coma. “Ci deve dare qualche tubo del respiratore nostro”, dice un operatore dell’ambulanza. La risposta della dottoressa è agghiacciante: “Non lo so se ne abbiamo, qua sai come siamo messi”. Intanto le operazioni di intubazione del paziente vanno avanti, ma c’è di nuovo un problema. “Vieni che sistemiamo il respiratore, intanto gli manca un circuito”. In questo pronto soccorso manca anche il tubo del respiratore che invece tutti devono avere.

Il Policlinico di Milano ha un costo di 430 milioni di euro per 912 posti letto mentre l’azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria per la metà dei posti ha un costo quasi del doppio.

Guarda qui sotto tutti i servizi e gli articoli dedicati all’inchiesta sugli “Ospedali da incubo” di Gaetano Pecoraro.

 

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