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Coronavirus, in Italia si muore di più? Forse no, ecco perché 

“Probabilmente la percentuale di morti è in realtà molto più bassa”, dice Salvo Di Grazia. E questo perché le statistiche ufficiali non registrerebbero molti malati con sintomi lievi. Le restrizioni decise dal governo però sono fondamentali: “Senza le vittime potrebbero essere tantissime”

Oltre dodicimila contagiati, 827 morti. I numeri crudi della pandemia di coronavirus in Italia fanno tremare i polsi. Una mortalità del 6,6%, nettamente la più alta tra i Paesi più duramente colpiti dal nuovo Covid-19. Per capirci, nella Cina epicentro di questa crisi la mortalità è al 3,9%: su 80.793 contagiati sono morti 3.169 pazienti. Ma allora il coronavirus in Italia è più aggressivo? Il nostro sistema sanitario non riesce a curare i pazienti? Oppure c’è qualcos’altro che si nasconde dietro a questi dati?

“Probabilmente la percentuale di morti è in realtà molto più bassa perché i contagiati sono solo quelli che risultano positivi al test”, spiega Salvo Di Grazia, medico e creatore del sito MedBunker. “È molto probabile che molti positivi non siano mai stati rilevati perché con pochi sintomi e quindi non si sono mai resi conto di essersi ammalati. Se i contagiati reali fossero, come probabile, molti di più la letalità sarebbe notevolmente più bassa”. Insomma, quel pauroso 6,6% in realtà potrebbe essere più basso se nella statistica fossero conteggiati anche malati lievi a cui non viene fatto il tampone.

Ma come si spiega la differenza con la Cina, che a un certo punto ha deciso come noi di fare tamponi solo a chi presenta sintomi seri? “È una distorsione statistica dovuta al fatto che da noi ci sono più anziani”, spiega Di Grazia. In parole povere il virus è più pericoloso per le persone oltre i 70 anni, ma la nostra popolazione è più vecchia: l’età media in Italia è 44,3 anni mentre in Cina è 37,4. Quindi, anche se la letalità per gli anziani è più alta in Cina che da noi, noi registriamo più vittime.

Allora forse l’allarme di questi giorni è esagerato e le misure restrittive messe in campo dal governo sono troppo rigide? Assolutamente no: “Il coronavirus ha un'alta contagiosità, più di altre malattie infettive, e quindi se entra in una popolazione rischia di infettarne larga parte”, spiega ancora Di Grazia. “Il virus può infettare una regione, o una macroregione come il nord Italia, un Paese intero ma anche di più. Così è successo in Cina. Moltissimi contagiati, in pochissimo tempo. E anche se la letalità fosse bassissima le vittime potrebbero essere tantissime. Questo, a prescindere dalla gravità dei sintomi della malattia, oltre a fare vittime, sovraccarica le strutture sanitarie”.

Strutture che, come vi abbiamo raccontato, sono particolarmente sotto pressione soprattutto in Lombardia: “Così non reggiamo”, ha detto solo ieri il governatore Attilio Fontana. I posti in terapia intensiva rischiano di non bastare a causa anche di una errata gestione delle risorse, come vi abbiamo spiegato qui.

E proprio per sostenere lo sforzo di tutti quelli che in questi giorni lottano senza tregua contro il coronavirus, noi de Le Iene ci siamo uniti alla raccolta fondi in favore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. La zona è una delle più colpite dal Covid-19 e chi cerca di salvare quante più vite possibili ha bisogno del nostro sostengo: anche una piccola donazione può fare la differenza. Scopri qui come poter sostenere la lotta contro il coronavirus

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